Non solo cristiani sotto tiro in Pakistan

Non solo cristiani sotto tiro in Pakistan

Sull’attentato del parco di Lahore in Pakistan, Farahnaz Ispahani, ex parlamentare e giornalista dice a Mondo e Missione: «I terroristi proseguono nel loro obiettivo di purificare il Pakistan da tutti coloro che non si adattano alla loro visione».

Cristiani sotto tiro, ancora una volta, in Pakistan. Settantaquattro morti e 480 feriti nel giorno di Pasqua, nel parco Gulshan-e-Iqbal a Lahore, rivendicato da un gruppo legato ai talebani locali di Tehrik e Taleban Pakistan.

«L’atmosfera del Pakistan è contrassegnata dall’intolleranza religiosa, che è gradualmente cresciuta fino allo stato attuale», commenta Farahnaz Ispahani, giornalista, ex parlamentare pakistana dal 2008 al 2012 e autrice del libro “Purifying the Land of the Pure”, recentemente pubblicato da Harper Collins India sul tema delle minoranze in Pakistan. «Al tempo della divisione fra India e Pakistan, il Paese vantava un 23 per cento di popolazione non musulmana. Ma la maggioranza di indù e sikh è stata scacciata con la violenza e l’instabilità. Poi, sono stati attaccati gli ahmadi e gli sciiti». E i cristiani. Il risultato? Le minoranze religiose sono scese al 3 per cento della popolazione.

Il quadro tracciato da Farahnaz Ispahani è drammatico. Al momento della creazione del Pakistan, nel 1947, si era prospettato uno stato in cui ogni cittadino, indipendentemente dalla religione, aveva gli stessi diritti di cittadinanza. Ma qualcosa non ha funzionato.

«Lo Stato stesso ha creato e sponsorizzato gruppi jihadisti finalizzati all’aggressione esterna, che spesso hanno come obiettivo le minoranze interne al Pakistan, come si è visto nella tragedia della domenica di Pasqua».

Farahnaz Ispahani è affranta di fronte a quanto è accaduto. «Attaccando i cristiani che festeggiavano la Pasqua, i terroristi proseguono nel loro obiettivo di purificare il Pakistan da tutte le minoranze religiose e da coloro che non si adattano alla loro visione», continua l’ex parlamentare. «Il significato di questo attacco? Dimostrare la forza e la capacità dei terroristi nel cuore stesso di Lahore, che è la città del primo ministro Nawaz Sharif e il suo collegio elettorale. La scelta della domenica di Pasqua è un gesto di disprezzo nei confronti di ciò che è santo per l’altro. È stato anche un chiaro rifiuto nei confronti della partecipazione di Sharif alle celebrazioni cristiane nell’inverno scorso e dell’annuncio che la Pasqua, Diwali e Holi (feste induiste, ndr) devono essere riconosciute come festività pubbliche».

Ma chi sono i cristiani in Pakistan? Attualmente rappresentano la seconda minoranza religiosa dopo gli indù, con una quota di circa l’1,6 per cento della popolazione. Risiedono nella metropoli di Karachi, ma anche nel Punjab e nelle città di Lahore e Faisalabad. Molti di loro sono discendenti di indù di bassa casta, che hanno scelto di convertirsi durante il dominio britannico. «I cristiani in Pakistan vivono nell’ombra», continua Ispahani. «Molti sono poveri. I membri della comunità che hanno raggiunto una posizione migliore e hanno un’istruzione stanno leggermente meglio, ma è raro che si sentano del tutto accettati».

Il clima generale, infatti, non è dei migliori. «Le peggiori leggi sulla blasfemia nel mondo, le conversioni forzate e i matrimoni obbligati fra giovani donne cristiane e uomini musulmani, nonché la mancanza di opportunità di miglioramento economico e sociale, rendono i cristiani cittadini soggetti a una disparità di trattamento in Pakistan. Coloro che possono cercano di emigrare all’estero. Le chiese vivono una partecipazione in calo».

Secondo Ispahani, l’attentato di Pasqua dimostra che il terrorismo in Pakistan prosegue i suoi piani.

«La minaccia terroristica è stata affrontata solo parzialmente dal parlamento, dal governo e dalle forze armate del Pakistan. Vengono fatte distinzioni fra i vari gruppi terroristi, ma questi si proteggono a vicenda. Finché viene concesso a un gruppo di funzionare, gli altri continueranno a operare nella sua ombra. Non ci sono segnali che i militari abbiano mutato la loro visione strategica: la distinzione fra gruppi terroristi “buoni” e “cattivi” è sempre la stessa. Il primo ministro Sharif non sembra avere il peso necessario per proseguire la lotta al terrorismo, anche se ne aveva la volontà». La situazione può cambiare? «Solo una completa eliminazione dei gruppi jihadisti in Punjab e in tutto il Pakistan permetterà un futuro migliore per i cristiani, gli indù, gli ahmadi e gli sciiti del Pakistan, oggi sotto assedio. I buoni jihadisti non esistono».