Parolari reagisce bene alle cure. Ma a Dhaka ore tesissime

Parolari reagisce bene alle cure. Ma a Dhaka ore tesissime

Il missionario ferito è cosciente e ha ricevuto la visita dei confratelli. Padre Cagnasso: «Non lasciateci soli nel desiderio di amare questa gente». Intanto però il Bangladesh vive ore delicate per lo scontro politico sulla condanna a morte di due leader dei principali partiti di opposizione. E un capo locale di Jamaat-e-Islami è stato arrestato con l’accusa di essere coinvolto nell’agguato

 

Dopo le prime rassicurazioni di ieri, anche le notizie giunte oggi dal Bangladesh confermano che padre Piero Parolari – ferito ieri in un agguato a Dinajpur – è fuori pericolo anche se i traumi che ha riportato sono seri e avrà bisogno di tempo per riprendersi. Il missionario si trova nell’ospedale militare di Dhaka, dove è stato trasportato in elicottero ieri pomeriggio e oggi ha ricevuto la visita dei confratelli del Pime padre Michele Brambilla (superiore regionale) e padre Gianpaolo Gualzetti. Oltre alla ferita al collo provocata dal proiettile entrato e uscito sotto la nuca, padre Parolari ha riportato la frattura di tre costole e della mandibola nella caduta dalla bicicletta. Chi lo ha visitato racconta che è cosciente e reagisce bene alle cure.

A Dinajpur intanto la polizia ha chiesto ai missionari del Pime di adottare alcune misure di sicurezza eccezionali e preme per scortare i missionari in ogni spostamento. Ma anche i cristiani si sono offerti di accompagnare i padri per proteggerli.

«Grazie per la vostra simpatia e le vostre preghiere – scrive intanto da Dinajpur in queste ore difficili padre Franco Cagnasso -. Non lasciateci soli nel desiderio di amare questa gente, che (musulmani inclusi!) ci sta dando molte dimostrazioni di simpatia e solidarietà. La prima partecipazione di dispiacere e promessa di preghiere qui mi è venuta con la telefonata di una donna musulmana la cui figlia era stata aiutata proprio da padre Piero e da padre Francesco Rapacioli».

Come spesso accade in questi casi sui siti della galassia jihadista monitorati dal sito specializzato Site è spuntata anche una rivendicazione secondo cui l’assalto sarebbe un azione pianificata direttamente dallo Stato Islamico. L’attendabilità di messaggi di questo tipo è comunque tutta da verificare: spesso è una sorta di suggello ad azioni di gruppi locali.

Piuttosto in queste ore in Bangladesh è il clima che si respira a livello generale a essere molto teso. La Corte Suprema ha infatti rigettato il ricorso contro la condanna a morte dei leader dei due principali partiti di opposizione: Salauddin Quader Chowdhury, del partito nazionalista Bnp, e Ali Ahsan Mohammad Mujahid, segretario generale del partito islamista Jamaat-e-Islami. Sentenza promulgata per crimini legati alla guerra che portò nel 1971 all’indipendenza del Bangladesh. Ennesimo capitolo dello scontro durissimo tra laici e religiosi in corso da tempo in Bangladesh, con il governo dell’Awami League (la formazione laica) che preme per spazzare via con maniere drastiche chi nel Paese ha blandito il fondamentalismo. Si tratta di uno scontro che si trascina ormai da più di due anni in Bangladesh (clicca qui per leggere quanto scriveva in proposito già nel 2013 padre Cagnasso).

A meno di un’improbabile richiesta di clemenza, la sentenza capitale per Chowdhury e Mujahid dovrebbe essere eseguita già nei prossimi giorni. E si temono reazioni fortissime dei fondamentalisti islamici. La stessa premier Sheikh Hasina ha puntato il dito contro l’opposizione, sostenendo che gli attacchi agli stranieri mirano «a destabilizzare il Paese per salvare i criminali di guerra». E puntualmente a Dinajpur oggi è stato arrestato il leader locale di Jamaat-e-Islami, Mahbubur Rahman Bhutto, con l’accusa di essere coinvolto nell’assalto a padre Parolari.

A confermare quanto la situazione sia tesa a Dhaka basta una notizia: nonostante il Bangladesh sia uno dei Paesi più direttamente toccati dai cambiamenti climatici, oggi Sheikh Hasina ha disdetto la sua partecipazione alla Conferenza di Parigi, in programma dal 29 novembre alla presenza di decine di capidi Stato e di governo. Un segnale chiaro di quale sia l’intensità prevista della tempesta che potrebbe abbattersi sul fragile sistema democratico del Bangladesh nelle prossime ore.