Gaza rinasce dalle ceneri

Gaza rinasce dalle ceneri

Due giovanissime ingegneri palestinesi hanno messo a un punto un mattone speciale più leggero ed economico del normale: un’invenzione per risolvere il problema della ricostruzione, difficoltosa nella Striscia a causa delle limitazioni sulle importazioni di materie prime provenienti da Israele.

 

Ricostruire dalle macerie non è solo un modo di dire per queste due ragazze palestinesi che – ad appena 22 anni ma già con una laurea in ingegneria civile alle spalle – hanno messo le proprie competenze a servizio del loro Paese massacrato da guerre e assedi. Il risultato è un mattone alternativo a quello classico, studiato per adattarsi alle esigenze architettoniche e alle limitazioni politiche della striscia di Gaza, ma che le due giovani sperano di esportare in tutto il mondo. Al posto della sabbia, la «Green Cake» –  come è stata battezzata la creazione per la sua composizione eco-friendly – contiene ceneri provenienti dal carbone che sono presenti in quantità nelle discariche di Gaza a differenza del cemento il cui approvvigionamento è ancora difficoltoso nella striscia. Da quando nel 2006 Hamas ha preso il controllo politico della zona, sono infatti in vigore una serie di limitazioni per le importazioni di materiali di costruzione che – secondo gli israeliani – sarebbero utilizzati dai palestinesi per realizzare tunnel d’importanza militare strategica. Una misura che obbliga gli abitanti a sottoporsi a una lunga trafila di richieste e autorizzazioni per ottenere cemento e che ha dunque limitato l’opera di ristrutturazione degli edifici resi inagibili dal conflitto. Un vero problema visto che, secondo le nazioni Unite, solo durante gli scontri del 2014 sono state distrutte 17mila case.

Proprio dalla lettura di questi numeri le compagne di studi Majd Mashhrawi e Rawan Abdullatif hanno avuto l’idea di proporre un materiale alternativo, che potesse essere facilmente reperibile sul posto. Così, dopo un lungo periodo di esperimenti sulla tenuta di miscele e ingredienti, ha fatto la sua comparsa il mattone di cenere, molto più leggero di quello tradizionale e persino il 25 per cento più economico! «L’idea della Green Cake non ci è venuta in una notte – spiega Majd Mashhrawi – ci abbiamo lavorato per più di sei mesi per risolvere uno dei problemi della ricostruzione di Gaza. Abbiamo sviluppato un mattone senza ciottoli e sabbia ma solo fatto di macerie. C’è molta cenere nelle discariche, così abbiamo deciso di usarla per comporre dei mattoni verdi, cioè sostenibili dal punto di vista ambientale».

Il mattone di cenere è infatti resistente al fuoco, riduce nettamente le infiltrazioni e non richiede l’immersione in acqua prima dell’utilizzo, abbassando di molto l’impatto ambientale. «A Gaza, il cemento è come l’acqua – spiega Majd al Middle Eye East – Non abbiamo potuto sostituirlo interamente ma abbiamo ridotto considerevolmente la sua quantità nella miscela», grazie a una sostituzione con la cenere di carbone, uno «scarto» che le fabbriche locali producono nella misura di 80 tonnellate alla settimana ma il cui smaltimento non rispetta alcuna norma.

«Alcuni ci hanno preso in giro e non hanno creduto nel nostro progetto, ma altri ci hanno supportato» continua Majd che, insieme alla sua socia, ha ottenuto la loro prima commessa e ora sogna di avviare una fabbrica del mattone speciale che possa dar lavoro agli abitanti di Gaza e limitare la dipendenza della striscia dalle importazioni di materie prime dall’esterno.

Ma la voglia di riparare le «ferite» nelle strade di Gaza è una passione comune ad altre ragazze nate e cresciute nella striscia. Circa un anno fa Hadeel Abu Aisha, Khadija Ramlawi e Nour Hassan – anch’esse laureate in ingegneria all’Università Islamica di Gaza – hanno presentato una miscela di bitume e frammenti di metallo (abbondantissimi nella regione) che, se scaldata, è in grado di sigillare crepe e buche delle strade, la cui manutenzione ad oggi costa circa un milione di euro a chilometro a causa delle restrizioni sulle importazioni. Lo scorso maggio, l’invenzione delle tre ragazze è stata segnalata tra oltre 6mila progetti e si è aggiudicata il primo premio per l’innovazione scientifica al concorso Nasser Bin Hamad, una competizione organizzata dallo Stato del Bahrain proprio per sostenere la creatività nelle nuove generazioni.