«Multinazionali responsabili»: referendum in Svizzera

«Multinazionali responsabili»: referendum in Svizzera

Il 29 novembre la Svizzera è chiamata al voto su una legge di iniziativa popolare che renderebbe le aziende multinazionali con sede nel Paese penalmente responsabili di violazioni di diritti umani e disastri ambientali anche quando sono commessi all’estero. Le Chiese sono schierate apertamente per il sì, insieme a un centinaio di associazioni della società civile

 

Anche la Svizzera è alle prese con la nuova impennata nei casi di Coronavirus, ma non ha scelto la strada del lockdown. E anche per questo il 29 novembre va al voto per un appuntamento molto significativo: in tutta la Confederazione sono in programma due referendum intorno a leggi di iniziativa popolare, entrambe molto importanti per il tipo di sguardo che propongono sul mondo.

La prima – in particolare – solleva un tema sempre più all’ordine del giorno nel mondo di oggi: la responsabilità rispetto ai danni ambientali e alle violazioni dei diritti umani perpetrati in Paesi terzi da multinazionali che hanno sede in territorio elvetico. L’iniziativa popolare al voto – sottoscritta da oltre 100 mila cittadini – chiede che le aziende svizzere controllino il rispetto dei diritti delle persone e la salvaguardia dell’ambiente non solo per le azioni portate avanti in prima persona, ma anche nei comportamenti delle loro filiali, dei loro fornitori e dei loro partner commerciali. In caso contrario – di fronte a prove presentate da chi ha subito il danno anche in un Paese straniero – verrebbero giudicate da tribunali svizzeri, secondo il diritto svizzero.

I promotori dell’iniziativa popolare citano come esempio due casi concreti: il primo riguarda la Glenncore, multinazionale estrattiva che ha sede a Zug: tra le sue attività c’è la miniera di Cerro de Pasco in Perù dove a una grave contaminazione del suolo, dell’aria e dell’acqua corrisponde un’aspettativa di vita degli abitanti della zona di cinque anni inferiore alla media e una mortalità infantile superiore a quella di altre città peruviane. L’altro caso emblematico è quello del colosso chimico Syngenta, con sede a Basilea, che vende in Asia, Africa e Sud America migliaia di tonnellate di un pesticida vietato in Svizzera perché si ritiene aumenti le possibilità di contrarre il morbo di Parkinson. Si tratta dunque di una legge che riguarderebbe la Svizzera, ma avrebbe implicazioni importanti anche in tante aree del mondo. E creerebbe un precedente importante a livello giuridico, che potrebbe essere di ispirazione anche per altri Paesi.

La legge di iniziativa popolare è stata bocciata dal Parlamento svizzero che l’ha ritenuta troppo vincolante: ha proposto un controprogetto, sostenuto anche dal Consiglio federale, che prevederebbe nuovi obblighi di trasparenza per le aziende, ma lasciando comunque le filiali e i fornitori economicamente indipendenti come i soli responsabili dei danni causati, secondo il diritto del Paese in cui avviene la violazione. Oltre a 130 organizzazioni della società civile, 300 imprenditori e migliaia di volontari in oltre 400 comitati locali ritengono invece che questa controposta sia insufficiente e per questo invitano a votare Sì al referendum per le «multinazionali responsabili».

Per il Sì a questo referendum si sono espressamente schierate anche la Conferenza dei vescovi svizzeri – che la considera una traduzione concreta di quanto scritto da Papa Francesco nell’enciclica Laudato Sì – e la Comunità delle Chiese riformate. «Chi si affida al lavoro minorile o distrugge l’ambiente deve rispondere delle proprie azioni – spiega in una nota la Conferenza missionari adella Svizzera italiana -. In futuro, se accettata l’iniziativa, le multinazionali che non rispettano uomo e natura devono essere chiamate a rendere conto dell’avvelenamento dei fiumi, dello sfruttamento dei bambini, del danneggiamento del creato. Non è accettabile che certe multinazionali svizzere si facciano forti perché nei paesi in cui operano mancano le leggi o i tribunali sono corrotti. Esse devono rispondere davanti all’umanità. Devono poter essere perseguite con leggi chiare ed applicabili, secondo il codice penale svizzero. Le multinazionali dovranno agire in modo preventivo per evitare i danni della salute e dell’ambiente».

Va segnalato, infine, che anche il secondo progetto di legge di iniziativa popolare che andrà al voto in Svizzera il 29 novembre ha al centro un tema molto legato al tema della pace e della giustizia nelle relazioni globali: la proposta chiede infatti che venga vietato il finanziamento dei produttori di materiale bellico. Nel dettaglio si chiede che a banche e fondi pensione elvetici sia impedito di finanziare ogni azienda che realizza oltre il 5% del suo giro d’affari annuo attraverso la produzione di armi. Fino ad oggi la legislazione Svizzera vieta solo il finanziamento, la fabbricazione e la commercializzazione di armi atomiche, biologiche e chimiche, mine antiuomo o bombe a grappolo. Anche in questo caso sia il Consiglio federale sia il Parlamento hanno espresso la loro contrarietà al provvedimento sostenendo che l’iniziativa non garantirebbe la diminuzione della produzione di armi né il numero di conflitti nel mondo.