Joseph e Sophie, giovani dall’Asia e dall’Africa al Sinodo

Joseph e Sophie, giovani dall’Asia e dall’Africa al Sinodo

Il vietnamita Huu Minh Tri: «A scuola mi dicevano che stavo perdendo il mio tempo, ma io rispondevo che Gesù è la mia casa». La studentessa del Madagascar Rakotoroalahy: «Il nostro problema è lo scoraggiamento. Il Sinodo? Un punto di partenza»

 

«Tutti noi giovani abbiamo bisogno di essere prima ascoltati e poi guidati ad entrare più profondamente in noi stessi», ha detto davanti ai padri sinodali Briana Regina Santiago, una ragazza del Texas di ventisette anni. Così si è aperta la seconda riunione del Sinodo dei vescovi in tema giovani, fede e discernimento vocazionale. Briana fa parte delle congregazione delle “Apostole della Vita Interiore” (Stati Uniti d’America) e partecipa al Sinodo in qualità di uditore. La sua presenza, come quella degli altri trentatré giovani, è stata voluta per interrogare i padri sinodali e far sì che si mettano direttamente in ascolto delle nuove generazioni. I giovani uditori partecipano attivamente alle sessioni di lavoro nell’aula Paolo VI, tanto che – è stato riferito – reagiscono in maniera rumorosa ad alcuni interventi, commentano, danno le loro testimonianze.

Tra gli uditori, le nazionalità sono le più disparate, proprio per permettere ai ragazzi delle diverse parti del mondo di sentirsi coinvolti in questo processo di ascolto. «Quando ho ricevuto la notizia che il Santo Padre aveva scelto me per partecipare al Sinodo, sono rimasto sorpreso. Poi ho pensato che il Signore voleva che io facessi qualcosa per questo momento importante della Chiesa». Così racconta il più giovane partecipante al Sinodo, Joseph Cao Huu Minh Tri, ventun’anni e di nazionalità vietnamita.

In un Paese come il Vietnam dove i cattolici sono minoranza, non è facile essere cristiani. «Noi giovani siamo pressati da molti fattori, come i soldi e i beni materiali – ha spiegato il ragazzo -. Ci dicono che dobbiamo studiare tanto, raggiungere alte posizioni, lavorare duro per fare soldi. Viviamo con una pressione costante, in quanto siamo in un Paese in via di sviluppo, ma allo stesso tempo ci manca la consapevolezza della spiritualità».

Joseph Cao Huu Minh Tri è studente di ingegneria automobilistica ed è volontario per il ministero della gioventù cattolica di Saigon. La conquista della sua fede, però, non è stata così scontata. Joseph racconta che da bambino “odiava” la Chiesa cattolica, dato che la nonna, testimone di Geova, gli aveva fatto studiare la Bibbia secondo i suoi principi. Quando la madre, all’età di nove anni, lo portò per la prima volta a frequentare il catechismo cattolico, qualcosa in lui cambiò. «Giorno dopo giorno la mia fede si è sviluppata e mi sono innamorato della Chiesa. Ho iniziato a servire la Messa tutti i giorni».

Nella scuola pubblica Joseph si è ritrovato più volte ad essere l’unico cristiano in classe: «Era molto difficile rispondere a domande come “Chi è Gesù?”, “Perché vai in chiesa ogni giorno?”. Mi dicevano che stavo perdendo il mio tempo, ma io rispondevo che Gesù è la mia casa».

Un tema per questo Sinodo che è molto caro al giovane vietnamita è quello delle “passioni”. Tutti parlano di trovare le proprie passioni, ma molti giovani sono combattuti tra il rincorrerne di sbagliate o non trovarne affatto. «Spero che qualcosa di nuovo e di pratico possa aiutare i giovani dopo il Sinodo a trovare la vera passione, che deve essere ispirata dalla passione del Signore», si augura Joseph.

 

 

Le stesse speranze e lo stesso desiderio di ascolto animano Tahiry Malala Marion Sophie Rakotoroalahy, un’altra degli uditori, proveniente dal Madagascar. Ventiquattro anni, studentessa universitaria di Turismo, Sophie è Presidente Nazionale degli Studenti Cattolici del Madagascar. «I nostri giovani del Madagascar si stanno preparando per la settimana prossima per un grande incontro. Saranno 24mila da ventidue diocesi», ha riferito. La ragazza ha spiegato che il Madagascar sta vivendo ancora una volta un anno di crisi politica, che ha portato con sé altre problematiche. «Abbiamo un problema nel campo della scuola perché, a causa dei continui scioperi che ci sono stati, la nostra preparazione ne ha risentito».

Quello di cui hanno bisogno i giovani di oggi, secondo lei, è anche di una vera educazione pastorale. «In questo Sinodo si cerca di costruire un ponte per tutte le generazioni – ha detto Sophie. – Il problema che affrontano i giovani di oggi è lo scoraggiamento ed è per questo che si rifugiano nelle sette. E in Madagascar ce ne sono molte». Per questo, secondo la ragazza, è importante che durante il Sinodo si discuta del tema della liturgia, dell’affidamento di responsabilità pastorali ai giovani, che possano agire come leader. «Ci aspettiamo che i giovani possano essere ascoltati – ha affermato – affinché possano diventare apostoli per altri giovani. Questo Sinodo è un punto di partenza».