La mappa che protegge gli indigeni paraguaiani

La mappa che protegge gli indigeni paraguaiani

La federazione dei popoli indigeni in Paraguay insieme al World Resources Institute ha realizzato una cartina per mappare (e così rendere legalmente difendibili) i territori delle popolazioni autoctone sempre più minacciati dagli espropri da parte di industrie e grandi piantagioni

 

Alla violenza rispondono con la geografia. Con una mappa su cui hanno segnato posizione ed estensione dei propri territori, gli indigeni del Paraguay stanno provando a rendere più efficace la lotta per i propri diritti.

Da settimana scorsa infatti è apparsa online una cartina interattiva sulla quale sono evidenziate le aree legalmente abitate dalle popolazioni autoctone del Paese sudamericano, la cui integrità è spesso minacciata dall’arrivo di aziende e imprese agricole intensive. In particolare, le industrie che esportano carne e soia sono le maggiori responsabili della deforestazione nella nazione e anche il principale motivo di conflitto con oltre 120mila indigeni, secondo i dati diffusi del World Resources Institute (WRI), ente che non a caso ha sostenuto la realizzazione della mappa in questione, «Tierras Indigenas».

Per le popolazioni autoctone, infatti, la questione territoriale è legata alla sopravvivenza stessa: proprio la natura provvede alle esigenze delle comunità indigene, garantendo loro acqua, cibo ed erbe medicinali. La cartina interattiva – costruita dalla Federazione del Paraguay per l’autodeterminazione delle popolazioni indigene (FAPI) grazie alla collaborazione di alcune ong e di 13 gruppi indigeni sui 19 presenti nel Paese – per la prima volta descrive la posizione esatta di questi territori, la loro estensione, il numero di famiglie che vi abitano, il legame di una foresta con un’eventuale area protetta.

Nonostante esistano dati sulle riserve e sulla localizzazione delle foreste in Paraguay, infatti, nelle mappe governative gran parte delle terre dei popoli indigeni non compaiono. Il risultato è che a livello statale ed economico non esistono dati di riferimento né sulle terre rivendicate dagli indios né su quelle già legalmente riconosciute.

Il valore di «Tierras Indigena» è dunque duplice: da un lato ha senso come operazione di aggiornamento catastale, dall’altro diventa uno strumento per gli indigeni a tutela dei propri diritti.

Grazie alla mappa, per esempio, ong e organismi di controllo potranno rendersi facilmente conto se un’impresa sorge su territori indigeni riconosciuti, ma anche le compagnie stesse prima di avviare la propria attività dovranno accertarsi della proprietà delle terre sulle quali stanno iniziando il business.

Insomma, la geografia si propone come mezzo per diminuire ed evitare le guerre per la terra mentre i dati accessibili potrebbero favorire il monitoraggio costante e ridurre gli abusi ambientali. Questa speranza è d’altronde condivisa a livello globale dagli indigeni che in diverse aree del mondo si stanno attrezzando per mappare territori, foreste e risorse naturali sfruttando qualsiasi tecnologia, dai dati catastali fino ai droni.