Natale in Ciad, dove il dono più bello è l’acqua

Natale in Ciad, dove il dono più bello è l’acqua

Dai campi profughi del Ciad, fratel Fabio Mussi ci manda un augurio di speranza per questo Natale e per il nuovo anno. Ma anche un invito al coraggio, come quello di tante persone che hanno perso tutto, e all’impegno, come quello che lui stesso mette in campio per portare aiuto e un po’ di acqua pulita…

Come tutti gli anni, all’approssimarsi del 25 dicembre mi faccio vivo per augurarvi un sereno Santo Natale e un felice anno nuovo 2024. Purtroppo, non stiamo vivendo un periodo molto tranquillo con tutte le guerre in corso nel nostro pianeta, i pericoli dovuti alla rinascita del Covid, per non parlare dei disastri provocati dai cambiamenti climatici. Nonostante questi grossi problemi, cerchiamo di “vivere” il periodo del Natale con un atteggiamento positivo di speranza. Ed è proprio di questo che vorrei parlarvi.

Emergenza profughi del Ciad

Nell’aprile del 2023 è scoppiata una guerra fratricida in Sudan che ha costretto circa 560.000 sudanesi a lasciare il loro Paese per cercare rifugio nel Ciad orientale. Il Vicariato apostolico di Mongo, dove sono, attraverso la sua Caritas, ha continuato a contribuire alla risposta umanitaria, coordinata dagli organismi delle Nazioni Unite con un primo intervento di emergenza a favore di oltre 3.500 nuclei famigliari. Questo ha permesso la distribuzione di kit alimentari e casalinghi, la costruzione di latrine comunitarie e l’installazione di lampioni solari nei campi di Farchana e Métché. Questo grazie al sostegno delle diverse Caritas degli USA, della Germania, dell’Italia ed infine della Caritas Internationalis, oltre al grosso contributo da parte della Fondazione PIME, che è tuttora in corso.

La priorità è l’acqua potabile

Tra i mille problemi che si incontrano in queste crisi umanitarie, quello dell’acqua potabile è certamente la priorità assoluta. È in questa ottica che ci siamo dati da fare per poter fornire delle trivellazioni per l’acqua potabile nel campo profughi di Métché, che ospita circa 60.000 persone.

Dall’1 al 6 dicembre, abbiamo potuto realizzare 6 trivellazioni, di cui solo 3 sono positive e forniscono acqua sufficiente per la popolazione del quartiere. Questo grosso sforzo finanziario e tecnico è stato possibile grazie anche al vostro contributo, che ci è arrivato attraverso la rete Pime di Milano e di Detroit. Purtroppo, abbiamo avuto 3 perforazioni negative a causa di un problema del sottosuolo roccioso e per la constatazione che le falde acquifere importanti ed utilizzabili sono situate oltre i 120 metri di profondità. Purtroppo, le nostre attrezzature non permettono di poter utilizzare le falde a questa profondità. Continuiamo a cercare sperando di poter trovare delle falde entro i 100 metri, così potremo dare da bere a queste popolazioni.

Bambini in cerca di futuro

Avendo soggiornato per circa 7 giorni nel campo, ho potuto entrare in contatto con molti bambini che ci seguivano sui luoghi dove avvenivano le trivellazioni. Così, con l’iuto di qualche traduttore che ci traduceva dall’arabo sudanese, ho raccolto qualche loro storia, quasi sempre molto tragica.

È il caso di Fatime, una ragazza di 14 anni che ci vendeva del tè. Mi ha spiegato di aver visto uccidere suo nonno, suo padre, il fratello maggiore e quello minore. Lei, con sua madre e i 2 fratelli piccoli sono riusciti a nascondersi e a fuggire in Ciad. La ragazza mi diceva: «Ho solo 14 anni, ma il mio cuore è ormai vecchio perché ho visto il male che gli uomini possono fare. Ma adesso sono la sorella maggiore e devo preoccuparmi dei fratelli più piccoli». Nei suoi occhi pieni di lacrime c’era anche il coraggio di guardare avanti con fiducia.

Questo atteggiamento positivo, nonostante le difficoltà oggettive che molti bambini e adulti incontrano in queste tragedie, è certamente un segno di coraggio e speranza di persone abituate ad affrontare la sopravvivenza giorno per giorno. È un esempio per tutti noi che cerchiamo spesso delle sicurezze nelle cose che ci circondano, ma poco dentro di noi. Forse abbiamo ancora da imparare qualcosa da queste persone che vivono condizioni molto simili a quella di Gesù, nato pure lui in una situazione di “emergenza”.

Buon Natale a tutti!