Le Filippine riaprono alle miniere ma i vescovi non ci stanno

Le Filippine riaprono alle miniere ma i vescovi non ci stanno

Il presidente filippino Rodrigo Duterte ha revocato la sospensione dell’attività mineraria firmata nel 2012. I vescovi e la Chiesa cattolica filippina temono le catastrofiche conseguenze per la popolazione e l’ecologia: “L’estrazione mineraria è contro i poveri e contro l’ambiente”

 

La Chiesa cattolica filippina e diversi vescovi hanno condannato espressamente la decisione del presidente Rodrigo Duterte di revocare la tregua di nove anni sui nuovi accordi minerari, sostenendo che la mossa avrà probabilmente un effetto catastrofico sulle comunità povere ed emarginate. La sospensione – firmata nel 2012 dall’ex presidente Benigno Aquino – era stata accordata per consentire alle autorità governative di controllare e rinegoziare i contratti con le imprese minerarie in caso di abusi ambientali. La decisione mirava anche a dare respiro all’ambiente per rigenerare flora e fauna.

“La decisione favorirà solo gli interessi commerciali, non la gente, specialmente le comunità povere ed emarginate. Il governo ha scelto ancora una volta gli interessi personali e il profitto piuttosto che le persone che soffrono e l’ecologia”, ha denunciato il vescovo Jose Collin Bagaforo di Kidapawan che a capo della  Caritas filippina a UCA News, l’agenzia d’informazione cattolica in Asia.

Il vescovo Bagaforo ha affermato che la mossa del governo è motivata da un desiderio egoistico piuttosto che dal bene comune: “Il governo deve riconsiderare la revoca della moratoria mineraria. Siamo in campagna e non cerchiamo alcun miglioramento economico nella vita della gente dall’attività mineraria”.

Il portavoce di Duterte, Harry Roque, ha detto che le Filippine prevedono circa 4 miliardi di dollari in investimenti di capitale da tre grandi progetti minerari che dovrebbero anche generare 800 milioni di dollari in tasse locali e 400 milioni di dollari in progetti di sviluppo sociale. “Anche i gruppi indigeni dovrebbero beneficiare di circa 310.000 dollari di royalties che dovrebbero essere raccolte dai grandi progetti minerari”, ha riferito al quotidiano Business World.

Ma i vescovi filippini non sono convinti. Per l’arcivescovo Ricardo Baccay di Tuguegarao e il vescovo emerito di Sorsogon, Arturo Bastes, l’estrazione mineraria è contro i poveri e contro l’ambiente. Per esempio l’estrazione in mare aperto ha portato inondazioni nella provincia di Cagayan ogni volta che un tifone ha colpito la regione. “L’estrazione della magnetite è destinata ad accentuare le inondazioni e a causare una massiccia erosione nelle zone costiere, il che potrebbe nuovamente causare la perdita di vite umane”, ha affermato l’arcivescovo Baccay.

Anche il vescovo Bastes – che si definisce deluso dalla decisione di Duterte – ha raccontato che “l’amministrazione Duterte è sottomessa alle compagnie straniere, specialmente ai cinesi e di conseguenza alla distruzione della nostra bella terra. I filippini sono ridotti in miseria sotto la corrotta amministrazione Duterte e quello che ottengono dall’estrazione mineraria è una misera quantità di denaro solo per essere poi intascato da funzionari governativi corrotti”.

“Sono stato presidente della Rapu-Rapu Mining Fact Finding Commission, che ha indagato sui terribili danni che la Lafayette Mining Corporation ha fatto all’isola di Rapu-rapu e all’ambiente marino… gli effetti negativi dell’attività mineraria sono innegabili” ha concluso Bastes.