Thailandia, leader pro-democrazia in sciopero della fame da 46 giorni

Thailandia, leader pro-democrazia in sciopero della fame da 46 giorni

A un anno ormai dall’inizio delle proteste popolari contro l’esercito e la monarchia thailandese, restano in carcere in attesa di processo sette giovani attivisti. Uno di loro, Parit Chiwarak, rifiuta il cibo per protesta e le sue condizioni hanno costretto le autorità al ricovero in ospedale

 

Come in Myanmar anche in Thailandia continuano le proteste pro-democrazia. Parit Chiwarak, un giovane attivista è in ospedale in condizioni critiche dopo uno sciopero della fame di 46 giorni che ha organizzato in prigione per protestare contro il rifiuto delle autorità di concedere la libertà su cauzione a lui e ad altri dissidenti politici.

Parit, 23 anni, è uno studente di scienze politiche alla Thammasat University di Bangkok, conosciuto con il soprannome di “Penguin”, arrestato all’inizio di quest’anno per il suo ruolo di leader nelle proteste di strada guidate dagli studenti l’anno scorso, il Free Youth Movement, durante le quali i partecipanti chiedevano riforme politiche e sollecitavano il primo ministro Prayut Chan-o-cha – ex capo dell’esercito che ha preso il potere con un colpo di stato nel maggio 2014 – a dimettersi.

L’attivista – in prigione da quasi tre mesi – ha deciso di iniziare uno sciopero della fame il 16 marzo scorso, poche settimane dopo il suo arresto, per protestare contro un trattamento ingiusto da parte delle autorità. È stato ricoverato in ospedale alla fine della settimana scorsa dopo che le sue condizioni sono peggiorate. Lo studente sta affrontando 18 accuse separate tra cui sedizione e lesa maestà, crimine previsto dall’articolo 112 del Codice penale thailandese volto a punire coloro che abbiano rivolto critiche alla monarchia. Se condannato, potrebbe affrontare decenni di prigione.

Anche un’altra leader della protesta, la studentessa universitaria Panusaya Sithijirawattanakul, detta “Rung”, in carcere sta portando avanti lo sciopero della fame. Come lei e Parit, altri cinque giovani attivisti rimangono in prigione, in attesa dei loro processi. La Corte penale di Bangkok ha negato la libertà su cauzione ai sette giovani per la nona volta il 29 aprile, una palese violazione dei loro diritti. Il giorno dopo la decisione, la madre di Parit, Sureerat Chiwarak, si è rasata la testa per protesta ed è rimasta fuori dal tribunale davanti ai giornalisti.

“Mio figlio non ha fatto nulla di male, la pensa solo diversamente. Non è libero di parlare ed è tenuto in prigione senza essere stato giudicato colpevole. Non ha ricevuto giustizia nel combattere il suo caso”, ha affermato Sureerat. “Vorrei che tutti si ricordassero di questo e lottassero per la giustizia. Dobbiamo eliminare l’ingiustizia dalla nostra società. Non permettete che qualcuno debba affrontare la stessa perdita o lo stesso dolore che sta affrontando la nostra famiglia”.

Un gruppo di manifestanti pro-democrazia ha organizzato diverse manifestazioni lo scorso fine settimana fuori dal tribunale e altri luoghi di Bangkok, chiedendo il rilascio degli attivisti incarcerati. Hanno minacciato di intensificare le loro proteste nei prossimi giorni e settimane, a meno che a Parit e agli altri leader incarcerati non venga concessa la cauzione.

Tuttavia, sembrano esserci poche illusioni sul fatto che le autorità accettino un compromesso. “Questo la dice lunga sul sistema giudiziario thailandese”, ha raccontato a UCA News uno studente universitario cinese-thailandese, sostenitore del movimento giovanile pro-democrazia. “Presunti assassini possono uscire su cauzione, ma giovani come Penguin e Rung che non hanno fatto nulla di male e continuano ad essere rinchiusi”, ha proseguito lo studente. “Non c’è giustizia in questo Paese ed è per questo che dobbiamo protestare anche se ci arrestano e ci tengono rinchiusi”.