Sierra Leone, ritorno a scuola per le ragazze madri

Sierra Leone, ritorno a scuola per le ragazze madri

Cancellato il divieto imposto nel 2015, che discriminava le adolescenti incinte e mamme. Ma all’orizzonte c’è il rischio chiusura delle scuole per il Coronavirus

 

Si chiama Patience ed è una minorenne della Sierra Leone. Nel 2019 ha avuto un bambino. Non è raro nel suo Paese metter al mondo un figlio da adolescente: il 30 per cento delle ragazzine rimane incinta e il 40 per cento si sposa entro i 18 anni. Ma Patience era anche una brava studentessa, e dopo aver avuto il bambino voleva tornare a scuola. Del piccolo si sarebbe occupata la sorella. Quando si è recata nel suo istituto, Patience ha scoperto che il suo nome era stato cancellato dai registri e la segreteria non le avrebbe rilasciato alcun documento per potersi iscrivere altrove. «Mi hanno detto che ho sbagliato a restare incinta e non mi avrebbero permesso di tornare a studiare», ha raccontato lo scorso anno la ragazzina a un giornalista del Guardian. «Il padre 25enne di mio figlio ha continuato la sua vita di sempre. Solo io sono stata punita e lui no. Non è giusto».

La buona notizia è che Patience e le altre adolescenti come lei, incinte o già mamme, potranno finalmente tornare fra i banchi, se lo desiderano. Lunedì 30 marzo il presidente della Sierra Leone Julius Maada Bio e il suo ministro dell’Istruzione David Moinina Sengeh hanno eliminato la norma che dall’aprile 2015 impediva alle ragazze incinte o neomamme di studiare. In questo Paese dell’Africa occidentale, con una popolazione al 60 per cento musulmana e al 30 per cento cristiana, il divieto era stato imposto con l’obiettivo di proteggere le brave studentesse da influenze negative e dalla frequentazione di compagne con uno stile di vita non esemplare, secondo la moralità locale.

Peccato che questo divieto, altamente discriminatorio e lesivo dei diritti delle ragazze, fosse nato in seguito a un evento preciso. Nel 2014, il virus Ebola ha colpito la Sierra Leone provocando la chiusura delle scuole e oltre 3800 morti. Molte ragazzine in questo periodo si sono trovate abbandonate a se stesse, prive della protezione sociale dell’ambiente scolastico e a volte anche senza genitori o adulti di riferimento, falciati dall’epidemia. Molte di loro sono state vittime di violenza sessuale – una piaga in questo Paese africano – o hanno dovuto cedere il proprio corpo in cambio di cibo. Il risultato, secondo Amnesty International, è stato di 10 mila adolescenti incinte nel 2015 in Sierra Leone, un danno collaterale dell’epidemia di Ebola.

Da tempo varie organizzazioni femministe e per i diritti umani si stavano battendo per l’abolizione del divieto. Nel dicembre scorso, una sentenza della Corte della Comunità degli Stati dell’Africa Occidentale (Ecowas), pronunciata in Nigeria, ha riconosciuto la norma come discriminatoria e ha chiesto alla Sierra Leone di abrogarla. «Questa sentenza riconosce a ogni ragazza la possibilità di esprimere il suo potenziale e di ottenere un’istruzione», ha commentato Elin Martinez, ricercatrice senior di Human Rights Watch. «Il governo della Sierra Leone dovrebbe emanare direttive chiare per i dirigenti scolastici affinché accettino, includano e sostengano le studentesse incinte e le madri adolescenti a scuola». Il provvedimento del 30 marzo scorso va esattamente in questa direzione. Il governo attuale e il presidente, che è sposato con un’avvocatessa impegnata in tema di protezione delle donne dalla violenza sessuale, si sono mossi in modo corretto. Anche Amnesty International ha plaudito alla sentenza e alla cancellazione del divieto. Marta Colomer, responsabile campagne Africa occidentale e centrale, ha sottolineato che «è un messaggio chiaro ad altri governi africani che hanno divieti simili». Il riferimento è alla Tanzania e alla Guinea Equatoriale, ove alle ragazze incinte è impedito lo studio scolastico.

La gioia delle Ong che hanno chiesto a gran voce questo provvedimento in Sierra Leone è però offuscata da un ulteriore pericolo all’orizzonte. Il Coronavirus è arrivato anche in quest’angolo di Africa e le autorità hanno disposto tre giorni di blocco a partire da domenica 5 aprile. Se il contagio si allargherà, sarà necessario chiudere le scuole. C’è solo da augurarsi che le adolescenti più indifese non debbano rivivere quanto è avvenuto durante l’epidemia di Ebola.

 

Foto: Flickr/H6 Partners