Fratelli tutti, sul lato sinistro della cattedrale

Fratelli tutti, sul lato sinistro della cattedrale

Dal Brasile il racconto di padre Ace Valdez, missionario del Pime a San Paolo: «Domenica un giovane ha tentato di derubarmi. Ma proprio dal’incontro con Felipe – avvenuto nel giorno di san Francesco – ho capito qualcosa di più sul mio essere missionario in questa grande città»

 

Domenica sono stato aggredito, ma sto bene. Per la prima volta in due anni che sono qui in Brasile, sono stato aggredito. Sì, ho vissuto l’aggressione in pieno giorno, alle tre del pomeriggio … Dopo aver celebrato una Messa nella periferia di San Paolo al mattino, sono andato al centro. Ho fatto una camminata, una semplice passeggiata, dato che il centro è quasi vuoto durante il fine settimana, soprattutto la domenica. L’ho fatto con molta attenzione, indossando una maschera ed evitando gli assembramenti. Mi piace camminare nel centro perché riesco vedere la realtà della città e delle persone. Mentre cammino, mi metto le cuffie e ascolto la radio; mi piace ascoltare la musica brasiliana alla radio mentre cammino per arricchire il mio vocabolario e anche per la bella musica di questo Paese.

Verso la fine della mia passeggiata, volevo fermarmi in cattedrale. Non sono entrato dall’ingresso principale perché c’erano molte persone lì; sono passato sul lato sinistro dove di solito la porta laterale è aperta. Stavo per entrare quando all’improvviso mi si è avvicinato un giovane, mi ha detto che era una rapina e voleva il mio cellulare; mi aveva visto mentre stavo mettendo le cuffie in tasca prima di entrare in chiesa. Mi sono spaventato e gli ho detto di non farlo perché sono un prete; lui ha insistito ancora di più fino a quando mi ha messo la mano in tasca e stava già prendendo il mio cellulare. Non gli ho lasciato prendere il mio cellulare per paura di perdere tutti i contatti importanti che ho lì dentro e per la seconda volta gli ho detto che sono un prete. Ma lui ha insistito ancora con più forza.

A quel punto all’improvviso è comparso un guardiano della cattedrale e ha visto che cosa mi stava accadendo. Per la terza volta ho detto ad alta voce che sono un prete, e lui questa volta ha iniziato a lasciarmi e mi ha chiesto: «Davvero sei un prete?». Ho detto: «Sì, lo sono. Posso mostrarti la mia veste e la mia carta di identità che dice che sono un prete». Guardandomi in faccia mi ha risposto: «No, no, ti credo sulla parola», e mi ha lasciato cadere il telefono in tasca. Abbracciandomi continuava a chiedermi perdono: «Mi dispiace, mi dispiace davvero, fratello», mi ha detto guardandomi. «Ti perdono», gli ho risposto. E lui ha cambiato completamente il suo comportamento, mi ha abbracciato forte e anche ha chiesto perdono. Non ha fatto nulla di violento oltre alle minacce, per fortuna non era armato. L’unico danno che mi ha procurato è che mi ha rotto le cuffie.

La guardia della cattedrale voleva affrontare il ragazzo. Lui ha iniziato a maledirlo; si è «giustificato» dicendo che l’assalto non è avvenuto all’interno della cattedrale, ma fuori; quindi, secondo lui, la guardia non aveva il diritto di maledirlo. Io gli ho detto di non maledire mai le persone. Poi ho preso il coraggio e gli ho chiesto perché voleva derubarmi e di che cosa aveva bisogno. «Ho fame», mi ha risposto. Gli ho chiesto il suo nome e ho iniziato a chiamarlo per nome: «Ok, Felipe, se vuoi, ti compro da mangiare, conosci un posto dove andare?» (la domenica la maggior parte dei ristoranti del centro sono chiusi). «Sì, lo so dove andare».

Ancora una volta ho preso il coraggio di fidarmi di lui, che sapeva dove mi avrebbe portato. Siamo passati davanti alla cattedrale e in quel momento c’era un gruppo di persone che stava distribuendo “marmitex”, o sia dei contenitori con razioni di cibo. Dal nulla mi ha detto: «Padre, non mangio il loro cibo perché aggiungono veleno». Felipe non si fidava del cibo distribuito. Del resto due mesi fa due senza fissa dimora sono stati trovati morti dopo aver consumato cibo distribuito dentro i marmitex e dopo un’indagine della polizia è stato scoperto che c’era del veleno. Felipe mi ha portato in una Lanchonete (una specie di un bar dove vendono piatti caldi) sul lato opposto della cattedrale; entrando ha chiesto al cameriere baião de dois e bife, (riso con fagioli e carne secca e bistecca, un piatto tipico del nordest del Brasile). Mentre il cameriere riscaldava il cibo, si è rivolto a me e ha detto: «Padre, ho davvero fame, posso avere anche una coxinha (una specie di arancino brasiliano) e una bibita?». Ho detto: «Certo!». L’ho visto divorare l’arancino. Quando l’ha finito ancora una volta mia ha detto: «Padre, mi dispiace davvero, Dio mi perdonerà?». Felipe sentiva il peso della colpa di aver aggredito un prete, essendo il Brasile un Paese a maggioranza cattolica. Gli ho risposto: «Certo, basta che tu non faccia mai il male».

