Pime, in missione con una storia

Pime, in missione con una storia

In occasione dei 170 anni dalla fondazione, la Direzione generale ha indetto un biennio speciale di riflessione e attività sul tema “Trasformazioni e cambiamenti nella storia del nostro istituto”

 

«In questo anno, segnato dalle sofferenze e dalle sfide procurate dalla pandemia da Covid-19, il cammino missionario di tutta la Chiesa prosegue alla luce della parola che troviamo nel racconto della vocazione del profeta Isaia: “Eccomi, manda me” (Is 6,8). È la risposta sempre nuova alla domanda del Signore: “Chi manderò?”. Questa chiamata proviene dal cuore di Dio, dalla sua misericordia che interpella sia la Chiesa sia l’umanità nell’attuale crisi mondiale».

È con queste parole che Papa Francesco – nel suo messaggio per la Giornata missionaria mondiale – invita a vivere l’ottobre missionario quest’anno. Un invito a ripartire dal primato dell’annuncio del Vangelo di Gesù che in questo 2020 per il Pime cade in un momento molto particolare. Ricor­rono infatti i 170 anni dalla fondazione dell’Istituto, avvenuta a Saronno (Va) il 31 luglio 1850 quando per iniziativa di monsignor Angelo Ramazzotti un primo gruppo di aspiranti missionari si riunì nella sua residenza paterna per dare vita al Semi­nario Lom­bardo per le Missioni Estere, che – nel 1926 per volontà di Pio XI – sarebbe poi diventato il Pontificio Istituto Missioni Estere.

Gli anniversari sono sempre un momento propizio per fare il punto su un cammino; per questo la Direzione generale del Pime ha colto l’occasione dei 170 anni per indire un biennio che ha al centro il tema “Trasformazioni e cambiamenti nella storia del nostro Istituto”. Un tempo speciale che ha avuto inizio in tutti e 19 i Paesi in cui sono presenti i missionari con una veglia di preghiera tenuta a fine luglio. In Italia avrebbe dovuto assumere il volto di un pellegrinaggio nella chiesa di San Francesco a Saronno, dove una lapide ricorda i primi passi compiuti lì dal Pime.

L’emergenza Coronavirus ha reso, però, inattuabile questo progetto; così si è optato per una solenne concelebrazione eucaristica, svoltasi al Centro Pime sabato 25 luglio nel rispetto di tutte le misure di sicurezza richieste dalla pandemia. E proprio per lasciarsi ispirare da chi ha accolto fino al dono totale della vita la chiamata ad annunciare il Vangelo ai fratelli a presiedere il rito è stato chiamato monsignor Daniele Gianotti, vescovo di Crema, la diocesi d’origine di padre Alfredo Cremonesi, missionario del Pime martire in Myanmar, proclamato beato lo scorso anno.

Dunque per i circa 420 missionari del Pime di 17 diverse nazionalità che oggi vivono il loro ministero nei cinque continenti, i prossimi due anni saranno un momento decisivo per il futuro dell’Istituto. «Questo biennio non vuole essere tanto un momento celebrativo, ma una riflessione interna a partire dalla nostra storia – spiega il superiore generale padre Ferruc­cio Brambillasca -. Voglia­mo vivere questo anniversario all’insegna di due parole: ringraziamento e riflessione. Ringrazia­mento a Dio e a chi ci ha accompagnato sulle strade del mondo in tutti questi anni. Ma questo tempo vuole essere anche l’occasione per una riflessione sulla nostra presenza missionaria oggi. In questo biennio ci chiederemo: siamo ancora davvero nei luoghi dove dovremmo essere? E la nostra struttura come istituto missionario è ancora adatta ai tempi attuali, così segnati dal cambiamento?».

Sono domande sulle quali il Pime sta già lavorando, sulla base di quanto indicato dalla sua XV Assemblea generale, tenutasi nella primavera del 2019. Da una parte – infatti – in ciascuno dei Paesi in cui è presente è in corso un’opera di discernimento comunitario sulle proprie iniziative. Perché i numeri non sono più quelli di qualche anno fa; ma questo non può tradursi in una chiusura alla voce dello Spirito che – secondo il carisma dell’Istituto – chiama a guardare soprattutto alle realtà dove l’evangelizzazione è ancora all’inizio. Di qui, dunque, la verifica: ci sono luoghi dove la Chiesa locale, come già avvenuto in tante realtà, è ormai in grado di assumere in prima persona iniziative missionarie avviate dal Pime liberando così forze preziose? E ci sono invece nuove periferie, non solo geografiche, che chiamano i missionari dell’Istituto a farsi presenti? Un primo frutto in questo senso è già stata l’apertura di una presenza missionaria in Tunisia, che è diventata l’anno scorso il diciannovesimo Paese dove il Pime opera. Ma spazi per nuove presenze potrebbero aprirsi anche in nazioni dove alcune comunità dell’Istituto magari ci sono già, ma vi sono urgenze pastorali di cui nessuno ancora si fa carico.

