La Cina nomina il nuovo vescovo di Shanghai. Il Vaticano tace

La Cina nomina il nuovo vescovo di Shanghai. Il Vaticano tace

La scelta unilaterale di Pechino di trasferire monsignor Joseph Shen Bin tocca una sede fondamentale per la storia e per il presente delle comunità cattoliche in Cina. Dalla Santa Sede nessuna dichiarazione al riguardo…

AsiaNews – La Santa Sede era stata informata pochi giorni fa della decisione delle autorità cinesi di trasferire monsignor Shen Bin, vescovo di Haimen, nella diocesi Shanghai e ha appreso dai media dell’avvenuto insediamento di questa mattina. Interpellato da AsiaNews, il direttore della Sala stampa vaticana Matteo Bruni ha risposto così oggi alla richiesta di chiarimenti in merito alla vicenda, spiegando che al momento non vi sono dichiarazioni riguardo alla valutazione dell’accaduto.
La scelta unilaterale di oggi – che segue di pochi mesi la crisi sulla nomina di mons. Giovanni Peng Weizhao come vescovo ausiliare della diocesi di Jiangxi – colpisce per il peso del passo compiuto da Pechino a pochi giorni dalla Pasqua. La sede episcopale di Shanghai, infatti, non è solo la Chiesa locale di una delle più grandi metropoli della Cina, ma anche un luogo fondamentale per la storia e per la vita presente della comunità cattolica cinese. È una comunità vitale, che conta circa 150mila fedeli, una quarantina di parrocchie, tante attività promosse dai cattolici locali. Le sue origini risalgono direttamente a Paolo Xu Guangqi, mandarino della corte dei Ming e discepolo di Matteo Ricci, considerato il primo cristiano della città. Fu lui nel 1608 ad invitare a predicare il gesuita Lazzaro Cattaneo, che si fermò due anni. E la prima chiesa sorse su terreni della sua famiglia nel quartiere che si chiama Xujiahui proprio in suo nome e dove sorge la stessa cattedrale di Sant’Ignazio dove è avvenuto questa mattina l’insediamento.

Shanghai fu anche la sede dell’evento più importante della storia del cattolicesimo cinese del primo Novecento: il Concilio plenario della Chiesa cinese convocato nel 1924 dall’allora delegato apostolico, monsignor Celso Costantini. Un momento cruciale per la riflessione della Chiesa sull’inculturazione del cristianesimo in Cina.

Poi venne la tempesta della Rivoluzione comunista e Shanghai fu il luogo delle catene per monsignor Ignazio Kung Pin-mei, il primo arcivescovo cinese su questa cattedra, che fu arrestato dalle autorità comuniste l’8 settembre 1955 per essere poi rilasciato solo dopo oltre 30 anni di carcere, prima dell’esilio negli Stati Uniti dove è morto nel 2000. Già durante la sua prigionia, nel suo primo concistoro del 1979, Giovanni Paolo II lo aveva creato cardinale “in pectore” come segno di vicinanza alla Chiesa in Cina e rendendo nota poi la sua nomina solo nel 1991.

Nel frattempo a Shanghai – passata anche la Rivoluzione culturale – gli organismi “ufficiali” cattolici fedeli al partito avevano nominato autonomamente vescovo il gesuita padre Aloysius Jin Luxian, che solo nel 2005 sarebbe poi tornato in comunione con il papa. Scomparso nel 2013 a 97 anni, per dieci anni questa fondamentale sede episcopale è rimasta vacante per via del clamoroso gesto del vescovo ausiliare mons. Taddeo Ma Daqin, che nel 2012 – all’ordinazione episcopale avvenuta con il mandato del papa – aveva annunciato la sua intenzione di non aderire all’Associazione patriottica. Prima di lui nel 2011 anche l’altro vescovo ausiliare “ufficiale” – mons. Giuseppe Wenzhi Xing oggi sessantenne – era stato fatto dimettere per ragioni mai chiarite.

Dal 2012 monsignor Ma Daqin si trova di fatto recluso nel seminario attiguo al santuario mariano di Nostra Signora di Sheshan, il cuore della devozione dei cattolici di Shanghai e di tutta la Cina. Quello stesso santuario a cui Benedetto XVI nel 2007 nella sua Lettera ai cattolici cinesi invitava i cattolici di tutto il mondo a guardare con l’istituzione della Giornata mondiale di preghiera per la Chiesa in Cina, che si celebra ogni anno il 24 maggio.