Missionarie in clausura

Missionarie in clausura

Nel mese in cui si celebra la giornata delle claustrali, la testimonianza di due carmelitane ispirate dalla testimonianza di Santa Teresa di Lisieux

In una città vivace e spesso caotica come Milano viviamo anche noi, in un angolino in cui il silenzio, che domina sulla casa, permette l’ascolto di ciò che sta fuori e dentro di noi. In questa specie di piccolo “deserto” cittadino siamo state chiamate come scrive il profeta Osea: «La attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore». Qui, nell’ascolto della Parola di Dio, che passa anche per le vicende umane, viviamo insieme ad altre sorelle alla costante ricerca di Colui che ci ama e che si è fatto a noi vicino, ma in modo così discreto e umile che spesso c’è il rischio di non notarlo.
Il versetto del Vangelo – «Rimanete in me e io in voi» (Gv 15,4) – esprime bene la realtà della clausura che può essere considerata come un “rimanere”.
Il “rimanere” della monaca nel monastero è, più profondamente, il dimorare stabilmente nelle tre realtà fondamentali della vita monastica: la preghiera, la fraternità e il lavoro.
Il primo aspetto è “rimanere nella preghiera”: santa Teresa d’Avila, nostra fondatrice, ci ha insegnato che la preghiera è «un rapporto di amicizia, un frequente intrattenersi da solo a solo con Colui da cui sappiamo di essere amati»; “rimanere nella preghiera” significa, dunque, rimanere con Gesù: questo è il cuore della vita monastica. Tutto questo, però, significa anche perseverare nella preghiera durante quei momenti (e possono essere molti) di aridità, quando «non ci si prova nessun gusto»; significa anche rimanere in un orario ben preciso di preghiera: alzarsi presto al mattino, interrompere un lavoro quando la campana chiama ad andare in Coro, ecc… Significa, però, soprattutto, trasformare tutta la vita in preghiera, tenendo il cuore sempre ricolmo del Signore, anche in modo molto semplice (con un versetto del Vangelo o di un Salmo, una piccola preghiera ripetuta di frequente, un semplice pensiero d’amore per Lui…). In questo “rimanere” portiamo anche quanti fanno già parte o incontriamo sul nostro cammino, con le loro necessità, e tutto il travaglio umano.
Il secondo aspetto è “rimanere nella fraternità”: vivere in clausura significa trascorrere tutta la vita per lo più con le stesse sorelle: è materialmente impossibile sfuggire alla relazione. In questo tipo di scelta, lo si può proprio dire, la fraternità è indispensabile alla vita! Nella fraternità siamo chiamate a vivere l’amore che Dio ci ha donato, anche quando è difficile. In un mondo di relazioni fluide questo “rimanere” è molto significativo.

Il terzo aspetto è “rimanere nel lavoro”: ognuna di noi svolge in comunità un servizio che le viene affidato dalla priora: pulizie, bucato, cucito, sacrestia, cucina, orto, assistenza delle sorelle malate, ecc… In questo servizio la monaca rimane finché non gliene viene affidato un altro, portandone, come fanno tutti e in comunione con tutti, le fatiche.

Non è, però, solo la monaca che tende a rimanere con Gesù: innanzitutto è Lui che desidera rimanere con noi («…e io in voi»): la nostra vita diventa bella e possibile, solo perché è Lui che ci ha chiamate qui e che ci viene incontro per primo col Suo Amore. Si realizza, allora, in noi, in modo misterioso, ma reale, la nostra fecondità nascosta per la Chiesa: «Rimanete in me e io in voi: chi rimane in me e io in lui, porta molto frutto».

Con un altro versetto del Vangelo proviamo a spiegarvi, invece, il nostro essere missionarie: «Ne costituì Dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare…» (Mc 3,14). La prima caratteristica degli apostoli-inviati è lo stare con Gesù. Questo è il punto di partenza e di arrivo di ogni missione. Per comprenderlo meglio facciamoci aiutare da due grandi sante: santa Teresa di Gesù Bambino e santa Teresa di Calcutta. Due sante con una vita molto diversa: la prima, monaca, ha vissuto quasi sempre in Francia; la seconda, missionaria in India, si è dedicata totalmente alla cura dei più poveri. Eppure la loro vita interiore è in profonda sintonia. Entrambe hanno sentito dentro di loro Gesù che diceva: «Ho sete», massima espressione d’amore verso di loro e verso ogni uomo. Entrambe hanno cercato di dissetarlo, stando con Lui, offrendogli se stesse, mostrandolo con piccoli gesti e portandolo agli altri, con la preghiera e la cura, perché anche loro, stando con Lui, potessero essere dissetati e dissetarlo. Entrambe hanno attinto all’amore di Gesù perché fosse il carburante di ogni azione e sono state nel cuore della Chiesa l’Amore.

Dopo la canonizzazione di Teresa di Gesù Bambino qualcuno si chiedeva perché fosse stata proclamata santa dato che non aveva compiuto niente di straordinario. Il Papa scrisse la ragione del suo gesto: «Voglio canonizzarla perché ha fatto le cose ordinarie con un amore straordinario». Così anche noi siamo chiamati a compiere ogni azione, anche quella apparentemente più insignificante (per esempio le pulizie), con grande amore e a portarlo lì dove non c’è. È la missione a cui è chiamato ogni cristiano stando con Gesù.


ABBONA UN MONASTERO

Il 21 novembre la Chiesa celebra la Giornata mondiale pro orantibus, dedicata alle monache di clausura, vicine ai missionari anche a distanza. A loro è rivolta l’iniziativa “Abbona un monastero”: se vuoi contribuire puoi fare un’offerta libera sul ccp 39208202 oppure una donazione alla Fondazione Pime con causale “Abbona un monastero I-010”