Cina-Santa Sede/2. Meng Weina: «Superare prima la divisione fra i cattolici»

Cina-Santa Sede/2. Meng Weina: «Superare prima la divisione fra i cattolici»

Con il battesimo ha scelto di chiamarsi Teresa nel nome della santa di Calcutta e in 25 città della Cina si prende cura dei disabili mentali. Sul tema che tanto fa discutere i cattolici cinesi in queste settimane dice: «Senza passi concreti da parte di tutti è impossibile raggiungere la riconciliazione»

 

La signora Meng Weina, battezzata col nome di Teresa nel 1998, devota della santa di Calcutta e a capo di una rete di comunità a servizio dei disabili mentali in tutta la Cina (più di cento strutture in 25 città), è un’attenta osservatrice della situazione della Chiesa cattolica nel suo paese e dei rapporti con la Santa Sede. Esponente dell’ala “possibilista” e dialogante in materia di politica religiosa la incontriamo a Canton.

Esordisce lamentandosi del fatto che la Chiesa clandestina stia facendo la “guerra” al Papa sul possibile accordo di cui si parla in questi giorni col governo cinese: “La Chiesa sotterranea è molto contraria a questa ipotesi di accordo. Possiamo dire che è ferocemente contraria, soprattutto perché i suoi membri hanno un passato di persecuzione e sofferenza. La questione della nomina dei vescovi è la cosa di cui ora si parla, ma in realtà non è la cosa più importante. A me importa poco da chi debbano essere nominati i vescovi. Il vero problema da affrontare è la divisione tra cattolici”.

Anzi, secondo la signora Meng, la “soluzione” del solo problema della nomina dei vescovi potrebbe innescare tensioni e divisioni ancora più forti, poiché non è stata affrontata la situazione nel suo complesso.

Una proposta quindi radicalmente innovativa: “Lavorare ad un tavolo di dialogo tra tutte le parti in causa avendo come unico obiettivo quello di incontrarsi e rettificare gli errori di ognuno allo scopo di raggiungere un’intesa complessiva. Tutte le parti in causa devono fare dei passi molto concreti altrimenti è impossibile raggiungere la riconciliazione e buoni rapporti reciproci”. La signora Meng ha suggerimenti per tutte le parti in causa e dice di aver scritto più volte sia al governo che alla Santa Sede senza riceverne un riscontro costruttivo.

La Chiesa clandestina deve superare il passato e prepararsi a perdonare gli altri per i torti subiti. In passato erano di più i membri della Chiesa non riconosciuta . Ora sono molto meno. E le nuove generazioni nate a distanza dalla presa del potere comunista sono meno consapevoli di questi antichi problemi. Le componenti ecclesiali devono superare l’attuale animosità e piuttosto prendere esempio da quel che sta facendo ora il governo e combattere la corruzione.

La Chiesa ufficiale deve liberarsi degli elementi corrotti che sono stati messi nei posti di responsabilità in tutti questi anni al solo scopo di permettere al governo di meglio controllare la Chiesa. Quando poi il governo ha restituito dei beni alla Chiesa li ha dati alla Chiesa ufficiale non a quella clandestina. Naturalmente anche questo è motivo di tensioni e la cosa dovrebbe essere affrontata nel corso di un dialogo di riconciliazione. La lotta tra cattolici è anche una questione di interessi e di favori di carattere economico.

L’associazione patriottica dei cattolici cinesi magari non può scomparire del tutto, ma potrebbe trasformarsi in un organismo di impegno ecclesiale di un qualche tipo per passare ogni responsabilità di governo e controllo al corpo episcopale. La questione della libertà religiosa e dei sistemi di controllo sotto il Partito comunista cinese è la stessa della libertà ed autodeterminazione della società civile nel suo complesso. Il governo in Cina controlla tutto per natura sua. Inevitabile che controlli anche le religioni e le Chiese. L’aspetto religioso comunque è importante, ma non il più determinante nella generale organizzazione e tenuta della società.

Il governo a sua volta deve abbandonare l’idea di distruggere le religioni e le Chiese per individuare piuttosto un modus vivendi che ne garantisca l’indipendenza pur all’interno delle leggi della Repubblica Popolare Cinese. E’ difficile pensare che il governo rinunci ad un certo controllo sulla nomina dei vescovi. L’errore in passato è stato quello di andare a cercare elementi corrotti per questa funzione. “E questo io l’ho scritto ai vertici del partito”, dice la signora Meng.

Il tavolo di lavoro per la riconciliazione deve ottenere naturalmente il permesso del governo. Ma potrebbe essere facilitato da una personalità o organizzazione esterna che gode della fiducia di tutti; una personalità religiosa o addirittura un’altra confessione cristiana, che si presta a facilitare un processo di riconciliazione dei cattolici cinesi tra di loro e con il governo. Si tratterebbe in ogni caso di un grosso fatto di evoluzione per il Partito comunista cinese che normalmente, riconosce la signora Meng, non accetta un attore esterno.

La situazione di tensione delle ultime settimane è dovuta anche al fatto che, soprattutto dopo il messaggio del card. John Tong di Hong Kong a fine luglio, si sa per certo che è in corso un dialogo tra governo e Santa Sede almeno sulla questione della nomina dei vescovi. Ma nessuno sa di che cosa si stia parlando o sia forse già stato deciso e firmato. Papa Benedetto XVI invece, osserva la signora Meng, aveva pubblicato nel 2007 una lettera che indicava in modo chiaro la posizione della Santa Sede: “Ora invece questa situazione di mancata comunicazione sta creando molta apprensione nella Chiesa clandestina ed anche interrogativi nella Chiesa ufficiale e nei circoli più attenti al problema”.