Se Hong Kong muore…

Se Hong Kong muore…

La situazione a Hong Kong precipita sempre di più, entrambe le parti in causa si stanno facendo sempre più affabulare dalla violenza. Il grido di dolore di un missionario: «Non ci sono più analisi, solo infinita tristezza»

 

Tutti i giorni dozzine di video, foto e messaggi angoscianti da Hong Kong. La situazione mi ha destabilizzato… Hong Kong è una città meravigliosa, vi ho vissuto da missionario per 26 anni. Ho persone carissime che sono angosciate. Lunedì 11 novembre è stato inquietante vedere la polizia sparare addosso a due studenti (alunni di una scuola salesiana) in strada, e poi entrare e prendere a forza i giovani rifugiati nei locali della parrocchia di Holy Cross. È la chiesa dove ho trascorso tante domeniche, e tanti missionari del Pime hanno vissuto e lavorato.

I missionari del PIME sono arrivati a Hong Kong 161 anni fa, hanno guidato non solo l’evangelizzazione, ma anche lo sviluppo educativo e sociale della città. Trenta missionari sono attivi in città. Non ci riesce a capacitarci di vederla morire così. Siamo ormai al limite di non ritorno. Non ci sono più analisi e interpretazioni, solo infinita tristezza: la caduta di Hong Kong sarebbe un dramma di proporzioni devastanti.

I campi in lotta (governo e polizia da una parte e i giovani manifestanti dall’altra) hanno perso la testa. Tanta violenza non si era mai vista. Devo dire che la stragrande maggioranza della popolazione di Hong Kong, e di coloro con cui sono in contatto, attribuiscono molta più responsabilità all’operato aggressivo, brutale, violento della polizia. Non c’è nessun altro potere se non quello della polizia. E poi ci sono molti giovani disperati e sconsiderati: la loro violenza alla fine servirà alla causa dei loro avversari.

L’altro ieri, 12 novembre, le immagini dell’assalto da parte della polizia all’Università Cinese di Hong Kong, dove esiste un Centro di Studi Cattolici di cui faccio parte, sono state terribili. Un professore dell’Università Cinese ha scritto quanto segue:

“Abbiamo il cuore spezzato da ciò che la polizia ha fatto. Non c’è stata rivolta, nessun attacco, nessuna interruzione, nessuna riunione di massa nel campus prima dell’arrivo della polizia. Fu a causa dell’invasione della polizia che studenti e ex studenti si sono riuniti per difendere il campus. La polizia antisommossa ha sparato circa mille colpi di lacrimogeni e proiettili di gomma. Almeno ottanta studenti sono rimasti feriti. Il bellissimo campus è divenuta una zona di guerra. La sera molti ex studenti e altri cittadini di Hong Kong si sono precipitati nel campus per aiutare. Il presidente e altri alti leader dell’università si sono messi in prima fila per negoziare. Purtroppo non poterono far niente, perché la polizia ha sparato gas lacrimogeni anche contro di loro. Questa è una guerra brutale contro un’intera generazione.”

Ci sono tante storie, difficili da verificare e, spero, non vere: la presenza sulle strade di agenti che provengono dalla Cina; gli infiltrati, le mafie, le torture e violenze sugli arrestati, persone sparite, suicidi… Gli animi sono esasperati. Un giovane è morto, alcuni sono stati feriti gravemente. Migliaia quelli arrestati. C’è chi giura che Pechino abbia deciso di lasciar precipitare Hong Kong nel baratro, lasciarla morire, e di liberarsi così di una città sentita come estranea, e di cui può ormai fare senza.

Oggi il centro di Hong Kong è bloccato per il quarto giorno consecutivo. Gira la voce che verrà imposto il coprifuoco… la gente va all’assalto dei supermarket. Il 30 novembre andrò a Hong Kong e Macau. Un viaggio per due convegni previsti da tempo, uno proprio presso l’Università Cinese. Se Hong Kong non muore prima. Il cuore è pesante.