Nuova Argentina, vecchie ingiustizie

Nuova Argentina, vecchie ingiustizie

Qual è la prospettiva per i più poveri sotto la presidenza di Milei? «Dovremo lottare per non perdere i diritti conquistati» dice Sergio Sánchez, leader dei “cartoneros”

L’Argentina ha un nuovo presidente, ma per le fasce più svantaggiate della popolazione la lotta quotidiana per una vita dignitosa è destinata a rimanere la stessa. Javier Milei, leader ultraliberista che al ballottaggio dello scorso 19 novembre si è aggiudicato il 55,6% dei voti battendo il peronista Sergio Massa, ha convinto molti elettori promettendo una svolta drastica nel Paese. «Anche nei quartieri popolari qualcuno ha votato per Milei alla ricerca di un cambiamento», ammette Sergio Sánchez, presidente della Federazione dei cartoneros argentini, i poveri che si guadagnano da vivere riciclando gli scarti urbani.
Sánchez, amico di Papa Francesco fin dai tempi in cui Bergoglio era arcivescovo di Buenos Aires, è un osservatore privilegiato delle condizioni e degli umori della fascia più svantaggiata della popolazione. Proprio per gli abitanti delle villas miserias – le baraccopoli di Buenos Aires – il programma del neo presidente, che include la privatizzazione di scuola e sanità, la dollarizzazione dell’economia e la chiusura della Banca centrale, rischia di rappresentare una seria minaccia.
Che aria si respira nelle villas miserias dopo la vittoria di Milei?
«I barrios argentini oggi sono tranquilli e agitati allo stesso tempo. Non sappiamo come andrà, stiamo aspettando di vedere come si concretizzeranno le promesse del nuovo presidente, come nei fatti verranno affrontati i problemi della gente, soprattutto nelle zone più vulnerabili. È vero, c’è un’area dei quartieri popolari che ha votato per Milei alla ricerca di una svolta. La nostra gente sta attraversando un periodo difficile da anni e ha sperato di riconsocere nel presidente eletto una persona che potrebbe portare un po’ di speranza e imprimere una nuova direzione. Tuttavia, non bisogna abboccare alle lusinghe di un falso profeta: i più poveri già subiscono gli effetti delle politiche neoliberiste. Abbiamo bisogno di migliorare la qualità della vita nei nostri quartieri, di avere un lavoro con dei diritti e di vivere una vita dignitosa, ma questo non si può ottenere con vecchie ricette che non hanno funzionato e che hanno portato solo fame e disoccupazione».
Cosa comporterebbe il taglio dei sussidi ai lavoratori?
«Molti diritti verranno meno. Con l’insediamento del nuovo governo, che intende distruggere diverse politiche pubbliche che sono state di grande aiuto all’economia popolare, i lavoratori saranno abbandonati. In questi anni le nostre conquiste hanno dato più dignità a molte persone e migliorato la qualità della vita dei quartieri popolari che erano in condizioni davvero pessime. Tutto questo, con le proposte politiche di Milei, è in pericolo. I lavoratori del nostro settore e quelli dipendenti stanno lottando duramente per i diritti conquistati. Oggi siamo lontani dall’Argentina che sognavamo, ma resisteremo perché non ci derubino di ciò che abbiamo conquistato e affinché domani possiamo fare altri passi avanti».
Cosa temete se davvero servizi come istruzione e sanità venissero privatizzati?
«Se scuola e sanità cominciassero a essere a pagamento, tutti i figli e le figlie dei nostri compagni ne sarebbero tagliati fuori. Avremmo più emarginazione e povertà. Non possiamo permettere che il divario sociale di oggi si allarghi: privatizzare significherebbe che chi sta in basso nella scala sociale sarebbe abbandonato a se stesso. Invece dovremmo difendere e ampliare il modello pubblico che abbiamo, correggendone i difetti».
Milei propende per la dollarizzazione. Per un argentino passare dal peso al dollaro sarebbe un vantaggio?
«Riteniamo che la dollarizzazione oggi sia chiaramente uno svantaggio. Anche se il futuro è incerto, tutto indica che ci stiamo dirigendo verso un’enorme svalutazione. Quest’ultima si ripercuote innanzitutto sui prezzi, sui salari e sul costo della vita, e ciò colpisce in modo particolare il nostro settore. Pensare di perdere la nostra moneta significa perdere i nostri diritti come argentini, la nostra sovranità verso gli altri Paesi e rispetto al mercato».
Milei era stato molto critico con Papa Francesco, poi ha ritrattato. Il Pontefice lo ha chiamato per congratularsi della vittoria: ritiene che in futuro governo argentino e Bergoglio possano collaborare?
«Il Papa è stato uno dei primi a difendere le nostre cause, quelle dei più umili, dei lavoratori. Non so fino a che punto i due leader potrebbero cooperare, ma so che, finché ci saranno “gli scartati dal sistema”, come ci chiama il Pontefice, non avremo condizioni di vita migliori. Francesco sarà sempre coerente con le sue parole e il suo pensiero: è apartitico e apolitico, la sua opera e il suo messaggio sono molto chiari. Appoggerà tutto ciò che è a favore dei poveri e non sarà d’accordo con politiche e iniziative che escludono i settori più bisognosi».
Le Madri di Plaza de Mayo hanno protestato a Buenos Aires: tra l’altro temono sconti di pena per chi ha commesso crimini durante la dittatura militare. Crede che il rapporto tra il Paese e la memoria possa cambiare?
«Milei ha detto molte cose in campagna elettorale per guadagnarsi la presidenza, ma noi argentini non dobbiamo dimenticare i desaparecidos. La lotta delle Madri e delle Nonne di Plaza de Mayo non è stata vana: molti nipoti sono stati restituiti alle loro famiglie. I criminali che hanno lasciato l’Argentina in rovina devono essere assicurati alla giustizia. Confido nella memoria del nostro Paese e nell’orgoglio di aver fatto valere i nostri diritti umani, ho fiducia che questo non cambierà. In un momento critico per la nostra nazione, ci sono cose che non permetteremo che accadano ancora».