Miniere sottomarine: il Vaticano è per il no

Miniere sottomarine: il Vaticano è per il no

In Papua Nuova Guinea il cardinale Pietro Parolin ha appoggiato la richiesta dell’episcopato per la sospensione del primo progetto mondiale di sfruttamento minerario sottomarino.

DA PORT MORESBY – È entrata nel vivo da ieri a Port Moresby, capitale ella Papua Nuova Guinea, l’assemblea quadriennale della federazione delle Conferenze episcopali del Pacifico con il tema Care for our common home of Oceania: a sea of possibilities (La cura della nostra comune casa d’Oceania: un mare di possibilità). Nel suo discorso di apertura il Segretario di Stato Vaticano, card. Pietro Parolin, ha immediatamente appoggiato la richiesta dell’episcopato locale per la sospensione del primo progetto mondiale di sfruttamento minerario sottomarino proprio al largo della Papua Nuova Guinea.

Senza chiamare direttamente in causa le autorità locali e la compagnia canadese Nautilus Minerals il porporato ha comunque indicato nello sfruttamento pericoloso e rischioso delle risorse naturali “fino nelle profondità marine” una delle attività umane miopi ed egoiste nei confronti dell’ecosistema e delle popolazioni che ne possono essere danneggiate. E riferendosi alle riserve di alcuni sugli accordi di Parigi sul clima (2015), ha denunciato la negazione preconcetta del problema, l’indifferenza nei confronti del medesimo, la fiducia ingiustificata in presunte soluzioni tecnologiche inesistenti o inadeguate.

Richiamandone l’importanza, e affermandone quindi indirettamente la carenza e a volte la totale assenza, il cardinale ha poi ribadito la necessità per gli operatori del settore di un rapporto onesto e sincero con le popolazioni delle zone interessate allo sfruttamento delle risorse naturali, che devono essere ascoltate e non possono essere danneggiate. La crisi ecologica in definitiva è il risultato di una crisi culturale e spirituale. “L’ideologia più pericolosa è quella dell’individualismo”, ha detto Parolin, indicando nella stagione dell’Illuminismo “il momento in cui abbiamo cessato di considerarci una comunità e abbiamo messo tra parentesi la nostra relazione con la natura, con gli altri e con Dio per lasciare spazio al primato assoluto dell’individuo”.

Sulla linea della Laudato si’ di papa Francesco (2015), l’appello è ad un cambio dello stile di vita. Ed è questa la sfida per la comunità cristiana. “E’ stato un diverso modo di vivere e di sentire che ha permesso ai cristiani dei primi secoli di sconfiggere la cultura e la mentalità pagana”, ha detto il cardinale. E nella Messa di apertura ha poi ricordato, in linea con la lettura liturgica degli Atti degli Apostoli, che le leggi di Dio hanno precedenza su quelle degli uomini. Un modo molto raffinato per offrire sostegno a chi ritiene che i potentati economici e politici odierni siano tutt’uno nei progetti di aggressione all’ambiente, senza alcuna preoccupazione per le vittime del taglio della foresta, dell’inquinamento e dello sfruttamento minerario.

A detta del professor Ottmar Edenhofer, uno dei principali esperti mondiali in materia, intervenuto subito dopo il card. Pietro Parolin, è proprio la regione del Pacifico la più esposta all’innalzamento del livello marino (che non è uniforme su tutto il pianeta) e all’intensificarsi dei tifoni, come osservato anche di recente. Ma altri fenomeni come la desertificazione o l’irregolarità delle precipitazioni piovose già mettono in pericolo la pace e la sicurezza nazionale e internazionale e sono tra le cause delle migrazioni soprattutto dall’Africa all’Europa.

Muovendosi su un piano strettamente scientifico, dopo l’approfondimento di carattere etico, spirituale e pastorale del card. Parolin, il professore tedesco ha dichiarato di fatto già insufficienti le misure previste dagli accordi di Parigi per il contenimento dell’aumento della temperatura terrestre sotto i due gradi centigradi. E questo per un motivo ben preciso: la continua apertura di impianti a carbone soprattutto in Europa, Cina e India.

Di questo passo, la possibilità di contenere il surriscaldamento del pianeta è compromessa e nella seconda metà del secolo al cambiamento climatico ci si potrà solo adattare, non lo si potrà più governare. Con quali conseguenze ora non è dato sapere con certezza. Ma non saranno i principali responsabili dell’effetto serra nel nord del mondo a subirne le conseguenze più devastanti.