Donne resistenti

Donne resistenti

Nonostante sofferenze e violenze, la società civile congolese continua a promuovere iniziative di resistenza attiva. Specialmente a Bukavu, dove ci sono figure di grande coraggio come Mathilde Muindo

 

Da molti anni è in prima linea per i diritti e le libertà. Per mettere fine alla barbarie che ha ridotto in brandelli la sua gente e la sua regione, il Sud Kivu in Repubblica Democratica del Congo. Con un’attenzione tutta particolare e indefettibile per le donne. Mathilde Muindo Mwamini è stata per molto tempo direttrice del centro “Olame” di Bukavu, un luogo di accoglienza, protezione e sostegno alle donne di questa terra. Nato più di sessant’anni fa per favorire la promozione della donna e lottare contro le discriminazioni, ha dovuto affrontare, negli ultimi due decenni, una piaga che ha assunto proporzioni apocalittiche: quella dello stupro. Un’“arma” che è stata e continua a essere usata come strumento di guerra, per brutalizzare e annientare nel profondo il tessuto sociale, a partire dal suo nucleo più intimo. Sono decine di migliaia le donne che hanno subito violenza sessuale. La maggior parte nel silenzio e nel nascondimento.

Mathilde Muindo, che è stata anche deputata all’Assemblea nazionale di Kinshasa, ha guidato una coalizione di organizzazioni per la difesa dei diritti delle donne che ha lottato con tenacia e determinazione affinché venisse introdotta una legge contro le violenze sessuali.  Approvata nel 2006, è rimasta, tuttavia, lettera morta, dal momento che un po’ ovunque regna una sostanziale impunità.

«Anche se oggi gli stupri non sono così sistematici come nei periodi peggiori della guerra – ci racconta Muindo da Bukavu – donne e ragazze continuano a essere le prime vittime di questa situazione di caos e violenza, che si aggrava ogni giorno di più».

Consigliera della “componente donna” della società civile di Bukavu, Mathilde Muindo è attualmente anche membro del Réseau congolais des artisans de paix (“Rete congolese degli artigiani di pace”), che promuove varie attività, specialmente per e con le donne, «indispensabili – dice – per promuovere e consolidare percorsi di pace e di “normalizzazione” di questa terra e per ricostruire i legami sociali così brutalmente spezzati».

Certo, la situazione attuale non aiuta, anzi… «La speranza è che gli Accordi di San Silvestro possano andare a buon fine, ma il governo pone molti ostacoli e intanto la vita della gente è in pericolo».

Anche a Bukavu , negli scorsi mesi, è stato represso con la forza ogni tentativo di manifestazione e protesta. E la reazione delle forze dell’ordine è stata spietata. «Ogni volta che viene annunciata una manifestazione – testimonia Mathilde – sin dall’alba le strade sono presidiate. E ogni volta che ci sono state reazioni da parte degli oppositori e della società civile c’è stata repressione. Ma noi ci siamo e resistiamo».

Solo che è sempre più difficile. Anche perché a volte non si sa bene contro chi combattere. Da un lato, le forze dell’ordine e i militari, invece di proteggere la popolazione, non solo ne impediscono le manifestazioni, ma spesso si rendono responsabili loro stessi di violenze, distruzioni, saccheggi… Nonché del controllo e dello sfruttamento delle miniere, che sono la prima e principale posta in gioco del conflitto che devasta questa terra da oltre vent’anni. Non solo però. «Ci sono sempre nuovi gruppi armati che si affacciano sulla scena – racconta Muindo -, ma non agiscono come quelli implicati nelle differenti fasi della guerra. Non hanno rivendicazioni. Usano nuove tattiche per destabilizzare la popolazione. Sono lì solo per creare insicurezza e provocare violenza. A vantaggio di chi?».

Sfruttamento delle risorse e controllo del potere, specialmente in questa fase di transizione, sono al centro di tutti gli interessi. Mentre il benessere della popolazione passa all’ultimo posto.

«La gente che è già povera si sta impoverendo ogni giorno di più – ammette Muindo -. E poi assistiamo a episodi che non avevamo mai visto prima, come gli assalti alle banche in pieno giorno da parte di uomini armati o la chiusura da un giorno all’altro delle cooperative di credito, senza che nessuno dica niente. La gente ha perso tutto. Ci sono state inchieste? Non abbiamo saputo niente».

Persino i cambiavalute sono stati presi di mira. Specialmente le donne che cambiano i soldi in strada. «Uomini armati, a volte in uniforme, sparano sulla gente, disperdono la folla e rubano i soldi. Diverse donne sono state uccise e derubate. E, anche in questi casi, non ci sono inchieste».

Impunità, sofferenza e miseria; è la tragica quotidianità di questa regione. Ma, nonostante tutto, la gente non si arrende. Studenti e personale dell’università, ad esempio, hanno protestato perché lo Stato “gioca” sul tasso di cambio dollaro-franco congolese, facendo pagare le tasse a quello più vantaggioso per le proprie casse e pagando gli stipendi a quello più basso. Anche nelle scuole primarie ci sono state forti tensioni, ma alla fine i genitori hanno dovuto accettare di pagare loro stessi gli insegnanti. «La sofferenza del popolo grida vendetta – continua -. Non funziona niente. Non ci sono diritti. Dappertutto regna l’insicurezza».

Insieme a un gruppo di donne attiviste per i diritti umani, Mathilde Muindo è andata sino a Kinshasa per chiedere al Parlamento che la legge elettorale rispetti la Costituzione in particolare per quanto riguarda la parità uomo-donna. «Ci sono anche altre leggi che ci preoccupano – dice – come quella sul funzionamento delle organizzazioni senza fine di lucro e quella sulla protezione dei difensori dei diritti umani. Se lo spazio di espressione di queste organizzazioni e di queste persone viene ridotto, questo rappresenta non solo un attentato alla Costituzione ma anche alla democrazia. È una grave minaccia. Se si impedisce alle persone di esprimersi e di manifestare dove andremo a finire?».

Lo sguardo si rivolge inevitabilmente alla Chiesa cattolica che, qui come altrove in Repubblica Democratica del Congo, è rimasta l’unica istituzione veramente al fianco della gente. Ne è convinta anche Mathilde, secondo la quale, «la Chiesa, oggi più che mai, è chiamata a svolgere un ruolo profetico. Deve continuare nella sua opera di formazione e sensibilizzazione dei cristiani e di tutti gli uomini di buona volontà per dire “no” a ogni sistema che cerchi di bloccare il processo democratico e di instaurare una dittatura».