I missionari Usa e lo «shutdown» intorno al muro

I missionari Usa e lo «shutdown» intorno al muro

La riflessione dei Missionari di Maryknoll sul braccio di ferro in corso tra Trump e il Congresso sul muro ai confini col Messico: «Si affronti la questione migrazione con risposte davvero morali»

 

Negli Stati Uniti va avanti lo «shutdown», la paralisi degli uffici governativi provocata dal braccio di ferro in corso tra il presidente Donald Trump e il Congresso sul bilancio dello Stato. Nodo del contendere i fondi per finanziare l’avanzamento della costruzione del muro al confine con il Messico. Sulla vicenda in queste ore i missionari di Maryknoll, l’istituto per le missioni estere degli Stati Uniti, hanno preso posizione con un editoriale pubblicato sulla loro newsletter dedicata ai temi legati alla giustizia e alla pace. Pubblichiamo qui sotto una nostra traduzione italiana del testo.

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Le sofferenze che lo shutdown del governo sta provocando a milioni di persone e di famiglie, soprattutto a quelle che devono fare i conti con la povertà e l’insicurezza alimentare, aumentano ogni giorno che passa senza una soluzione. Mentre lo shutdown continua, l’accesso all’assistenza nutrizionale, ai programmi per la casa, al servizio sanitario per le comunità native e ad altri importanti programmi di assistenza si fa sempre più difficile. Impedire a famiglie in difficoltà l’accesso a questi servizi essenziali a causa di richieste minacciose sul muro di confine va al di là di un modo di governare spericolato: è semplicemente immorale.

Visti i pochi progressi nel negoziato tra Repubblicani e Democratici, possiamo oggi immaginare solo tre possibili soluzioni allo shutdown.

Soluzione numero uno: il presidente Trump dichiara l’emergenza nazionale al confine. I tribunali intervengono e congelano il suo ordine. Il Congresso riapre l’attività degli uffici di governo mentre il caso va all’esame dei giudici. Il presidente Trump dichiara vittoria. I Democratici dichiarano vittoria. È lo scenario più probabile.

Soluzione numero due: i Democratici accettano di finanziare in qualche modo il muro e i Repubblicani di offrire qualche soluzione legislativa per i Dreamers (i giovani arrivati da minorenni negli Stati Uniti senza documenti in regola ndr). Si tratta di uno scenario meno probabile perché è difficile immaginare un compromesso sui Dreamers che i Repubblicani possano sostenere.

Soluzione numero tre: i Repubblicani al Senato e alla Camera cominciano a vacillare nel loro sostegno al presidente Trump. Trump accetta di scendere a compromessi coi Democratici. Questo è lo scenario meno probabile.

In ogni caso qualsiasi soluzione difficilmente si materializzerà prima della fine di febbraio.

Nel frattempo nei notiziari sentiamo raccontare dei mancati stipendi e dei documenti e servizi rinviati, ma non sentiamo affatto parlare degli effetti sulle persone che sono al centro di questa crisi: i migranti e i rifugiati. Ecco invece quello che a oggi sappiamo.

    1. Le otto agenzie che si prendono cura dei rifugiati d’intesa con il Dipartimento di Stato (compresa la Conferenza episcopale Usa) stanno operando senza accordi di cooperazione con il governo degli Stati Uniti per il 2019, il che significa che è molto difficile pianificare l’anno su questioni importanti come lo staff e i programmi.
    2. Il Religious Worker Program, gestito dal Dipartimento per la Sicurezza interna, non è operativo. Si tratta del programma di visti che autorizza gli stranieri a venire negli Stati Uniti per la loro formazione religiosa. Questo potrebbe toccare anche le suore, i padri e i laici consacrati di Maryknoll.
    3. I tribunali migratori gestiti dal Dipartimento della Giustizia per l’esame dei casi di chi non è sottoposto a detenzione sono fermi. Questo significa che l’accumulo di cause pendenti cresce sempre di più.
    4. Il Legal Orientation Program che offre informazione legale a chi è trattenuto in centri di detenzione non sta funzionando.

Il 10 gennaio il presidente Trump ha visitato in Texas la città di McAllen, sul confine, sede del maggiore centro operativo per le politiche migratorie degli Stati Uniti, «per incontrare quelli che stanno in prima linea». Ann Hayden e Pat Edmiston, suore di Maryknoll sono missionarie in una chiesa cattolica lì vicino, dove molti residenti privi di documenti vivono nella paura di essere deportati mentre lavorano nelle fabbriche e nelle aziende agricole lungo il confine. «Cerchiamo di non riunire mai i parrocchiani tutti nello stesso posto ma nella chiesa più vicina o andiamo noi a vistarli nelle loro case», ha raccontato suor Hayden in questo articolo intitolato «Vita a tolleranza zero».

Viviamo un tempo di scelte morali per gli Stati Uniti. Qual è la strada più giusta e più umana per rendere sicuri i nostri confini e porci davanti a quanti fuggono dalla persecuzione? Non certo la strada del muro di confine. In una dichiarazione del 2017, insieme ad altre 37 organizzazioni interreligiose con esperienza alla frontiera, dicevamo che il muro ferisce le comunità, accresce i rischi di alluvioni, viola i diritti delle comunità indigene che vivono sul confine e alla fine non scoraggia l’immigrazione. «Come comunità di fede crediamo che la spesa del governo debba riflettere i nostri valori – scrivevamo -. Finanziare un’ulteriore militarizzazione del confine ci fa scendere molto al di sotto di questi valori». Ancora una voltra oggi chiediamo: qual è una risposta morale?
L’amore è morale.
La fede è morale.
La carità è morale.
La giustizia è morale.
La pace è morale.
La santità della famiglia è morale.
La dignità della persona è morale.
La dignità del lavoro è morale.
Un muro non è morale.