L’anima di padre Leopoldo svelata nel suo diario

L’anima di padre Leopoldo svelata nel suo diario

Un uomo dalla profonda spiritualità. Così viene spesso ricordato padre Pastori. E così ci viene restituito dal libro che raccoglie i pensieri di tutta una vita, trascorsa tra l’Italia e la Guinea Bissau

 

Piacenza, 26 maggio 1996: muore, in ospedale, padre Leopoldo Pastori, sacerdote del Pime, originario della diocesi di Lodi, stroncato dall’epatite virale a 57 anni. «Era sereno, lucidissimo…», attesterà la dottoressa Giuliana Rapacioli (sorella di un altro missionario del Pime, padre Francesco, in Bangladesh), che lo aveva assistito fino agli ultimi istanti di vita.

Qualche giorno prima il missionario lodigiano, cosciente della gravità della malattia, aveva visto soddisfatto il suo desiderio di incontrare padre Andrea Gasparino, venuto appositamente da Cuneo per ascoltare l’ultima confessione dell’amico-discepolo.

La spiritualità del “Movimento contemplativo missionario”, fondato da don Gasparino (1923-2010), si ispira a quella del beato Charles de Foucauld, ma con una forte sensibilità e apertura missionaria. Proprio per questa duplice dimensione – contemplativa e missionaria, appunto – il Movimento aveva esercitato un’attrazione irresistibile sul giovane Leopoldo. Si era infatti persuaso che, abbracciando tale spiritualità, la propria identità “pimina”, che cercava di vivere con fedeltà ed entusiasmo, ne sarebbe uscita rafforzata.

Tale convinzione è espressa chiaramente in queste sue affermazioni: «Voglio essere missionario-monaco, che nella preghiera e carità testimoni la tenerezza di Dio, la compassione di Gesù». «La mia missione è quella di restare unito al Signore, piacergli in ogni azione, servirlo e farlo amare e conoscere».

Le frasi appena citate sono tratte dal diario di Leopoldo Pastori, recentemente pubblicato con il titolo: Tutto di Dio, tutto dei fratelli (Edizioni Ocd, Roma 2020). Il volumetto è corredato di un ampio commento, dal titolo Riflessioni teologico-spirituali sul Diario di padre Leopoldo, a firma di monsignor Juan Esquerda Bifet, scrittore e teologo.

Quando e come si è venuti a conoscenza dell’esistenza di questo diario? I quaderni manoscritti del “diario spirituale” di padre Leopoldo furono scoperti casualmente – anzi è il caso di dire “provvidenzialmente” – solo dopo la sua morte. Postosi alla ricerca di ricordi del defunto, il confratello di missione padre Marco Pifferi trovò i quaderni nascosti sotto una sedia, nella saletta dove padre Leopoldo era solito attendere alle confessioni. Il vano era situato dietro l’altare del santuario Regina degli Apostoli di N’Dame, in Guinea Bissau. Padre Marco si rese subito conto dell’importanza del “reperto”, ne fece fotocopia, trascrisse il manoscritto al computer e lo diffuse tra gli amici. Poi consegnò personalmente gli originali all’Archivio generale del Pime, dove è conservato. Poté consultare copia dello scritto anche il compianto padre Piero Gheddo, che aveva conosciuto bene Leopoldo ed è autore di una sua biografia (P. Gheddo, Leopoldo Pastori. Il missionario-monaco della Guinea Bissau, Emi Bologna, 2006). Anch’io lo avevo conosciuto, avendo percorso con lui una parte del cammino nella stessa comunità regionale Pime in Guinea Bissau, pur essendo ciascuno di noi impegnato in una località differente, lui a Bafatá e io nelle isole Bijagós. Ho poi ritrovato padre Leopoldo a Monza nel 1990, quando sono stato richiamato in Italia dal superiore generale proprio per sostituire il confratello nell’incarico di padre spirituale nel seminario teologico e così permettergli di tornare in missione. Per attuare il suo sogno, aveva chiesto preghiere alle claustrali di vari monasteri da lui visitati e alla fine aveva ottenuto dai superiori il via libera. Sembrava infatti che, grazie alle cure, le sue condizioni di salute fossero migliorate, in relazione all’epatite virale contratta durante la prima esperienza missionaria in Guinea Bissau (1974-1978). I pochi mesi che ho vissuto con lui a Monza sono bastati per conoscerlo meglio e apprezzarne le qualità umane e la profondità spirituale.

In seguito anch’io, dopo un secondo periodo passato in missione, sono tornato in Italia, per assumere altri incarichi in obbedienza ai superiori. Era il 2008, quando Leopoldo era deceduto già da dodici anni. Avevo precedentemente letto la biografia scritta da padre Gheddo, nella quale citava alcuni brani del diario. Ho cercato allora e ricevuto da alcune amiche di Lodi una copia del testo originale. L’ho letto e riletto integralmente: mi ha profondamente colpito. Ho cominciato allora a pensare seriamente di dare alle stampe il diario stesso, ma al riguardo ho voluto prima sollecitare l’opinione di una persona esperta. Ho dato copia da leggere a monsignor Juan Esquerda Bifet, che conoscevo fin da quando era direttore del Centro internazionale di animazione missionaria (Ciam) da lui fondato. Dopo pochi giorni mi arriva una risposta sorprendente: vale la pena stampare il testo perché, secondo lui, «è paragonabile alla Storia di un’anima di santa Teresa di Gesù Bambino e ad alcuni scritti di santa Elisabetta della Trinità». Monsignor Bifet si dichiara inoltre disponibile a prepararne un commento, da inserire nel nuovo libro. Libro che è stato pubblicato, grazie anche alla collaborazione di padre Vito Del Prete, postulatore generale del Pime, e all’appoggio economico di due confratelli, che ringrazio di cuore.

Certo, ha ragione monsignor Bifet quando scrive in un suo messaggio: «Non è uno scritto per divertimento letterario, ma per impegnarsi spiritualmente e apostolicamente». Anch’io sono convinto che chiunque si cimenti nella lettura di questo scritto con calma, con la mente e il cuore sgombri da pregiudizi, ne ricaverà un gran bene. Si sentirà illuminato dalla testimonianza di un fratello che aveva le sue fragilità, i suoi difetti, i suoi momenti di smarrimento, ma che ha saputo trovare nell’amore appassionato a Cristo e nella dedizione totale a servizio dei fratelli il senso della propria vita. Che ha imparato a convivere con la sofferenza, come dimensione della testimonianza missionaria: «Soffro volentieri, perché il dolore mi converte a Dio e mi fa capire di più l’umanità che soffre».

 

IL LIBRO

Il ricavato della vendita del libro sarà devoluto al progetto di ristrutturazione e ampliamento del Centro di formazione per catechisti del villaggio di N’Loren/Mansoa, diocesi di Bissau, dove si educano famiglie e coppie affinché diano una testimonianza di vita cristiana, promuovano lo sviluppo economico e diventino leader nei propri villaggi d’origine (progetto K703).

Per richiedere il libro, rivolgersi a padre Giovanni Musi: musi.giovanni@pime.org (347.9570808, anche WhatsApp)

V. Del Prete, G. Musi (a cura) Tutto di Dio, tutto dei fratelli (edizioni Ocd, pp. 180, euro 12,00)