Lutero d’Africa

Lutero d’Africa

La Riforma compie 500 anni con un volto sempre più globale: oggi solo la metà dei luterani vive in Europa mentre è in grande crescita l’Africa. Dove anche le donne hanno un ruolo di primo piano

 

Come il viaggio di Papa Francesco a Lund in Svezia ci ha ricordato, nel 2017 ricorrono i 500 anni dalla Riforma di Lutero, un evento al quale oggi anche la Chiesa cattolica prova a guardare con occhi riconciliati. Anche l’ottavario di preghiera per l’unità dei cristiani – che si celebra dal 18 al 25 gennaio – quest’anno non poteva non guardare a questa eredità: «L’amore di Cristo ci spinge verso la riconciliazione» (2 Corinzi 5,14-20) è il tema proposto per l’edizione 2017, frutto della riflessione comune delle Chiese della Germania, proprio la terra da cui partì la Riforma.

Del resto, quando si pensa alle comunità luterane, è naturale che il pensiero corra immediatamente ai Paesi del Nord Europa. Eppure si tratta di una fotografia che rappresenta ormai solo una parte del mondo che si rifà direttamente al monaco agostiniano autore nel 1517 delle tesi sulla dottrina delle indulgenze che – anche per motivi politici – portarono alla rottura con Roma.

Anche i luterani, infatti, hanno i loro missionari ad gentes; e la loro opera evangelizzatrice ha portato frutto, soprattutto in Asia e in Africa. Per rendersene conto basta dare un’occhiata alle statistiche della Federazione luterana mondiale, l’organismo che riunisce le 145 Chiese che si riconoscono reciprocamente come figlie della tradizione luterana. Ebbene: sui 72 milioni di fedeli che queste confessioni contano complessivamente nel mondo, solo la metà (quasi 36 milioni) vivono oggi in Europa. Mentre sono 21 milioni quelli che vivono in Africa e oltre 10 milioni i luterani asiatici. Si badi bene: queste statistiche non si riferiscono all’insieme delle Chiese che chiamiamo evangeliche o protestanti (un universo molto più vasto, comprendente per esempio anche tutti i movimenti evangelical di matrice americana o le comunità pentecostali africane). Qui si sta parlando specificamente di quelle Chiese che si rifanno in maniera diretta alla visione teologica di Lutero e all’esperienza storica avviata con la Riforma.

Ed è proprio il dato sull’Africa oggi quello più significativo; anche perché – per via delle dinamiche demografiche – probabilmente è destinato a crescere ulteriormente nell’arco di qualche anno. Sono complessivamente 31 le Chiese luterane africane e sono presenti in ben 23 dei 54 Paesi africani. Non è un caso, dunque, che la Federazione luterana mondiale abbia scelto di tenere in questo 2017 la sua dodicesima Assemblea generale a Windhoek in Namibia: si svolgerà dal 10 al 16 maggio e vedrà la presenza di 800 delegati che si confronteranno sul tema “Liberati dalla grazia di Dio”, un tema che richiama anche in maniera esplicita l’anniversario della Riforma.

Del resto, già attualmente la Chiesa luterana con il numero maggiore di fedeli non sta in Europa, ma in Africa: si tratta della Ethiopian Evangelical Church Mekane Yesus, che registra più di 7,8 milioni di battezzati. Certo, va precisato che in realtà in Germania i luterani restano oltre 12 milioni, anche se suddivisi in dodici diverse denominazioni. Fatto salvo, però, il caso tedesco, i luterani etiopi oggi superano numericamente altre comunità storiche come quelle della Svezia o della Danimarca. E continuano a crescere a un ritmo sostenuto.

Ma come ci è arrivato Lutero in Etiopia? Attraverso missionari europei che nell’Ottocento iniziarono a promuovere attività di evangelizzazione e sviluppo, soprattutto nelle aree meridionali dell’Etiopia. Questa presenza – cresciuta in aree dove la maggioritaria Chiesa copta etiope era meno presente – è diventata una realtà che conta più di ottomila comunità locali, riunite in 25 sinodi. A guidarla è il pastore Wakseyoum Idossa, che nella scorsa estate ha presieduto il Consiglio generale dell’Ethiopian Evangelical Church Mekane Yesus, invitando i luterani etiopi a un impegno coraggioso per la pace e la riconciliazione nel Paese oggi scosso da gravi tensioni.

Altro volto interessante delle comunità luterane in Africa è quello dell’Evangelical Lutheran Church in Tanzania, che con i suoi 6,5 milioni di fedeli si inserisce a sua volta tra le maggiori comunità luterane oggi su scala globale. Anche qui la storia evidentemente conta: le sue radici risalgono infatti al 1887, quando da Berlino arrivarono i primi missionari a Dar es Salaam; ma va registrato che in appena 130 anni quell’esperienza è diventata una Chiesa strutturata in ben 22 diocesi coinvolgendo circa il 13% dei 50 milioni di abitanti del Paese. Va inoltre aggiunto che tra i volti più significativi dell’Evangelical Lutheran Church in Tanzania oggi c’è anche quello delle donne pastore; un volto diffusosi abbastanza rapidamente nelle comunità locali. In Tanzania la scelta di aprire a questo ministero risale infatti a 25 anni fa e attualmente le donne pastore sono 274 su un totale di poco più di 2.000 pastori. Tra di loro c’è anche Elieshi Mungure, che all’interno della Federazione luterana mondiale è responsabile del segretariato per l’Africa.

 

 

Va segnalato inoltre che la Tanzania ha una grande importanza storica per i luterani dell’Africa: fu qui, infatti, che nel 1955 si tenne la Conferenza di Marangu, il primo incontro delle comunità riformate del continente. Celebrata nel pieno della stagione dei movimenti di liberazione, rappresentò un momento fondamentale nella riflessione sull’identità di queste Chiese in un contesto post coloniale. E proprio per celebrare quest’evento – a maggio del 2015 – a Moshi in Tanzania si è tenuta una nuova conferenza, alla quale hanno preso parte 200 delegati provenienti da tutto il continente. È stata una delle tappe del cammino di preparazione verso il quinto centenario, oltre che l’occasione per un confronto sulle sfide specifiche che i luterani dell’Africa si trovano ad affrontare. Tra i temi che i responsabili delle comunità locali hanno indicato come prioritari figurano questioni come la formazione dei pastori, il dialogo ecumenico ed interreligioso, la lotta alla corruzione nelle società africane, l’impegno per la pace e la giustizia, il servizio ai poveri. Insieme a un appello lanciato simbolicamente dagli oltre 5.800 metri del monte Kilimanjiaro per una nuova responsabilità nei confronti del creato.