La Chiesa tra Hong Kong e l’accordo con la Cina

La Chiesa tra Hong Kong e l’accordo con la Cina

Inizia questo mese la nuova rubrica “Ombre cinesi” che ci accompagnerà per tutto il 2020, anno che il Pime dedica al 150esimo anniversario di presenza dell’Istituto. I testi saranno curati dalla Commissione Giustizia e Pace della diocesi di Hong Kong.

 

Dallo scorso giugno, Hong Kong è scossa da un’ondata di proteste senza precedenti, nata dal movimento che si opponeva alla legge sull’estradizione. Più di 5.800 persone sono state arrestate, diverse sono morte. A questa mobilitazione “senza leader”, la Chiesa cattolica reagisce in modo differenziato.

In diverse occasioni il vescovo ausiliare di Hong Kong, Joseph Ha Chi-shing, ha parlato ai fedeli e alla gente in assemblee o attraverso i social media. La sua presenza alla protesta, come religioso, non era volta solo a confortare le persone, disperate e impotenti, ma anche a calmare la tensione tra dimostranti e polizia. In quanto personalità pubblica, il francescano è riuscito a far liberare alcuni giovani che erano rimasti intrappolati all’interno del Politecnico, circondati dalla polizia, per più di una settimana. Alcune parrocchie, poi, hanno offerto i propri locali come rifugi per i manifestanti, mentre la Commissione Giustizia e Pace della diocesi ha organizzato una preghiera pubblica di sostegno alla mobilitazione.

L’azione della diocesi in qualità di massima autorità della Chiesa locale è stata invece cauta. Le dichiarazioni provenienti dall’amministratore apostolico di Hong Kong, cardinale John Tong Hon, 80enne, riaffermano semplicemente che la Chiesa condanna ogni tipo di violenza, da entrambe le parti. Un atteggiamento criticato da numerosi laici, specialmente dai giovani, secondo cui la Chiesa non sta facendo abbastanza.

Questa scelta di basso profilo può essere legata al negoziato in corso tra Cina e Vaticano. Il governo cinese definisce le proteste una rivoluzione “pro indipendenza”, influenzata da potenze straniere. La Santa Sede probabilmente vuole evitare di creare ulteriori tensioni facendo commenti sull’argomento.

Già nel 2014, prima dello scoppio del Movimento degli Ombrelli, la diocesi revocò improvvisamente una conferenza stampa che avrebbe dovuto rispondere alla mobilitazione democratica di disobbedienza civile a Hong Kong. Si sospettò che l’annullamento fosse stato richiesto dalla Santa Sede in cambio della negoziazione per arrivare all’accordo tra Cina e Vaticano. Quest’ultimo è stato poi siglato un anno fa con una validità provvisoria di due anni: comprensibilmente la Santa Sede non vorrà interrompere il dialogo in questo momento.

Noi comprendiamo che il Vaticano voglia mantenere la relazione con la Cina ed eliminare le divergenze, allo scopo di aiutare i cattolici a sviluppare la Chiesa locale e a diffondere il Vangelo serenamente. Tuttavia, allo stesso tempo, la Chiesa universale non deve dimenticare la sua missione di alzare la voce per la giustizia sociale. La canonizzazione di figure come Oscar Romero e Giovanni Paolo II ci ha ricordato l’importanza di questa vocazione. Mentre il Partito comunista reprime severamente la libertà religiosa nella Cina continentale e rafforza il suo controllo su Hong Kong, alla Chiesa locale rimane la sfida di riconsiderare il suo ruolo di ponte tra la Chiesa cinese e il Vaticano, e la sua posizione nel nuovo panorama ad Hong Kong.