Come Chiara Ferragni. Ma col velo

Come Chiara Ferragni. Ma col velo

Le fashion blogger di fede islamica indossano pantaloni larghi e maniche lunghe secondo la migliore tradizione islamica, ma non per questo rinunciano ad essere alla moda. Anzi: con milioni di follower su Instagram le influencer col velo stanno guidando una rivoluzione di genere nel mondo arabo

 

Posta almeno un paio di foto e una manciata di stories al giorno: è questa la vita su Instagram di Ascia Al-Faraj, ventottenne del Kuwait che del suo volto incorniciato dall’hijab tradizionale ha fatto un marchio di fabbrica. Proprio come ha fatto tra Europa e Stati Uniti Chiara Ferragni che oggi nel settore è la più influente al mondo, la ragazza è sbarcata online con un blog nel 2012 dal quale ha iniziato a selezionare e proporre outfit alla moda diventando ben presto un punto di riferimento per tante ragazze islamiche, che l’hanno scelta come propria fashion blogger. Come sempre accade in questi casi, i grandi marchi della moda hanno poi assoldato Ascia come promotrice del loro abbigliamento alimentando ancora di più la sua fama. Recentemente la giovane ha creato persino una collezione apposita per il Ramadan che consiste in venti pezzi di abbigliamento studiati per essere particolarmente pratici durante il mese di digiuno previsto dall’Islam. Oggi Ascia con i suoi 2,3 milioni di follower su Instagram (Chiara Ferragni ne ha 12) è considerata una delle più grandi influencer del mondo arabo con interattori in Medio Oriente, Malesia e Indonesia. Ma non è sola.

Con lei ci sono infatti Dalal Aldoub, 28 anni del Kuwait ed esperta di make-up, l’indonesiana Dian Pelangi il cui profilo è seguito da 4,8 milioni di persone e Basma Kahie che da Londra ha lanciato un negozio online per hijab e accessori islamici. Giovani icone di stile che varrebbe la pena di conoscere, se non altro perché secondo le previsioni di Thomson Reuters, entro il 2019 il business in abbigliamento islamico – anche in ragione dell’aumento della popolazione musulmana nel mondo – sfiorerà i 484 miliardi di dollari, una cifra raddoppiata rispetto al fatturato del settore nel 2013.

Dalal Aldoub

Negli ultimi anni, la «modest fashion» – letteralmente la «moda modesta» dedicata alle donne che vogliono vestirsi rispettando le norme coraniche senza però rinunciare allo stile – si è diffusa a macchia d’olio soprattutto grazie all’attività delle fashion blogger. Sono loro che sfoggiando abaya e hijab con fantasie glamour hanno guidato una piccola rivoluzione di genere. Senza rinunciare a pantaloni larghi e maniche lunghe secondo quanto prescritto dalla tradizione musulmana, le influencer kuwaitiane, qatarine, israeliane e saudite – quest’ultime fino a ieri sottoposte per legge a un rigido dress code –  hanno trovato il modo di farsi considerare dal mercato. Tentando abbinamenti e interpretazioni libere dello stile islamico, hanno portato decine di marchi anche occidentali – da H&M a Dolce & Gabbana – a riservare loro collezioni specifiche. Ma intorno a questo settore si è coagulato anche un nuovo gruppo sociale, quello delle Muslim Millenials, le ragazze nate tra il 1980 e il 2000 che stanno trasformando la passione per l’abbigliamento in uno strumento espressivo potentissimo con cui diffondere opinioni che domani potrebbero non riguardare più soltanto la moda.