El Salvador, il ritorno pericoloso delle ragazze migranti

El Salvador, il ritorno pericoloso delle ragazze migranti

A San Salvador le adolescenti respinte dagli Stati Uniti per le politiche migratorie di Trump sono costrette a nascondersi dallo stesso pericolo che le aveve messe in fuga: le bande criminali, note per la loro ferocia

 

Cambiano pettinatura e colore dei capelli; imparano a parlare in modo diverso, senza cadenza o intercalari; perdono quel modo di camminare riconoscibile o quella posizione particolare. Scompaiono da ogni social network. L’obiettivo è diventare anonime: nessuno deve riconoscerle, ne va della loro stessa vita. Sono le ragazze tra i 14 e i 18 anni rimpatriate in El Salvador dagli Stati Uniti, dopo la stretta sulle politiche migratorie fortemente voluta dal presidente Donald Trump.

Oggi sono costrette a nascondersi dallo stesso pericolo che le ha messe in fuga: le bande criminali, note per la loro ferocia. Le storie di queste ragazze concordano sullo stesso punto centrale: che si tratti della ormai tristemente nota Mara Salvatrucha, o della principale gang rivale, la Barrio 18, se un criminale ti vuole morta, hai un solo modo per salvarti, cioè andartene. Ognuna di loro è stata quindi costretta a scappare: chi perché ha visto qualcosa che non doveva, chi perché fidanzata con il ragazzo sbagliato, chi perché ha osato rifiutare le attenzioni di qualche capetto. A volte sono state le loro stesse madri a convincerle a partire, nel tentativo di salvarle.

Ora che sono state rimpatriate, rischiano doppiamente: le gang le considerano anche delle traditrici, per aver tentato la fuga all’estero. Nessuna di loro ha però un luogo sicuro in cui rifugiarsi per evitare le violenze, in quello che, nel mondo, è considerato il Paese non in guerra più letale, con 60 omicidi ogni 100mila persone nel 2017.

L’agenzia governativa ISNA (l’Istituto salvadoregno per lo sviluppo dell’infanzia e dell’adolescenza) ha organizzato per queste ragazze un programma speciale di protezione. Le accoglie di nascosto in appartamenti, dove vivono insieme anche in 20, soprattutto nella capitale San Salvador. Qui inizia la loro trasformazione, dai capelli agli abiti, fino al modo di parlare. La permanenza delle ragazze è breve: i cambi di casa, assieme all’uso di auto a prova di proiettile per gli spostamenti, sono una ulteriore misura di sicurezza. Le ragazze che sono riuscite ad entrare in questo programma sono quelle fortunate, una minima parte di chi subisce minacce, perché il governo non ha un vero sistema di protezione per i testimoni.

Come si ricostruiscono una nuova vita? Per esempio, spiegano le ragazze, cominciando a frequentare le zone presidiate dalla banda avversaria a quella che ti vuole morta, visto che tra loro le gang non dialogano. Fuori di casa mai avere con sé i documenti, ma portare sempre almeno un paio di dollari nel caso qualcuno ti chieda “un regalo”; in caso contrario potrebbero prenderti il cellulare, e se non l’hai portato con te potresti incorrere in guai seri. Vietati abiti succinti, gonne corte, magliette scollate: mai attirare l’attenzione su di sé. Vietati anche i mezzi pubblici, dove si verificano un altissimo numero di casi di furti e aggressioni sessuali. Non puoi fidarti della polizia o di altre autorità: le bande hanno infiltrati anche nel governo. Non devi contare nemmeno sui ragazzini: a partire dagli 8 anni vengono reclutati per controllare gli angoli e le strade, li chiamano “ojos”, gli occhi.

È in questo Paese che il presidente statunitense Donald Trump vuole rimandare 250mila salvadoregni. Accolti negli Usa grazie ad una tutela speciale dopo il terremoto del 2001, a 25 anni dagli accordi che misero fine a una violenta guerra civile, El Salvador è un luogo ancor più pericoloso di prima, in particolare per le donne: ogni anno oltre mille ragazze scompaiono; nel 2016 sono state uccise 524 donne, cioè una ogni 5mila. Nel 2017 i dati sono lievemente in calo, ma bisogna tenere conto del fatto che El Salvador non riconosce il reato di femminicidio. Ogni giorno vengono denunciati 10 stupri, e sono solo la punta dell’iceberg, perché la maggior parte delle violenze non vengono denunciate.

Il fatto che 247 municipalità salvadoregne su 262 siano considerate nelle mani della criminalità non ha minimamente fermato i piani di Trump: i rimpatri di chi non è in regola coi documenti sono già iniziati; i salvadoregni regolari saranno rimpatriati a partire da settembre 2019. Un rimpatrio forzato che causerà danni economici da entrambe le parti: l’economia di El Salvador, dove vivono poco più di 6 milioni di persone, dipende in buona parte dalle rimesse degli espatriati. Gli economisti statunitensi però avvertono anche che l’espulsione dei lavoratori centroamericani (oltre a quelli salvadoregni, anche haitiani, honduregni e nicaraguensi, per un totale di 300mila persone), che in media abitano negli Usa da 19 anni, creerà grossi problemi al settore edilizio e della ristorazione, perché questi impieghi non interessano ai cittadini americani. Inoltre, il rimpatrio forzato costerà agli Usa 164 milioni di dollari, e renderà indocumentados (illegali) migliaia di persone in tutto il Paese.