Per una cultura rispettosa della vita e del malato

EDITORIALE
L’offerta della malattia e della sofferenza “per le missioni” sostiene da sempre l’impegno di evangelizzazione e di testimonianza della Chiesa. Non c’è da compiacersi del dolore. Ma nemmeno è possibile ignorarlo.

 

In questo mese di febbraio, la Chiesa italiana celebra la Giornata per la vita il giorno 5. Giornata che ha ispirato anche il Primo Piano di questo numero di Mondo e Missione, dedicato in particolare ai progressi fatti nella lotta alla mortalità materno-infantile.

Ma l’11 febbraio la Chiesa universale celebra anche la Giornata del malato. Il luogo di riferimento è Lourdes più che Roma, centro della cristianità, o i villaggi della Palestina dove Gesù stesso ha operato guarigioni. Dal 1854, la cittadina dei Pirenei francesi è luogo di pellegrinaggio, invocazione e guarigione. La piccola Bernadette era essa stessa povera e malata al momento delle apparizioni della “Bianca Signora”. Agli ammalati avrebbe poi dedicato la vita.

L’offerta della malattia e della sofferenza “per le missioni” sostiene da sempre l’impegno di evangelizzazione e di testimonianza della Chiesa. Non c’è da compiacersi del dolore. Ma nemmeno è possibile ignorarlo. Esso fa parte dell’esperienza umana e non è certo solo fisico. Il dolore trasforma. Vissuto in se stessi o osservato negli altri rende umili, realisti, costringe a riflettere, rivoluziona le priorità della vita, rende più autentici. Non sono forse queste le condizioni necessarie anche all’attività missionaria? Come chinarsi sulle sofferenze degli altri senza averle sperimentate nella propria carne? La malattia è fisica, ma anche culturale, sociale e ambientale. Nella sua intenzione di preghiera per questo mese (cfr. p. 39) il Papa menziona «quanti sono nella prova, soprattutto i poveri, i profughi e gli emarginati, perché trovino accoglienza e conforto nelle nostre comunità». Invece, nel suo messaggio per la Giornata del malato, Francesco si augura che «possiamo trovare nuovo slancio per contribuire alla diffusione di una cultura rispettosa della vita, della salute e dell’ambiente».

La malattia è quindi anzitutto fisica, ma non solo. Si identifica oggi con tante cause di sofferenza: inquinamento ambientale, disoccupazione, terrorismo, paura gli uni degli altri, spreco da una parte e fame dall’altra, aborto procurato, commercio delle armi, lavoro schiavo, traffico di organi e di esseri umani, sfruttamento neocoloniale e migrazioni…

Tutti questi fenomeni producono spesso nelle persone anche un lancinante dolore fisico e spesso la morte. Sono la nuova e forse più impegnativa frontiera della missione e della testimonianza cristiana, dopo che per decenni le Chiese e i missionari si sono occupati di lebbrosi e tubercolotici, di analfabeti e vittime della stregoneria, di schiavi e fuori casta.

Tipico del Vangelo, tuttavia, è l’amore per la persona e il sacrificio di sé. In tanti realizzano studi, progetti e analisi sulle sofferenze e le marginalità del nostro tempo. Ma per il cristiano, che cerca di tradurre il Vangelo nella vita, questi sono solo i primi utili strumenti di analisi e di comprensione.

Ne segue spontaneamente il dono della vita, possibilmente di tutta la vita, senza riserve per sé, ma tutta per gli altri, al massimo delle proprie capacità e della chiamata divina.