Iraq col fiato sospeso

Iraq col fiato sospeso

Sono almeno 30 i morti e quasi 800 i feriti degli scontri avvenuti in questi giorni a Baghdad. Dove, nonostante l’invito alla calma del leader sciita Moqtada al-Sadr, la tensione resta alta

Parla di almeno 30 morti e quasi 800 feriti. Ma soprattutto di un Paese nuovamente sull’orlo della guerra civile. È il bilancio degli scontri scoppiati negli scorsi giorni a Baghdad, la capitale dell’Iraq dove resta alta la tensione tra diverse fazioni sciite. Per scongiurare un’ulteriore escalation di violenze provocate dall’annuncio di voler abbandonare la vita politica, il leader Muqtada al-Sadr ha invitato fedelissimi e sostenitori a ritirarsi: «Questa non è più una rivoluzione perché ha perduto il suo carattere pacifico – ha dichiarato in un video messaggio trasmesso da Najaf, intimando il divieto a «versare sangue iracheno».

Tuttavia, secondo una fonte di AsiaNews, la tensione resta alta e i problemi politici e istituzionali irrisolti, anche perché si tratta di «una situazione che si trascina da tempo». In effetti, il Paese sta affrontando, sin dalle elezioni dell’ottobre 2021, una situazione di stallo politico da cui non riesce ad uscire. I sadristi, infatti, non sono riusciti ad avere i numeri per una maggioranza in Parlamento e le varie fazioni non riescono a trovare un accordo per l’elezione del presidente della Repubblica, la nomina e un pieno mandato al primo ministro con conseguente formazione di un nuovo governo.

Una personalità istituzionale nella capitale, contattata dall’agenzia del Pime, conferma il clima di «forte tensione» degli scorsi giorni, che ora tuttavia sembra essersi in parte allentato: «Da tempo si registravano voci che invitavano a fare attenzione e che vi era il rischio di una escalation perché nessuna delle parti in causa voleva fare un passo indietro. Questa è una situazione di confusione che perdura e si trascina da tempo».

A scontrarsi questa volta sono stati, da un lato, i sostenitori di al-Sadr, mentre dall’altro le forze di sicurezza spalleggiate da milizie allineate con l’Iran. Presa di mira anche la cosiddetta Zona verde, dove sono presenti le sedi istituzionali – tra cui il Palazzo presidenziale preso d’assalto nella giornata di ieri – e le rappresentanze diplomatiche internazionali. Dal primo pomeriggio di oggi, tuttavia, manifestanti e assalitori sembrano aver obbedito all’appello di al Sadr.

Intanto, però, compagnie aeree come Emirates hanno sospeso precauzionalmente i voli e lo stesso Iran ha chiuso i confini, invitando i propri cittadini a non recarsi a Kerbala per il tradizionale pellegrinaggio in occasione delle feste di Arbaeen, che segnano la fine dei 40 giorni lutto per la morte del nipote del profeta Maometto, Imam Hussein, che quest’anno cadono il 16 e 17 settembre.

Gli iracheni, invece, guardano con preoccupazione agli sviluppi della situazione. Una preoccupazione che va ad aggiungersi alle difficoltà quotidiane di gran parte della popolazione che deve fare i conti con povertà, mancanza di servizi, disoccupazione e corruzione, alimentata anche delle importanti risorse petrolifere di cui dispone il Paese.