Runa, la figlia di Fukushima che non ha mai visto casa sua

Runa, la figlia di Fukushima che non ha mai visto casa sua

Nata poche ore dopo lo tsunami che ha devastato la centrale nucleare, Runa Hoshiyama, non ha mai visto la sua casa nella città di Tomioka, a pochi chilometri dal luogo del disastro. A dieci anni di distanza Runa vive a Minami-Soma e inizia a fare domande sulla sua casa natale, come racconta un articolo dedicato alla sua storia dall’Asahi Shimbun, il principale quotidiano giapponese

L’11 marzo del 2011, un forte terremoto con epicentro al largo della costa della regione di Tohoku, nel Giappone settentrionale, ha generato uno tsunami che ha devastato la centrale nucleare di Fukushima. Un disastro che ha causato quasi 20mila vittime e più di 2.500 dispersi. In 164mila sono stati costretti a lasciare le proprie case e ad ottobre scorso gli sfollati risultavano essere ancora 36.900, numero che non include coloro che hanno deciso di trasferirsi in altre zone del Paese.

A 10 anni dall’incidente, il quotidiano giapponese Asahi Shimbun racconta la storia di Runa Hoshiyama, bambina nata appena quattro ore dopo il disastro. Una delle tante storie di persone ancora lontane dalla propria casa e che tuttora soffrono per le conseguenze di quella tragedia.

Lo scorso ottobre, mentre Runa era sul sedile posteriore di un’auto guidata dalla madre per andare al cinema in un complesso commerciale a circa 70 chilometri a sud della loro casa di Minami-Soma, un dettaglio fuori dal finestrino ha attirato la sua attenzione: un edificio ricoperto di edera. “Cos’è quell’edificio che sembra una casa stregata?”, ha chiesto la bambina di nove anni. “E’ è un ufficio postale. L’edera ne ha coperto le pareti perché è stato lasciato incustodito per molto tempo”, le ha risposto la madre. Infatti, il quartiere è stato designato come “zona di difficile ritorno”, dove i livelli di radiazione sono rimasti alti.

Prima che Ruma nascesse, la madre Mayumi, e il padre Koichi, vivevano a Tomioka, a circa sette chilometri dalla centrale, dove entrambi lavoravano. Mayumi, infatti, faceva da guida turistica, insegnando ai visitatori il meccanismo della produzione di energia, mentre suo marito lavorava per un partner della Tokyo Electric Power Company (TEPCO). A causa del disastro sono stati costretti ad evacuare e, in seguito, l’intera città è diventata zona di non accesso. Runa e il fratello minore, Sei, non hanno mai messo piede in quella casa.

Mayumi ha dovuto affrontare sfide come l’esposizione a dosi di radiazioni, seppur basse, e problemi di tiroide e, preoccupata per gli effetti delle radiazioni sulla figlia, ha evitato di usare l’acqua del rubinetto per il latte artificiale. Inoltre ha permesso alla bambina di giocare all’aperto solo per un’ora al massimo e stabilito la regola di lavare accuratamente le mani dopo essere tornata a casa. Nel 2017 gli ordini di evacuazione sono stati revocati per alcune aree di Tomioka per consentire alle persone di vivere in città, ma anche se sono passati quasi quattro anni da allora, alla famiglia Hoshiyama non è ancora permesso di visitare liberamente la loro casa.

“Perché gli edifici rimangono rotti? chiede Runa a sua madre. “Cosa è successo alla nostra casa?”. Mayumi non è sicura di come raccontare alla figlia del disastro nucleare e di quello che è successo alla sua città natale e pensa che sia troppo presto perché Runa comprenda completamente la vicenda.

“Voglio che Runa ami la mia città natale, che è piena di ricordi”, ha detto Mayumi. Il suo desiderio è quello di portarla alla spiaggia e tra i ciliegi in fiore, simbolo di Tomioka. Sfogliando un album di fotografie Runa si è incuriosita: “Perché non possiamo andarci?” ha chiesto. “Perché c’è una promessa che potrai andarci quando compirai 15 anni”, ha risposto la madre. Runa ridendo ha esclamato: “Ancora cinque anni? Voglio davvero vedere com’era la nostra casa”.