Cento ripartenze

Cento ripartenze

In un libro di Giorgio Paolucci, storie di persone che, dopo fatiche e cadute, si sono rimesse in piedi. Tre di queste sarà possibile ascoltarle dai protagonisti il 7 marzo alle 21 al Centro Pime di Milano

Ripartire, rimettersi in piedi dopo una caduta, rinascere da una malattia o dal buco nero di una dipendenza, ricostruirsi una vita dopo un faticoso percorso migratorio… “Cento ripartenze” – e anche qualche storia di successo – sono quelle che Giorgio Paolucci, giornalista e scrittore, racconta nel suo libro pubblicato da Itaca con la prefazione di Daniele Mencarelli (pp. 108, euro 12). Tre di queste verranno raccontate dagli stessi protagonisti martedì 7 marzo al Centro Pime di Milano, nell’ambito della Quaresima 2023. Eccole in anteprima.

 

Arjan Dodaj
da migrante ad arcivescovo di Tirana

Arjan Dodaj aveva sedici anni quando ha lasciato l’Albania per l’Italia, meta vagheggiata da tanti connazionali. Il viaggio in motoscafo insieme ad altri giovani, l’arrivo in Puglia, la prima notte in un casolare diroccato, le parole degli organizzatori: «Camminate e seguite i binari del treno». Dalla stazione di Bari il viaggio verso Cuneo dove aveva dei conoscenti, i primi lavori come giardiniere e saldatore. Nella comunità che lo accoglie come un figlio conosce il volto amico della Chiesa. Poi il Battesimo, la vocazione religiosa coltivata in seminario a Roma e nel 2003 la consacrazione al sacerdozio per le mani di san Giovanni Paolo II. Ma nel disegno di Dio c’è il ritorno nella terra nativa, prima come sacerdote fidei donum e dal 2021 – ventinove anni dopo quel viaggio nel mare Adriatico – come arcivescovo di Tirana-Durazzo. La storia di Arjan Dodaj, come quelle di tanti che hanno lasciato il loro Paese, insegna che quando parliamo di migranti dovremmo sempre ricordare che dentro questo termine generico stanno persone, volti, destini. E a volte ritorni nella terra di origine, tanto imprevedibili quanto ricchi di significato. Un sedicenne fuggito dall’Albania è diventato seminatore del Vangelo e guida la diocesi della capitale di un Paese dove ogni fede era stata bandita dal potere (ne abbiamo parlato anche su MM di febbraio 2022).

Mattia
lo studio come via di riscatto

«Ogni detenuto che comincia a studiare è una branda che si svuota.» È una frase che circola nei nostri penitenziari, dove molti ristretti passano le giornate sdraiati sul letto a guardare il soffitto e pochi – troppo pochi, anche a causa di un’offerta formativa scadente – dedicano tempo a migliorare la loro istruzione e quindi a porre le basi per un reinserimento attivo nella società. Mattia è uno dei 1.500 detenuti iscritti all’università: ha preso il diploma triennale e ha deciso di iscriversi a un master all’Università Bocconi. Ciò che non aveva fatto quando era un uomo libero, lo tenta adesso che si trova in carcere. In un presente che molti vivono come una parentesi ma che può durare molti anni, sta costruendo un futuro che vuole radicalmente diverso dal passato. Il tempo sospeso è diventato tempo fecondo. Gli errori commessi continuano a pesare, ma non sono più un freno alla sua voglia di cambiare passo. In un contesto come quello delle carceri italiane – ancora sideralmente lontane dall’attuazione dell’articolo 27 della Costituzione dove si stabilisce che le pene devono tendere alla rieducazione del condannato – Mattia ha deciso di percorrere la via dello studio come strada del suo riscatto. La vita non può aspettare tempi migliori, la vita è adesso.

Fedele Costadura,
il fotografo “salvato” da Scarp de’ Tenis

Era un fotografo affermato, Fedele. Studio a Milano, scatti a personaggi prestigiosi dello spettacolo e della moda. E prestigiosa era la casa editrice con cui collaborava, che però, dopo una disavventura finanziaria, ha chiuso i battenti lasciandolo senza lavoro e con 200 mila euro da riscuotere, perduti per sempre. Alla disavventura professionale se ne aggiunge una familiare: alla moglie viene diagnosticato un tumore, e Fedele deve dedicarle tempo e attenzioni. «Mi sono sentito come un alpinista che precipitava lungo la parete che stava scalando» racconta. «Ma Dio ha voluto che durante la caduta trovassi un gancio a cui aggrapparmi, ed è stata la mia salvezza».
Quel gancio si chiama Scarp de’ tenis, un giornale di strada sostenuto dalla Caritas che nel titolo si ispira a una famosa canzone di Enzo Jannacci, distribuito a Milano e in molte città italiane da persone in difficoltà alle quali viene riconosciuta una percentuale sulle copie vendute. Per Fedele è un’entrata piccola ma significativa che arriva nelle tasche, e diventa anche l’occasione per farsi conoscere da persone che si fermano a scambiare due parole, ascoltano le sue disavventure e in certi casi gli offrono la possibilità di riprendere in mano la macchina fotografica per qualche lavoretto, guadagnando qualcosa. Benedetto quel gancio.


Quaresima Pime

I tre testimo­ni di que­sto articolo sa­ranno protagonisti dell’incontro che si terrà al Centro Pime di Milano, martedì 7 marzo, alle 21. Ma la Quaresima Pime 2023 è ricca di altri eventi: venerdì 3 alle 20.30, nella chiesa di San Francesco Saverio, digiuno e preghiera ecumenica per la pace in Ucraina; martedì 14 alle 18.30, al Museo Popoli e Culture, il mistero della Pasqua raccontato attraverso la letteratura da don Paolo Alliata; venerdì 24 alle 21, al Museo Popoli e Culture, lettura scenica sulla vita del beato Cremonesi, missionario del Pime ucciso in Birmania; infine, giovedì 30 alle 20.30, al Teatro Pime, “La notte degli ulivi”, testo teatrale di Érich-Emmanuel Schmitt. Info: centropime.org