Felipe è uno dei 25.000 senza fissa dimora sparsi dello stato di San Paolo e lui si trova proprio nel centro. Mentre stavamo ancora aspettando il suo cibo, ho preso l’iniziativa di chiedergli la sua storia. Mi ha raccontato che ha diciotto anni e da molto tempo vive in strada; secondo lui, i suoi genitori lo hanno abbandonato. Durante la conversazione, mi sono preso il tempo di mostrargli la mia veste e gli ho detto che alla mattina ero in periferia a celebrare la Messa. Ha commentato spontaneamente che pensava fossi cinese. Abbiamo riso entrambi, gli ho detto che sono un prete missionario, un prete straniero, vengo dall’Asia ed è per questo che ho questa somiglianza. Mi sono tolto la mascherina e gli ho mostrato «la faccia del prete» che voleva aggredire, così che si ricordasse. Poi ho rimesso la maschera: era ora di partire. Passando davanti alla cattedrale, mi ha salutato e mi ha dato un altro abbraccio molto stretto, e ancora una volta mi ha chiesto con occhi dispiaciuti: «Padre, Dio mi perdonerà per quello che ho fatto?». L’ho guardato negli occhi, il mio cuore si è commosso, ho provato compassione, e ho pensato: «Come mai un ragazzo così giovane vive in queste condizioni?». L’ho accarezzato e gli ho detto ancora una volta: «Sì, Dio ti perdona, ma non aggredire più le persone, basta che non faccia mai il male».

Se ne andato, ancora contento con la scatoletta di cibo sicuro in mano. L’ho seguito con lo sguardo. Poi sono andato di nuovo sul lato sinistro della cattedrale e sono entrato dalla porta laterale, ringraziando la guardia che mi aveva aiutato. E sono andato davanti al Santissimo per ringraziare Gesù che non era successo niente di grave nella mia vita, ma soprattutto per pregare per quel ragazzo. Ho vissuto sulla mia pelle la parola di Dio in quella Domenica (Is 5,1-7, Fil 4,6-9 e Mt 21,33-43): essere un discepolo di Gesù che produce frutti buoni, frutti di bontà in mezzo all’iniquità, frutti di giustizia in mezzo all’ingiustizia. Con Dio niente accade per caso. Tutto questo è successo nella festa di San Francesco d’Assisi, e ho vissuto veramente la sua preghiera:

Signore, fa di me uno strumento della tua pace.
Dove è odio, fa ch’io porti amore,
dove è offesa, ch’io porti il perdono,
dove è discordia, ch’io porti la fede,
dove è l’errore, ch’io porti la Verità,
dove è la disperazione, ch’io porti la speranza.

Dove è tristezza, ch’io porti la gioia,
dove sono le tenebre, ch’io porti la luce.

Oh! Maestro, fa che io non cerchi tanto:
ad essere compreso, quanto a comprendere.
ad essere amato, quanto ad amare
Poiché è dando, che si riceve:
perdonando che si è perdonati;
morendo che si risuscita a vita eterna.

Tutto questo è successo il giorno dopo che il Papa Francesco ha firmato la sua nuova encíclica “Fratelli Tutti”, io non l’ho ancora letto ma forse una piccola parte del suo messaggio l’ho vissuta. Ho scritto tutto questo non per essere lodato e non voglio nemmeno dare una versione romantica di quanto è successo. Non voglio che esperienze del genere accadano a nessuno, non ho fatto niente di eroico, anzi, ero spaventato e ho avuto paura in quel momento. Ho condiviso questa esperienza che farà parte della mia vita missionaria con un messaggio, che possiamo vincere il male facendo solo il bene. Non mi sono lasciato sopraffare dalla paura e dal male, ma ho avuto coraggio e fede, perché mi ho confidato nel Signore, che è in mezzo a noi. Lui oggi mi ha fatto strumento del suo Vangelo. «L’unico Vangelo che molte persone avranno è il nostro esempio nella vita», diceva il grande vescovo brasiliano dom Helder Câmara. Noi discepoli missionari siamo chiamati e inviati a proclamare il Vangelo con la nostra vita per costruire il Regno di Dio qui sulla terra.

C’è fame nel mondo di oggi
fame di pane e giustizia, Signore
Prendi le nostre mani, vogliamo servire
con Te, costruire il Regno 
con il tuo amore e grazia, Signore, cammineremo

Nuovo cielo, canto nuovo, proclameremo
Plasma a fuoco la nostra missione,
lanciaci all’avventura
Mani che spezzano il pane, consacrati nell’andare

(“Consagrados a ti” Cristobal Fones, SJ testi tradotti in italiano)

Non spaventatevi: il Brasile è un bel Paese e il popolo brasiliano è un popolo accogliente e molto gioioso. Questo piccolo «incontro» con Felipe non mi ha scoraggiato; anzi, ha dato più senso al mio essere missionario anche qui in una realtà urbana. In questa domenica, ho incontrato Il Signore: «La vita è missione, eccomi, manda me!»

 

Informazioni utili:

Con la pandemia, il numero dei senza fissa dimora è aumentato notevolmente in Brasile e la disoccupazione continua a crescere. L’ultimo sondaggio ufficiale del Comune di San Paolo ha indicato un aumento del 53% della popolazione di strada nella capitale, da quasi 16.000 nel 2015 a 24.300 nel 2019.

Uno studio condotto dalla Fecap (Fundação Escola de Comércio Álvares Penteado) ha mostrato che la riapertura del commercio nello stato di San Paolo, la misura di flessibilità adottata in accordo con il piano per combattere il nuovo coronavirus, ha avuto un impatto su alcuni indici criminali. Nel caso dei cellulari, in particolare, a giugno è stato registrato un aumento del 60% nei furti, in confronto al numero verificato nel mese precedente: 12.935 contro 8.047 casi, rispettivamente. I ricercatori di Fecap hanno anche analizzato i dieci comuni con i più alti tassi di rapine nello Stato (53.291 occorrenze). Tali crimini avvenuti in queste città corrispondono al 76,54% del totale dello stato. La capitale ha il più alto tasso di furti di cellulari dello Stato (39.996), pari al 57,44% degli episodi.