Tra Europa e Africa: la sfida della Chiesa

Alla vigilia delle elezioni europee, padre Mario Ghezzi si interroga su cosa possa ancora dare l’Europa al mondo e quello che possa fare oggi la Chiesa per l’Africa.

“Africa chiama Europa”, titoliamo questo mese, alla vigilia delle elezioni europee. L’Africa ci chiama in causa in diversi modi, ma il vero problema è la risposta che noi, cittadini e istituzioni europee, sappiamo dare a questa terra carica di promesse ma anche di contraddizioni. Da europeo, guardando il nostro continente a distanza, dall’Asia, ne ho sempre avuto una percezione particolare. Senza dubbio il suo patrimonio di storia, cultura, condizioni economiche e rispetto dei diritti dell’uomo, tale che poche altre comunità possono vantare, viene riconosciuto con facilità.

L’Europa ha una storia di popoli che si sono combattuti per secoli, ma che hanno anche saputo collaborare e condividere saperi, hanno avuto scambi commerciali molto proficui e in questo ha le radici il continente di oggi: pacifico, democratico, che si dice profondamente laico, ma in realtà non può dimenticare le proprie radici giudaico-cristiane che l’hanno reso quello che è.

Se ora è l’Africa a chiamarci, in passato l’Europa ha lasciato un segno importante – e anche discutibile – in molte terre: dalla stessa Africa all’Asia, dall’America Latina all’Oceania. Ma oggi l’Europa ha ancora qualcosa da dire al mondo? E che cosa può dire all’Africa? Se la Cina corre nel continente per approfittare a piene mani delle sue risorse naturali, a noi è chiesto di porci in modo diverso.

I missionari hanno operato e operano in Africa da secoli e sono riusciti a incidere sulla coscienza delle comunità cristiane, formandole ai valori del Vangelo, ma c’è ancora molto da fare. Le istituzioni politiche non sono il campo di noi missionari, ma dell’istituzione Chiesa qualcosa vorrei dire.

Se fino a oggi abbiamo parlato di Africa nelle nostre parrocchie, raccontando storie di missionari e di progetti di sviluppo, forse dovremmo cominciare a parlare di Chiese che devono imparare a incontrarsi di più e più seriamente, confrontandosi sui temi fondamentali della vita umana: nascita, vita, morte, giustizia, pace, economia… Questo perché il punto di vista dell’Africa può illuminare il nostro e viceversa. Chiese sorelle in Cristo che si riconoscono in Lui ma, dentro questo sguardo verso il Signore Gesù, scoprono una varietà di letture e di esperienze che si completano e si integrano. Se dal Mediterraneo in giù (ad esclusione dei Paesi a nord del Sahara) la Chiesa sta crescendo in modo sensibile, noi cristiani d’Europa non possiamo più guardare all’Africa solo come a una realtà che ha bisogno della nostra carità e non ha nulla da darci in cambio. La vitalità di quella Chiesa è preziosa per noi, il confronto alla pari tra le Chiese dei due continenti è urgente per il bene di entrambe. Ricordiamo che siamo chiamati a essere lievito che fermenta il mondo intero: non contano i numeri, ma la vitalità e la freschezza del lievito. L’Europa, con la sua storia e la sua civiltà – e anche con la sua Chiesa – ha ancora molto da dire all’Africa, e moltissimo da ricevere. Forse una Chiesa europea un po’ meno orgogliosa e più umile potrebbe tendere la mano alla Chiesa d’Africa e dirle: «Dammi una mano, ne ho bisogno!».