Dante con gli occhi dell’Africa

Dante con gli occhi dell’Africa

Nell’ambito delle celebrazioni per i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri, oggi l’Italia celebra il Dantedì. Ma quanto l’opera del genio fiorentino, simbolo della cultura del nostro Paese, ha incontrato lo sguardo dell’Africa? Storie di traduzioni, letture, teatro e arte che hanno reinterpretato a partire dalla propria tradizione culturale l’immaginario dantesco

 

Oggi l’Italia celebra il Dantedì, la Giornata nazionale dedicata al Poeta fiorentino: attraverso numerose iniziative da parte di scuole e istituzioni culturali, sarà l’occasione per celebrare in tutta Italia e nel mondo il genio di Dante, di cui proprio quest’anno ricorrono i 700 anni dalla morte.

La poesia di Dante è uno dei volti della nostra cultura più conosciuti in tutto il mondo. E tra le iniziative più significative degli ultimi anni ce ne sono state due che hanno provato a calarla dentro il contesto africano di oggi. Tra le iniziative più recenti la presentazione nel 2019 di “Il cielo sopra Kibera: la Divina Commedia nello slum di Nairobi”, un evento unico che ha permesso a 150 ragazzi di un’area poverissima di questa metropoli africana di portare in scena i versi di Dante. Gli allievi di quattro scuole Nairobi – grazie al progetto di sostegno a distanza realizzato dalla Fondazione AVSI – hanno portato in scena un adattamento della Divina Commedia, facendo del teatro un’esperienza centrale nei percorsi educativi scolastici.

Nel 2014, presso il Museo d’arte contemporanea di Francoforte, si è tenuta la mostra La Divina Commedia. Paradiso, Inferno, Purgatorio rivisitati da artisti contemporanei africani. Attraverso i linguaggi di pittura, fotografia, scultura, istallazioni e performance, 50 artisti africani, provenienti da oltre 20 stati, hanno portato in Africa l’immaginario dantesco sull’aldilà. Un artista keniano ha raccontato l’eccidio del Rwanda attraverso tavole di legno che ne rappresentavano i cadaveri; il dramma dei migranti, morti in mare nel tentativo di raggiungere l’Europa, è stato raffigurato in una barca-bara con 80 teste di legno. Ma poi è arrivato il Paradiso con un’esplosione di fiori e paesaggi mozzafiato e citazioni dal Corano. Un chiaro esempio di come una rilettura dei capolavori occidentali possa produrre nuovi orizzonti di significato e continuare ad essere di insegnamento.

Nel settembre del 2004, nella basilica di San Francesco, a Ravenna, si è tenuta una serie di letture della VII edizione della «Divina Commedia nel mondo», rassegna internazionale inserita nel «Progetto Dante» avviato nel 1994 da Walter Della Monica. A inaugurare la prima serata fu la lettura del I Canto dell’Inferno in afrikaans – la lingua dei Boeri, i bianchi di origine olandese che vivono in Sudafrica – da parte del traduttore Delamaine Du Toit.

Molto diffusi gli studi su Dante anche in nord-Africa: del resto il primo incontro tra la Divina Commedia e la lingua araba risale già al 1911, quando il commerciante triestino, Marco Besso, commissionò la trasposizione dell’inizio del canto XI del Purgatorio. Poco dopo, nel 1919, l’orientalista spagnolo Miguel Asín Palacios pubblicò uno studio nel quale ipotizzava origini arabo-spagnole per la grande opera dantesca, ipotesi che ha appassionato alcuni intellettuali arabi, segnando l’esordio degli studi danteschi in tutto il mondo arabo. La prima traduzione della Commedia, in prosa semplice, è apparsa a Tripoli tra il 1930 e il 1933 a cura di un impiegato del governo italiano in Libia, il cristiano maronita ‘Abbud Abu Rachid. La prima traduzione completa è stata, invece, pubblicata al Cairo tra 1959 e il 1969 con il titolo Al-Kumidya al-ilahiyya dall’autore egiziano Hasan ‘Uthman.

Foto: una delle opere presentate alla mostra di Francoforte