Polveri sottili, l’altro “virus” dell’Asia

Polveri sottili, l’altro “virus” dell’Asia

Il 90 per cento delle città afflitte da questo grave problema ambientale si trova nel continente da cui è partito il Coronavirus. New Delhi la più inquinata, ma anche Wuhan tra le prime dieci

 

Una problematica che si affianca e per molti aspetti si incrocia con l’epidemia di coronavirus in corso aggravandone l’aggressività su organismi indeboliti, è la pessima situazione ambientale, in particolare nelle aree dove il Covid19 è comparso e da dove si è primariamente diffuso. La Cina recentemente ha compiuto passi significativi nel cercare di recuperare un equilibrio ecologico nelle sue aree verdi e anche nelle sue metropoli, sinonimo fino a pochi anni fa di una situazione che in particolare nei mesi invernali metteva a serio rischio la popolazione, avvelenata dai fumi frutto di una crescita esponenziale di autoveicoli, da scarichi industriali e da emissioni da riscaldamento, in particolare dalla combustione del carbone.

Davanti ai gravi rischi posti sulla salute pubblica ma anche sui bilanci della Sanità, la Repubblica popolare cinese si è posta all’avanguardia sui mezzi di locomozione spinti da motori poco inquinanti, elettrici anzitutto. Questo ha portato a una riduzione del 20 per cento degli indicatori sull’inquinamento dell’aria registrato lo scorso anno in rapporto al 2018. Restano però lo stesso gravi le problematiche legate alle polveri sottili.

E la Cina non è sola. A indicarlo chiaramente è un nuovo rapporto che segnala come tra le 200 città mondiali maggiormente segnate da questo tipo di inquinamento, quasi il 90 per cento si trova in Asia. E tornando alla Cina – che ha 117 città tra le prime 200 del rapporto – in questo Paese si registra un milione dei sette milioni di decessi che l’Organizzazione mondiale della Sanità stima dovuti alle polveri sottili. Un dato importante che tuttavia non fa dell’immenso Paese estremo-orientale la “maglia nera” della classifica che ha incluso ben 5.000 grandi centri abitati.

Infatti, secondo il World Air Quality Report, rilasciato congiuntamente da IQAir Group. Azienda specializzata in tecnologia contro l’inquinamento dell’aria, e l’organizzazione ambientalista Greenpeace, essa si trova soltanto all’11° posto nella poco lusinghiera lista dei “grandi inquinatori”, in particolare riguardo la presenza di PM2.5 (dimensione in micron che equivale a 1/30 del diametro di un capello), ma anche la più letale per la possibilità che ha di entrare nel circolo sanguigno provocando asma, patologie cardiache e tumori.

Tra le megalopoli con dieci e più milioni di abitanti quella più inquinata lo scorso anno da polveri sottili è stata la capitale indiana New Delhi, seguita da Lahore in Pakistan, dalla capitale bengalese Dacca, da Kolkata (Calcutta), pure in India, Linyi e Tianjin in China, l’indonesiana Giakarta e, ancora, le città cinesi di Wuhan, Chengdu e Pechino.

Alcune metropoli indiane vedono i limiti di PM2.5 ammessi internazionalmente superati anche di cinque volte ma segnalano qualche progresso. Tra i Paesi più sviluppati – i 36 che fanno parte dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo sviluppo economico – la peggiore qualità dell’aria in aree urbane spetta alla Corea del Sud, con 105 città tra le prime mille della poco lusinghiera statistica dell’inquinamento. Distanziando così l’Italia, dove si registrano 31 città assediate dalle polveri letali.