La storia sconosciuta di Claudette, pioniera della lotta antirazzista

La storia sconosciuta di Claudette, pioniera della lotta antirazzista

Dopo New York e Parigi, arriva a Milano un’installazione in realtà aumentata che racconta la vicenda della quindicenne Claudette Colvin e della sua protesta contro la segregazione razziale negli anni Cinquanta in Alabama

Vi ricordate di Rosa Parks, l’eroina del movimento per i diritti civili dei neri negli Stati Uniti? Il 1° dicembre 1955, al rientro dal lavoro la donna si rifiutò di cedere il suo posto sull’autobus a un bianco, come previsto dalle leggi sulla segregazione razziale allora in vigore. Questo gesto la fece entrare nella Storia e in sua difesa intervenne anche Martin Luther King. I neri di Montgomery, in Alabama, dove era avvenuto il fatto, organizzarono il 5 dicembre 1955 una clamorosa azione di boicottaggio dei mezzi pubblici che durò 381 giorni, durante i quali la gente di colore andava al lavoro a piedi o usando i taxi. Molti dei tassisti, infatti, appoggiarono la protesta, offendo tariffe agevolate. Nel 1956, la Corte suprema degli Usa dichiarò incostituzionale la legge sulla segregazione a bordo degli autobus in Alabama.

È stata una pietra miliare nella lotta degli afroamericani per il riconoscimento dei loro diritti. Pochi sanno, tuttavia, che Rosa Parks (1913-2005) non è stata la prima persona a compiere questo atto di protesta. Prima di lei, il 2 marzo 1955 un’adolescente nera di 15 anni, Claudette Colvin (1939), al ritorno da scuola si era rifiutata di dare il suo posto a una donna bianca. E per questo motivo era stata trascinata fuori dall’autobus dai poliziotti chiamati dall’autista e gettata in prigione. Liberata su cauzione, la ragazzina venne in seguito processata per disturbo della quiete pubblica, violazione della legge sulla segregazione e aggressione nei confronti dei poliziotti. Prosciolta dai primi due capi d’imputazione, rimase l’accusa di aggressione. Dopo il caso di Rosa Parks, la storia di Claudette è caduta nell’oblio. A riportare alla luce la storia di questa donna – madre di due figli e operatrice sanitaria a New York fino alla pensione – ci ha pensato la biografia “Noire: la vie méconnue de Claudette Colvin” (“Nera: la vita sconosciuta di Claudette Colvin”,  2015) della scrittrice Tania de Montaigne, che è diventata lo spunto per creare un’esperienza davvero straordinaria. Fino al 10 marzo, MEET Digital Culture Center di Milano ospita l’installazione immersiva “Noire. La storia sconosciuta di Claudette Colvin”. E lo fa in modo innovativo. In sessioni della durata di circa mezz’ora e con un massimo di 10 visitatori alla volta, si viene proiettati nell’Alabama degli anni Cinquanta per rivivere quello che Claudette ha provato.

Per fare quest’esperienza si indossano un paio di occhiali AR Hololens 2 che consentono di vedere in contemporanea l’ambiente reale e virtuale e ascoltare la narrazione (disponibile in italiano, francese e inglese) con le cuffie. Chi ha provato la realtà virtuale noterà che quest’esperienza – per la prima volta in Italia – è ben diversa: non ci sono cavi, si cammina liberamente in mezzo al set fisico insieme agli altri partecipanti e si vedono i protagonisti della storia in forma di ologrammi tridimensionali. Insomma, ci si muove fra gli attori virtuali, fra cui la stessa Claudette, interpretata da un’adolescente ugandese. È un modo diverso di narrare la storia, che emoziona profondamente lo spettatore che scorge Claudette sull’autobus, in galera, in tribunale, nei momenti salienti della sua storia. E si intuisce anche il perché questa ragazza coraggiosa è stata dimenticata. Dopo il suo gesto di sfida, Claudette ha conosciuto un uomo bianco più grande di lei ed è rimasta incinta. Ha voluto tenere il suo bambino, Raymond. Ma questo fatto l’ha probabilmente screditata agli occhi del movimento nero. Una giovane afroamericana che ha un figlio illegittimo da un bianco non poteva essere un’icona dei diritti civili. La sarta Rosa Parks, già attivista, “funzionava” meglio.

Con un’opera ibrida come “Noire” è proprio il caso di dire che la tecnologia digitale «aiuta a essere più creativi e a sviluppare un pensiero più critico», come ha dichiarato Maria Grazia Mattei, presidente di MEET. L’esperienza immersiva in questa realtà aumentata riesce infatti a parlare al cuore di tutti. È immediata e diretta e, come a teatro, è un momento da condividere con gli altri visitatori.

Il lavoro di progettazione e produzione è stato immenso. Gli attori sono stati filmati in ogni gesto con 48 telecamere per garantire la massima tridimesionalità, poi il materiale prodotto è stato elaborato al computer da uno studio specializzato a Taiwan. Il risultato è impressionante: lo spettatore può camminare al fianco dei poliziotti che portano via Claudette oppure sedersi sui banchi del tribunale o di una chiesa vicino ai fedeli, con la sensazione di avere una persona reale a fianco. A seconda di come ci si sposta, il punto di vista sulle immagini e gli ologrammi cambia. «Con questo progetto abbiamo creato una forma narrativa che non esisteva grazie alla tecnologia, che è fra il film e l’opera teatrale», ha dichiarato Pierre-Alain Giraud, regista di “Noire” insieme a Stéphane Foenkinos.

“Noire” è già stata presentata al Centre Pompidou di Parigi e al Tribeca Film Festival di New York. In contemporanea a Milano, è visibile al pubblico anche a Montreal, in Canada.

Oggi Claudette Colvin ha problemi di salute dovuti all’età e non ha potuto rivivere l’esperienza che l’ha vista protagonista ormai 69 anni fa. Ma sua sorella è stata ospite di “Noire” al Centre Pompidou. In un’intervista pubblicata quattro anni fa, Claudette si è mostrata ancora combattiva e ferma nelle sue idee. «Non abbiate paura di difendere e combattere per ciò che è giusto», ha dichiarato. «Scendete in campo nella lotta. Più siamo là fuori, più saremo potenti. Forse non ne trarrete subito beneficio, ma la generazione più giovane che viene dopo di voi ne trarrà beneficio».

Info: Per visitare l’installazione vai sul sito di MEET