Noi cristiani: migranti e pellegrini per natura

L’EDITORIALE
La storia della Bibbia è una storia di spostamenti e migrazioni, comincia con Abramo che lascia la sua terra per una terra sconosciuta, Giacobbe che fugge e poi torna, l’esilio babilonese di Israele, Tobia che viaggia durante tutto il racconto, Gesù che nasce “fuori sede” e poi deve fuggire in Egitto

Siamo pellegrini e migranti. Più volte ho pensato che questa fosse l’essenza della vita cristiana. Pellegrini perché in viaggio verso l’eternità, migranti perché il pellegrino si sposta, non ha dimora, vive dell’essenziale e si affida a chi incontra. Quest’estate ho accompagnato un gruppo di giovani dei percorsi di Animazione del Pime in pellegrinaggio a piedi verso Roma a incontrare il Papa. Un’esperienza affascinante vedere come il camminare spesso in silenzio, accompagnati da un brano di Scrittura e da una buona meditazione, potesse muovere gli animi di questi giovani. Camminare  8-10 ore al giorno anche chiacchierando di sé, della propria vita, delle proprie aspettative ha fatto partire cammini interiori che non si sono fermati a Roma ma porteranno questi ragazzi molto lontano, sull’onda dello Spirito che fa respirare e conduce verso orizzonti mai sperati o immaginati. Sono poche le cose che servono al pellegrino: scarpe comode, zaino leggero, cibo semplice, acqua, un luogo dove buttare il materassino. E poi compagnia: di Dio, degli altri pellegrini che camminano con lui e passo dopo passo diventano amici veri, di una guida che indica la strada e, soprattutto, di qualcuno che lo accolga la sera quando arriva stanco alla tappa del giorno.

La storia della Bibbia è una storia di spostamenti e migrazioni, comincia con Abramo che lascia la sua terra per una terra sconosciuta, Giacobbe che fugge e poi torna, l’esilio babilonese di Israele, Tobia che viaggia durante tutto il racconto, Gesù che nasce “fuori sede” e poi deve fuggire in Egitto. Una storia di pellegrini e migranti che trovano la Salvezza dentro le cose semplici che descrivevo sopra. Ecco perché noi siamo pellegrini e migranti, perché davvero chi si ferma è perduto. Durante il pellegrinaggio chiedevamo acqua alle case che incontravamo lungo la strada: solo una volta una signora ce l’ha rifiutata cortesemente. L’acqua noi l’abbiamo trovata poco dopo, ma ci è dispiaciuto per lei: «Perché tanta chiusura?», abbiamo pensato, e qualche preghiera silenziosa per lei è salita dal cuore di qualcuno di noi. Se il cristiano è missionario, quindi migrante e pellegrino per natura, come può non guardare in faccia chi bussa alla sua porta?

Il cardinale Dieudonné Nzapalainga, arcivescovo di Bangui – che è stato nostro ospite al Centro Pime di Milano -, al Sinodo sui giovani ha avuto parole precise sul tema scottante dei migranti: «Le migrazioni non esistono da ora, c’erano già ai tempi di Abramo. Ma ora per molti, alle spalle, c’è una scelta di sopravvivenza. Nei nostri Paesi molti giovani si chiedono: “Se resto muoio, se parto muoio, cosa scelgo?”. Spesso si tratta di un salto nel nulla» (Vatican Insider).

Al di là di ogni visione romantica e semplicistica, la realtà è che questi volti ci interrogano profondamente come cristiani, e quindi come missionari, pellegrini e migranti. Quando quella signora ci ha rifiutato l’acqua ho ingenuamente pensato: forse non è cristiana, o va in chiesa solo per abitudine. Non vorrei mai che uno dei giovani di cui parla il card. Nzapalainga potesse pensare lo stesso di me.