Il grano siriano che finanzia l’ISIS

Il grano siriano che finanzia l’ISIS

Una ricerca mostra che l’ISIS potrebbe aver guadagnato dall’esportazione del grano quanto ha guadagnato dal petrolio. Ma l’agricoltura siriana è a un punto di rottura e potrebbe trascinare il paese in una grave crisi alimentare

Che l’ISIS abbia usato le risorse del sottosuolo per finanziarsi è ben noto a tutti. All’inizio del 2015 i ricavi della vendita di petrolio hanno raggiunto l’apice di 2 milioni di dollari al giorno. Tuttavia, già a febbraio del 2016 il Pentagono aveva affermato che probabilmente l’oro nero non era più la principale fonte di guadagno del sedicente Stato Islamico. Questo perché in Siria, oltre a quelle nascoste sotto terra, esiste una risorsa fondamentale anche sulla superficie: il grano.

La fulminea espansione dell’ISIS ha rubato al Governo siriano la fetta più grande dei territori fertili della regione, localizzati principalmente lungo le rive dell’Eufrate. È l’area nota con il nome di “Mezzaluna fertile”: forniva grano per tutti i Paesi vicini, portando alla Siria incassi da 350 milioni di dollari all’anno e rendendola uno dei pochi stati della regione in grado di esportare generi alimentari. Già da un’inchiesta del Washinton Post pubblicata nel dicembre del 2015 era emerso chiaramente che attraverso il controllo e la vendita del grano siriano l’ISIS era in grado di ricavare ingenti somme. Recentemente, attraverso tecniche di rilevamento satellitare utilizzate anche in archeologia e meteorologia, la coppia di ricercatori formata da Eckart Woertz e Hadi Jafaar è riuscita a mappare le aree inaccessibili nel cuore della Siria per valutare con più precisione la situazione dell’agricoltura della regione, e i vantaggi che l’ISIS è riuscito a trarne.

In un’intervista rilasciata a Syria Deeply, Eckart Woertz ha spiegato che l’agricoltura nei territori dello Stato Islamico ha resistito più a lungo che nel resto della regione, dove la siccità  e la guerra hanno avuto un effetto molto negativo sulle colture. Hanno calcolato che il grano potrebbe aver portato nelle casse dell’ISIS la stessa quantità di denaro portata dal petrolio nel 2015, rendendolo di fatto una dei principali mezzi di finanziamento del terrorismo. Woertz sottolinea poi come questa fonte di guadagno abbia dei grandi vantaggi pratici rispetto alle altre. Il greggio in Siria, per esempio, è di bassa qualità  e a differenza del grano richiede una considerevole esperienza per essere prodotto. Inoltre, la vendita di un manufatto antico al mercato nero o la richiesta di riscatto per un prigioniero, principali mezzi di guadagno dell’ISIS nelle prime fasi del conflitto,  possono essere fatte una sola volta.

Stando a dati forniti dalla FAO e dal Governo siriano la produzione cerealicola della Siria si è ridotta della metà rispetto all’ultimo anno, raggiungendo il minimo storico dal 2006 con circa 1.3-1.7 milioni di tonnellate di grano raccolto. Commentando questi dati Woertz sottolinea come tutta la regione sia giunta a un punto critico: il deperimento delle sementi e la distruzione della catena di rifornimento causata dalla guerra stanno per mettere in ginocchio l’agricoltura della Mezzaluna fertile. Questo potrebbe creare seri problemi alla fine della guerra, generando una diffusa carenza di cibo (il pane è la principale se non l’unica fonte di carboidrati e proteine per molti degli abitanti delle zone rurali) e una grave crisi economica legata al crollo del sistema agricolo, prima attività commerciale della zona. Secondo il ricercatore la sicurezza alimentare deve avere la massima priorità ai fini della ricostruzione della Siria: riabilitare la catena di fornitura delle sementi e del fertilizzante, avviare programmi di nutrizione e fornire aiuti alimentari sono gli unici modi per impedire che la fine dell’ISIS sia solo l’inizio di una nuova crisi.