Una firma arrivata lontano

Una firma arrivata lontano

Grazie ai missionari del Pime, il 5×1000 donato dai sostenitori raggiunge chi ha più bisogno, da un capo all’altro del mondo. Dall’Africa all’Asia, ecco come abbiamo cambiato tante vite.

Ma quanto mai lontano potrà arrivare una firma? Tanto, credeteci. E in luoghi sempre diversi, grazie alle attività che la Fondazione Pime realizza con i fondi del 5×1000.

In Guinea Bissau, dove la situazione sanitaria è particolarmente difficile per la povertà e l’incertezza politica impedisce interventi di lungo periodo, padre Alberto Zamberletti, missionario del Pime e medico, lavora per ridurre la mortalità materna, tra le più elevate al mondo. Principale causa sono le emorragie che possono colpire la madre prima, durante e soprattutto dopo il parto. Con la Caritas diocesana di Bafatá, padre Alberto gestisce una serie di strutture sanitarie di appoggio al sistema nazionale: centri di salute, dispensari, centri di recupero nutrizionale per bambini denutriti e Case delle mamme. «In queste ultime strutture, dove accogliamo e curiamo donne in gravidanza ad alto rischio – spiega il missionario -, come in tutte le maternità regionali, avere a disposizione un adeguato stock di sangue è indispensabile per salvare vite. In un contesto africano, dove il sangue è ritenuto la sede naturale del fluire della vita, non è sempre facile trovare donatori».

Il progetto ha previsto la formazione di 25 volontari della Croce Rossa, l’identificazione e la sensibilizzazione di un bacino di donatori, la raccolta di sangue e il sostegno alle emoteche regionali. Lo slogan adottato è Dua sangue, buri vida che, tradotto dal creolo, suona: «Dona il tuo sangue e salverai la vita». La prima vita materna salvata è quella di Fatima. «Era all’ottavo mese di gravidanza – racconta padre Zamberletti – e affetta da una gravissima forma di anemia. Dopo un breve colloquio con i familiari, è stata trasferita nella Casa delle mamme di Bafatá per ricevere adeguata assistenza. Il medico che l’ha accolta ha immediatamente predisposto una trasfusione sanguigna. Dopo due giorni la donna ha partorito e ricevuto una seconda trasfusione. Al termine di una settimana di degenza, la mamma rientrava in famiglia con suo figlio. Da notare che, data la scarsità di sangue disponibile normalmente nelle emoteche, esso viene trasfuso solo quando un parente o amico della paziente si rende disponibile per una donazione. In questo caso, grazie alla disponibilità offerta dal progetto, l’ordine di trasfusione ha avuto effetto immediato».

Anche in Camerun, grazie al 5×1000, da qualche mese la vita degli abitanti di Kaliao, piccolo villaggio tra le montagne dell’Estremo Nord, è cambiata in meglio: padre Luca Del Bo, missionario del Pime, ha acquistato e fatto installare un piccolo mulino. «Le donne sono contente – racconta padre Luca – perché non devono più macinare il miglio a mano, pietra contro pietra, lavoro per cui, a fine giornata, braccia e schiena fanno davvero male. Ora portano il loro sacco di miglio al mulino e in pochi minuti la farina è pronta». Ad apprezzare la novità sono anche gli uomini: «Emmanuele, un catechista di lunga data, mi ha detto che la polenta fatta con il miglio macinato al mulino ha un gusto molto migliore. Tenera e leggera, ma soprattutto senza il rischio di masticare piccoli pezzi di sassi o di miglio non macinato, con la conseguenza di rompersi i denti».

A Kaliao la corrente elettrica non c’è, per cui il mulino acquistato è a gasolio e la comunità si è attivata per costruire una piccola stanza in cui collocarlo. «Nei prossimi mesi installeremo altri due mulini, uno a Yamdjidjin, in piena savana e l’altro a Beguelé, tra le montagne. Con il 5×1000, la presenza dell’Italia si fa aiuto concreto per mettere in piedi quell’Africa che ha voglia di vivere e di progredire».

Secondo l’Unodc (United Nations Office on Drugs and Crime), il Myanmar è il secondo produttore al mondo di oppio e il primo di anfetamine. Il 90% della produzione di droga è concentrato nello Stato Shan, dove i coltivatori di oppio sostengono che è l’unica fonte di sussistenza possibile. La maggior parte della droga prodotta in Myanmar viene poi esportata in Cina, da dove è distribuita sul mercato mondiale. Ma il problema della tossicodipendenza è diffuso anche tra la popolazione locale. Oppio e anfetamine sono infatti reperibili a basso costo e ampiamente diffusi tra i giovani. La situazione è particolarmente critica nellaprovincia di Taunggyi, principale città dello Stato Shan, che rappresenta una grossa attrazione per i giovani: vi emigrano dalle aree rurali, sperando in una vita migliore. Nello Stato  ci sono pochi centri di riabilitazione e il trattamento si limita alla somministrazione di metadone, senza considerare l’aspetto psicologico.

Con l’arrivo di padre Enrico Fidanza, missionario del Pime e psicologo, e con il sostegno del 5×1000, l’associazione New Humanity ha avviato attività di prevenzione della tossicodipendenza, con formazione di personale e preparazione di materiale didattico. È partito così il progetto House of dreams, la Casa dei sogni, dove vengono accolti giovani con problemi di dipendenza per offrire loro un percorso di riabilitazione in vista di un reinserimento lavorativo e sociale. Uno di loro, Chan Nyein Oo,18 anni, ha già alle spalle un passato in riformatorio. Grazie all’incontro con padre Enrico e New Humanity, ora lavora come cameriere in un ristorante italiano e sogna un futuro nel campo del marketing.