Migrazioni: chi sa del forum di Dhaka?

Migrazioni: chi sa del forum di Dhaka?

Si è chiuso ieri a Dhaka il Forum globale sulle migrazioni e lo sviluppo. Hanno partecipato 130 Paesi è l’esito è stato definito “storico”. Ma in Italia ne parla solo l’Osservatore Romano.

Sul fatto che le migrazioni siano fra le principali sfide del nostro tempo non ci sono molti dubbi. Sul fatto che vada trovata una risposta concertata a livello globale nemmeno. Eppure è passato sottotraccia il Forum globale sulle migrazioni e lo sviluppo che si è chiuso ieri a Dhaka (dal 10-12 dicembre, in Bangladesh). Forse perché si è svolto in una delle “periferie del mondo”? A parlarne in Italia sono solo l’Osservatore Romano e un paio di agenzie di stampa cattoliche. Eppure vi hanno partecipato 130 Paesi, che hanno espresso consenso unanime sulla necessità di avere un piano globale per affrontare le migrazioni.

Il trattato globale «potrebbe avere una forma legalmente vincolante per i governi o una forma simile a quella degli obiettivi sostenibili di sviluppo (SDGs, Sustainable developement goals), per cui ogni governo diventa responsabile del raggiungimento degli obiettivi» ha detto alla fine del Forum il ministro bengalese Shahidul Haque, aggiungendo che durante il Forum tutti i Paesi, compresi quelli del Medioriente sono stati concordi sulla necessità di adottare un piano globale con obiettivi condivisi sulla gestione delle migrazioni.

Del Global Compact on Migration si parla già da diverso tempo. Nel 2015, durante l’adozione degli obiettivi di sviluppo sostenibile da raggiungere entro il 2030, i governi si sono impegnati a cooperare sulla governance delle migrazioni, per “favorire una migrazione ordinata, sicura, regolare e responsabile” e tutelare le persone più deboli. Il Bangledesh durante il Summit di New York dello scorso 19 settembre ha supportato la proposta del Global compact, che dovrebbe essere adottato nel 2018 dopo una serie di consultazioni che cominceranno nei primi mesi del 2017.

A dare attenzione al Forum di Dhaka è stato Papa Francesco. Come informa L’Osservatore Romano, all’incontro nella capitale del Bangladesh la Santa Sede era rappresentata dal sottosegretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i migranti e gli itineranti, lo scalabriniano Gabriele Bentoglio, che durante i lavori ha letto il messaggio del Pontefice in lingua inglese.

«La Santa Sede – ha spiegato il missionario scalabriniano – sottolinea continuamente la centralità e la dignità di ogni essere umano, e mette in evidenza i diritti e i doveri dei migranti, a prescindere dal loro stato di migrazione». In tale contesto, il contributo positivo dei migranti verso lo sviluppo — e in particolare verso il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile 2030 — è «di fondamentale importanza».

Bentoglio ha poi fatto riferimento alla battaglia condotta dalla Chiesa contro gli stereotipi e i pregiudizi a essi associati, esortando a un «approccio realistico e rispettoso, che sia attento ai diritti umani, e che allo stesso tempo includa la formazione e l’educazione», primo passo verso la realizzazione di efficaci politiche di integrazione. Del resto, ha chiarito, quest’ultima dovrebbe rappresentare l’ideale traguardo di «un processo attraverso il quale i nuovi arrivati migranti e le comunità che li accolgono si adattano reciprocamente l’uno all’altro, sia a livello istituzionale sia individuale». Anche perché «la complessità della migrazione rende difficile considerare separatamente i suoi diversi aspetti».

Di conseguenza «la prospettiva dell’integrazione implica il considerare la persona del migrante nel suo complesso», ha affermato il missionario, precisando che «in realtà non si tratta di statistiche o di numeri, ma di esseri umani, di persone reali, non di idee astratte, che meritano protezione e rispetto per la loro dignità». Senza però dimenticar che «questo processo, allo stesso modo, richiede anche uno sforzo da parte degli immigrati ad assumere responsabilmente i loro doveri verso la società che li accoglie, come ad esempio l’apprendimento della lingua, rispettando con gratitudine il patrimonio materiale e spirituale del Paese ospitante, obbedendo alle sue leggi e contribuendo attivamente e volentieri al bene comune di tutta la nazioni».

Ancora sul fenomeno migratorio, lo scalabriniano ha ribadito che esso è «una questione che va affrontata alla radice». Per questo «fin dall’inizio del suo pontificato Papa Francesco ha sollecitato l’adozione di soluzioni sostenibili. Guerre, violazioni dei diritti umani, corruzione, povertà, disuguaglianze e disastri ambientali sono importanti fattori che contribuiscono alle migrazioni.  E – ha concluso – non possiamo dimenticare che i più vulnerabili, come i bambini e le donne, sono i primi a subirne gli effetti».