Parallelamente – però – è in corso anche una riflessione sulla struttura giuridica: sempre la XV Assemblea, l’anno scorso, ha infatti istituito anche una commissione a cui ha affidato il mandato di riscrivere alcune parti delle Costituzioni del Pime. L’idea di fondo è quella di rendere gli organi di governo il più snelli possibile, limitando il numero dei missionari impegnati in servizi legati alla gestione delle strutture e rendere visibile anche in questo modo il primato della missione. E a questa specifica opera di revisione si lega anche la scelta di dedicare ai 170 anni del Pime proprio un biennio: per la primavera del 2022, infatti, è già fissata un’Assemblea straordinaria dell’Istituto che si terrà a Milano; un appuntamento che vedrà i delegati di tutti i missionari impegnati nelle diverse parti del mondo votare il testo definitivo delle nuove Costituzioni da sottoporre alla Santa Sede per la necessaria approvazione.

Ripercorrere quindi la propria storia è per il Pime soprattutto un modo per rimettere al centro il proprio carisma; che è poi la premessa per lasciarsi interpellare davvero dai nuovi volti della missione oggi. Un esempio di questo stile è stata proprio la celebrazione di luglio a Milano: nella sua omelia monsignor Gianotti ha infatti voluto trarre proprio dall’esperienza tormentata della prima missione – alla metà dell’Ottocento in Melanesia (l’attuale Papua Nuova Guinea) – una lezione attualissima sull’essenza dell’annuncio del Vangelo. «Il vostro primo martire, padre Giovanni Battista Mazzuc­coni – ha ricordato -, aveva scritto di non aver fatto ancora nulla per la missione: nessuna opera, nessuna conversione, nessun battesimo…

La storia stessa di quella prima missione affidata da Propaganda Fide al Pime fu apparentemente fallimentare: durò appena tre anni e nel 1855, proprio mentre Mazzucconi incontrava il martirio, i suoi compagni erano già stati costretti a ritirarsi stremati. Quei primi missionari – ha commentato ancora monsignor Gianotti – probabilmente erano partiti baldanzosi, animati dal desiderio di arrivare con la ricchezza del Vangelo fino in Oceania, agli estremi confini della terra. Ma ci avevano pensato le circostanze a far capire loro che cosa significa portare – come dice san Paolo – “questo tesoro in vasi di creta”. Oltre che dai limiti personali di ciascuno, erano stati resi fragili anche dalle difficilissime condizioni di vita, dalle malattie, dall’impossibilità di riuscire non dico ad annunciare il Vangelo, ma nemmeno ad aiutare le popolazioni locali a migliorare le loro condizioni di vita…».

«La storia del Pime – ha continuato il vescovo di Crema – ci dice però che anche i vasi di creta comunque “resistono”. Prendono botte da tutte le parti, ma non finiscono mai completamente distrutti: tribolati, ma non schiacciati; sconvolti, non disperati; perseguitati, non abbandonati; colpiti, non uccisi… Ed è proprio così – ha concluso monsignor Gianotti – che la missione diventa davvero esperienza della Pasqua: portare in noi il morire stesso di Gesù».

 

COSI’ NEL 1850 I PRIMI PASSI A SARONNO

Avvenne su un calesse il primo viaggio dei futuri missionari del Pime. Su questo umile mezzo il 30 luglio 1850 il fondatore monsignor Angelo Ramazzotti accompagnò dalla Casa degli Oblati di Rho (Mi) alla residenza di famiglia di Saronno (Va) i giovani sacerdoti Giovanni Battista Mazzucconi e Carlo Salerio, che insieme a monsignor Giuseppe Marinoni, Alessandro Ripamonti e Paolo Reina formarono il nucleo iniziale del Seminario Lombardo per le Missioni Estere. La nascita ufficiale avvenne il 31 luglio con una Messa che fu Mazzucconi – futuro primo martire dell’Istituto – a presiedere. A Saronno nella chiesa di San Francesco una lapide ricorda questo inizio. Nel giugno 1851 la sede dell’Istituto si trasferì poi a Milano nella chiesa di San Calocero e quindi nel 1906 nell’attuale Casa madre di via Monte Rosa. Nel 1926, infine, Pio XI unì il Seminario Lombardo per le Missioni Estere al Pontificio Seminario dei Santi Pietro e Paolo per le Missioni Estere, fondato a Roma nel 1874 da monsignor Pietro Avanzini dando così vita al Pime.