Riserve naturali, Messico batte Usa

Riserve naturali, Messico batte Usa

Proprio mentre Trump firmava l’ordine esecutivo per ridurre due parchi nazionali il governo messicano ha annunciato l’istituzione del Parque Nacional Revillagigedo, la più grande area marina integralmente protetta del Nord America

 

Megattere, tartarughe e mante dell’Oceano Pacifico avranno presto un nuovo santuario: il governo messicano ha annunciato l’istituzione del Parque Nacional Revillagigedo, la più grande area marina integralmente protetta del Nord America, nell’Oceano Pacifico, a circa 800 chilometri a ovest della città di Manzanillo e a 400 Km a sud di Cabo San Lucas nella penisola della Baja California.

L’area tutelata sarà di quasi 150mila kmq, e comprende le acque che circondano l’arcipelago di Revillagigedo, di cui fanno parte le isole disabitate di Socorro, Clarión, San Benedicto e Roca Partida, e che è stato dichiarato patrimonio mondiale dell’Unesco nel 2016.

In queste acque ci sono 366 specie di pesci, 26 delle quali vivono solo qui. Quasi 40 specie di squali e razze, grandi aggregazioni di squali balena e una delle più grandi popolazioni al mondo di mante oceaniche, quattro specie di tartarughe marine minacciate (liuto, verde, bastarda olivacea e embricata): tutti questi animali saranno ora al sicuro nella nuova riserva marina, in queste acque è ora infatti proibito pescare ed estrarre minerali, petrolio e gas. Questa misura preserva la fauna, ma anche, più generalmente, tutto l’ecosistema marino: sul fondale c’è una vasta formazione di montagne e canyon sottomarini che contribuisce alla risalita di quelle sostanze nutritive che rendono unica questa riserva, e che attirano grandi specie migratorie come squali, balene e tartarughe marine.

Verso il 30% di acque marine tutelate

Revillagigedo era già da 20 anni una riserva della biosfera, ma questo non ha impedito che nella zona si intensificassero la pesca e le richieste di prospezioni minerarie. Il governo messicano si è scontrato duramente con l’industria ittica, ma ha prevalso la decisione di tutelare una biodiversità unica, anche per rispettare gli impegni presi con l’Accordo di Parigi sul clima. Parchi marini di grandi dimensioni come questo, cioè remoti, ben protetti e ben gestiti, possono anche migliorare la resilienza contro gli effetti del cambiamento climatico, oltre a fornire un’area sicura alle specie marine che cercano di adattarsi a un ambiente che cambia a causa del riscaldamento globale e dell’acidificazione degli oceani.

L’annuncio del presidente messicano era atteso: Enrique Peña Nieto ha soddisfatto in pieno una promessa fatta ad ottobre, vietando anche la costruzione, sulle isole, di infrastrutture alberghiere. La zona sarà costantemente pattugliata dalla marina messicana.

“Questa è una pietra miliare per gli oceani di tutto il mondo”, ha detto María José Villanueva, direttore di conservazione del WWF Messico, che ha sottolineato anche che ora  “una delle principali sfide che si devono affrontare, come le altre aree protette del Paese, è quella di garantire un finanziamento adeguato per consentire di avere il personale e le attrezzature necessarie per operare efficacemente”.

L’istituzione di questa riserva contribuisce nella lotta per tutelare il 30% degli oceani mondiali, obiettivo fissato dall’Unione Internazionale per la conservazione della Natura nel 2016. Ad oggi, solo il 6% delle acque marine risulta totalmente protetto. Fortunatamente, anche altri paesi stanno seguendo le orme del Messico: anche il Cile e l’isola di Niue (vicino a Tonga e Samoa) hanno da poco annunciato tre nuovi parchi marini nell’Oceano Pacifico. Insieme, i tre parchi arriveranno a proteggere 750 mila kmq di oceano dalla pesca e dalle attività estrattive.

Stati Uniti in direzione contraria

A viaggiare in controtendenza purtroppo sono gli Stati Uniti: come annunciato lo scorso aprile, il presidente Trump ha iniziato davvero a ridurre le aree tutelate di 27 parchi considerati monumenti nazionali; almeno 3 di questi sono parchi marini.

Il Northeast Canyons and Seamounts, creato da Obama al largo della costa del New  England nel 2016, ospita un ricco ecosistema di coralli, balene e tartarughe marine in via d’estinzione. Il Rose Atoll, istituito nel Pacifico da Bush nel 2009, è considerato il più importante habitat al mondo per gli uccelli marini. Nel Pacific Remote Islands, a sud e ovest delle Hawaii, tutelato da Bush nel 2009, ed ampliato nel 2014 da Obama, vivono uccelli rari, una flora marina ricchissima e una barriera corallina vergine.

In tutte e 3 queste aree potranno a breve riprendere la pesca e le esplorazioni minerarie.

Non si tratta solo di minacce: Trump ha già iniziato a tagliare le aree tutelate. Il 4 dicembre ha firmato l’ordine esecutivo per ridurre gli spazi di due parchi, monumenti nazionali in Utah: il Bears Ears e il Grand-Staircase Escalante.

Il presidente ribalta le decisioni prese dal suo predecessore Obama, allineandosi invece alla posizione dei repubblicani secondo cui i parchi sarebbero “un enorme ladrocinio di terra”; Trump lo ha definito “un clamoroso abuso da parte del governo federale”.

Questa decisione rischia però di innescare una battaglia legale e un nuovo braccio di ferro con i nativi americani.