Usa, il cantore degli ultimi morto di Coronavirus come loro

Usa, il cantore degli ultimi morto di Coronavirus come loro

Qualcuno ha definito John Prine come il Mark Twain dei cantautori. Mi colpisce molto che lui, cantore dell’America sfortunata e disgraziata, sia morto in questa pandemia come la gente che lui ha cantato

 

La pandemia si porta via persone di grande valore, a cui si rischia di non tributare il riconoscimento che meritano. John Prine, morto il 7 aprile scorso di coronavirus a 73 anni, è uno di loro.

Ho conosciuto (musicalmente) John Prine molti anni fa, e non ho più smesso di seguirlo. La fama di John Prine era come celata dal fatto che le sue bellissime canzoni, che lui pure cantava, sono conosciute per le interpretazioni di artisti famosi, Johnny Cash, Bonnie Raitt, Joan Baez, Bette Midler, Carly Simon, John Denver e altri ancora…

Prine è stato tra gli autori di testi più influenti della sua generazione, ammirato da colossi quali Bruce Springsteen, Bob Dylan e Kris Kristofferson. Qualcuno l’ha definito il Mark Twain dei cantautori. I suoi testi sono straordinariamente capaci di descrivere il rovescio dell’America, la vita, quella vera, della gente comune: la solitudine degli anziani, il duro lavoro nei minatori, la droga dei reduci dalle guerre, le faticose giornate delle donne, il dramma della povertà.

Mi colpisce molto che lui, cantore dell’America sfortunata e disgraziata, sia morto di coronavirus, come la gente che lui ha cantato. A morire nella pandemia negli Stati Uniti sono infatti coloro che non possono permettersi l’assicurazione sanitaria, i poveri e gli anziani. Un destino di condivisione, quello di John Prine, che è come la certificazione dell’autenticità della sua arte, e che commuove chi l’ha apprezzato.

Nel 1971 John Prine, ancora molto giovane, pubblicò il suo primo album dove, piuttosto controcorrente, racconta con realismo poetico la vita degli ultimi e dei dimenticati. C’è una canzone struggente, che fu poi interpretata con sincera intensità da Bette Midler, intitolata “Hello In There”. Par la della malinconica solitudine di una coppia di anziani, un tema che raramente gli artisti della musica amano esplorare. Risentirla oggi commuove, sembra la descrizione dei nostri giorni, dei nostri vecchi, e delle nostre solitudini.

 

Hello In There
(mia traduzione dall’inglese)

Io e Loretta avevamo un appartamento in città, e ci piaceva vivere lì.
I nostri figli sono cresciuti da molti anni ormai. Hanno la loro vita, e noi siamo rimasti soli.
John e Linda vivono in Omaha. Joe è sempre in giro.
Nostro figlio Davy l’abbiamo perso nella guerra di Corea. Non so ancora perché, ma che importa ormai?
Lo so che i vecchi alberi sono diventati più forti, e anche i vecchi fiumi lo diventano ogni giorno di più;
ma i vecchi no, loro diventano solo sempre più soli.
E aspettano che qualcuno passi da loro per dire “Ehi, ciao, come stai?”.
Io e Loretta non parliamo più tanto, lei rimane seduta e guarda fisso attraverso il vetro della porta del retro casa,
le notizie sono sempre le stesse, come un sogno dimenticato, che abbiamo entrambi già visto.
Magari un giorno andrò a trovare Rudy, abbiamo lavorato in fabbrica insieme.
Ma se mi chiederà” ‘c’è niente di nuovo?’ ‘Niente. E tu?’ ‘Neanch’io’.
Dunque, se scendendo in strada ti capita di incrociare gli occhi profondi e vecchi (di un anziano),
per favore, non passare oltre; e non fissarli come se non te ne importasse,
e dì almeno: “Ehi, ciao, come stai?”.

 

Hello In There. John Prine (1971)

We had an apartment in the city, Me and Loretta liked living there.
It’s been years since the kids had grown, A life of their own left us alone.
John and Linda live in Omaha, And Joe is somewhere on the road.
We lost Davy in the Korean war, Still don’t know what for, don’t matter anymore.
Ya know that old trees just grow stronger, And old rivers grow wilder every day.
But old people just grow lonesome, Waiting for someone to say, “Hello in there, hello.”
Me and Loretta, we don’t talk much now. She sits and stares through at back door screen.
And all the news just repeats itself, Like some forgotten dream that we’ve both seen.
Someday I’ll go and call up Rudy, We worked together at the factory.
But what’d I tell him if he asks “What’s new?”. “Nothing, what’s with you? Nothing much to do.”
Ya know that old trees just grow stronger, And old rivers grow wilder every day.
But old people just grow lonesome, Waiting for someone to say, “Hello in there, hello.”
So if you’re walking down the street sometime, And spot some hollow ancient eyes,
Please don’t just pass ‘em by and stare, As if you didn’t care, say, “Hello in there, hello, “
Say, “Hello in there, hello.”