AL DI LA’ DEL MEKONG
Il caso di Sihanoukville

Il caso di Sihanoukville

Il crollo di una palazzina suscita alcune considerazioni sul destino della città e del Paese in questa nuova stagione dell’economia cambogiana, dominata dai flussi di denaro e persone dalla Cina

 

Per il momento i corpi recuperati sono 15, ancora molti i dispersi nel crollo di una palazzina di otto piani in costruzione a Sihanoukville. Le notizie che trapelano sono per il momento confuse ma i media locali puntano il dito contro la proprietà cinese dell’edificio e alcuni tecnici cambogiani, per aver cominciato la costruzione senza il necessario permesso. Le autorità competenti invece stanno correndo ai ripari, avendo subito dichiarato quell’edifico come “illegale”. In realtà è uno dei tanti, in questa nuova stagione dell’economia cambogiana, dominata dai flussi di denaro e persone dalla Cina e che ha in Sihanoukville-Kompong Saom, principale porto marittimo della Cambogia, uno dei suoi snodi nevralgici.

Se prima era una modesta cittadina di provincia, da cinque anni a questa parte, è letteralmente under construction, notte e giorno. Si contano a centinaia le enormi gru meccaniche per altrettanti condo in costruzione. Crescono a vista d’occhio, d’acciaio e cemento, ad immagine, somiglianza e arroganza dei loro padroni. Non ho dubbi, tutto questo muove l’economia, dicono i più, ma abbruttisce il paesaggio umano e urbano, dico io. Gli edifici, le strade, le piazze, tutto infatti è nuovo eppure già obsoleto, brutto, violento. Anche se ciò che sconcerta e abbruttisce ancor di più la città sono i suoi 150 Casinò, attivi, luccicanti, pieni di giocatori, per la gran parte provenienti dalla Cina. In pochi anni Kompong Saom è diventata un’enclave cinese per questo tipo di business. Questo mette fretta al mattone.

Non occorre essere un sinologo per capire, almeno qui a Sihanoukville, gli effetti collaterali causati dall’ingresso massiccio della Cina nella vita di un paese come la Cambogia. La nuova via della seta non è “as smooth as silk”! Da tempo in diversi paesi del sud-est asiatico, le influenze politiche, le alleanze strategiche, seguono la logica di una formula, «più Cina = meno America». E qui a Sihanoukville questo si vede, nonostante la storia del Paese sia lì a ricordaci che alla fine degli anni ’70 quel “più Cina” significò l’avvento dei Khmer rossi.

Lo spazio limitato mi consente di guardare al solo caso di Sihanoukville, che ritengo significativo per comprendere quanto sta accadendo su scala nazionale e in diversi settori della vita del Paese. Vorrei trarre da questo alcune considerazioni.

La prima. «No Cambodia left». A Sihanoukville si sta consumando qualcosa che è ben più di una colonizzazione o neo-colonizzazione. Queste strategie di investimento così massicce e in tempi così brevi, non prevedono percorsi di integrazione con la cultura locale. Si scende in campo con fiumi di denaro e colate di cemento, punto a capo. Nell’agenda degli investitori non sembra esservi alcuna preoccupazione per l’integrazione, la sicurezza dei cantieri, anzi, pare non appartenga al loro universo mentale. Nel solo 2017 sono arrivati a Sihanoukville circa 120.000 cinesi. Traguardo già superato nel 2018, se non altro per quella promessa di “libertà” online e offline che in patria non potrebbero permettersi. Gli esperti stimano una crescita entro il 2020, fino a due milioni di visite annue dalla Cina alla Cambogia per il business dell’azzardo.

La seconda. Più di 150 Casinò attrezzati ad assecondare la ludo-patia di migliaia di giocatori, sono pensati come mondi a sé stanti. Si atterra in Cambogia e si entra nelle sale da gioco. Questo scenario promuove una serie di altri istinti a discendere. Ora, pensate per un attimo all’atmosfera attorno a quelle migliaia di giocatori e alla miseria umana che diffondono. L’unico pensiero è il gioco e tutto è interpretato in funzione di questo fine. Come i protagonisti di Particelle elementari di M. Houellebecq, dediti ai loro giochi, in quel caso erotici, e per questo condannati a galleggiare in un «profondo vuoto ontologico». In situazioni come questa, i giudizi morali non servono. Perché la posta in gioco è l’essere in quanto tale, reso banale, vuoto, ordinario, misero, cinico e anaffettivo dall’incedere irrispettoso, tracotante, demoniaco del più ricco, del più forte. Di migliaia di “piccoli uomini” direbbe Nietzsche.

La terza. In un Paese come la Cambogia a maggioranza buddista, esprimo una certa preoccupazione per il Buddismo, tradizione religiosa e culturale millenaria ma che ora sembra incapace di contrastare tendenze così aggressive. Simili strategie di investimento si distinguono per una loro particolare capacità di mimetizzarsi e anestetizzare le coscienze. Grazie a una consistente circolazione di denaro, tutto sembra promettente, possibile, a portata di mano e ci si illude di essere padroni della situazione. In realtà si viene ridotti a quegli istinti primordiali tipici della natura umana che il Budda ha cercato di combattere, ma di fronte ai quali ora anche lui sembra così solo, disarmato, impotente.

Quanto alle vittime, in aumento purtroppo, possano riposare in pace.

 

Foto: Wikirictor at English Wikipedia, CC BY-SA 3.0