Seminare la Parola nelle fratture dei cuori

Quest’anno ricorrono i cinquant’anni dall’arrivo dei primi missionari del Pime in Thailandia. Terra di anima e cultura buddhiste, benedetta da Dio per le sue ricchezze e bellezze naturali. Un popolo delicato nei modi e nei tratti, misterioso nell’approccio con l’altro, forte di una cultura millenaria che non aveva certo bisogno dei religiosi cristiani per sentirsi popolo o per un’evoluzione sociale e culturale. Eppure i nostri missionari hanno raccolto la sfida trovando il proprio modo di parlare di Cristo collocandosi sulle molte “linee di frattura” di una società complessa: le tribù dei monti del Nord del Paese, i disabili o i bambini orfani delle baraccopoli di Bangkok.
Come il seme attecchisce nel terreno che è stato rotto, arato, dissodato, così il Vangelo attecchisce nelle linee di frattura delle nostre società e dei nostri cuori. Lì mette radici e porta frutto. In Bolivia monsignor Gualberti semina la Parola dentro le spaccature di una politica che non guarda l’uomo, in Kazakhstan padre Trezzani testimonia Gesù in un contesto di grandi disuguaglianze, don Voltaggio nello Yukon viaggia per centinaia di chilometri a -30° per celebrare l’Eucaristia in comunità minuscole. Potrebbe sembrare un quadro scoraggiante, sicuramente di bassissima produttività, ma per il missionario la ricompensa sono il sorriso della gente che incontra, la vicinanza gratuita e le «decine di persone che hanno chiesto di fare un cammino di conoscenza di Gesù», come racconta padre Corti da Bangkok.
Nelle scorse settimane ho visitato i seminari diocesani della Lombardia. Un’esperienza interessante che permette di lanciare uno sguardo sul futuro del mondo sacerdotale: i numeri calano drasticamente, i seminaristi si interrogano su come sarà quando saranno “là fuori” ad annunciare. Si parla di oratori semivuoti e catechesi poco attese. Forse è venuto il momento, anche in Italia, di partire da quelle “linee di frattura” che hanno bisogno del Vangelo e nemmeno lo sanno e, per questo, non lo chiedono. Il nostro lavoro nel mondo è quello del seminatore paziente che cerca quegli angoli di terra dove la Parola potrebbe attecchire. È un’opera della cui resa non saremo mai garantiti: per questo non dobbiamo scoraggiarci quando constatiamo che i seguaci di Cristo sono una sparuta minoranza. Ciò che conta è la convinzione di essere portatori della bellezza di spendere la vita con e per il Signore Gesù, seminando la sua Parola nelle “linee di rottura” che lo Spirito ci farà incontrare sulla nostra strada. MM