Milano, capitale mondiale dei giornali di strada

Milano, capitale mondiale dei giornali di strada

Il capoluogo lombardo ospiterà dal 12 al 15 settembre il Global Summit della rete della stampa di strada, più di 100 testate presenti nei cinque continenti con 4,5 milioni di lettori

«È un momento cruciale per i giornali di strada di tutto il mondo. Un mondo che sta affrontando molteplici sfide e diverse forme di crisi. Avere un giornalismo di qualità, che sia affidabile e che parli a tutti sui temi decisivi per l’uomo e per il pianeta, è importante. I giornali di strada offrono un’opportunità per un cambio di vita a numerose persone». Mike Findlay, da poco più di due mesi, è il Ceo dell’International Network of Street Papers (Insp), la rete internazionale dei giornali di strada di tutto il mondo, della quale fa parte anche Scarp de’ tenis, lo streetmagazine e progetto sociale sostenuto da Caritas in Italia. Giornali che si preparano per l’appuntamento importante del Global Summit, che la pandemia ha cancellato negli ultimi tre anni, e che per la prima volta si svolgerà in Italia, a Milano, dal 12 al 15 settembre. Una rete di giornali capace di raggiungere quattro milioni e mezzo di lettori in tutto il mondo, che parlano 25 lingue diverse, distribuiti in 35 Paesi e che lavorano, tutti, con gli stessi obiettivi. Gli stessi che Findlay ci dice nel suo pensiero: fare informazione sociale su temi delicati e spesso scomodi e, allo stesso tempo, creare lavoro e reddito per persone senza dimora e persone in difficoltà.

Nata 27 anni fa, la rete dei giornali di strada unisce oggi più di 100 testate nei cinque continenti: dal Canada all’Argentina, dalla Corea all’Australia, dal Sudafrica alla Danimarca, passando ovviamente per l’Italia. Scarp de’ tenis ne fa parte ufficialmente dal 2015, insieme a un altro giornale italiano, Zebra, magazine bilingue (in italiano e tedesco) edito in Alto Adige. Non solo non c’è nessun tipo di concorrenza tra i diversi giornali, ma le buone prassi e i progetti che “funzionano” vengono presentati agli altri affinché ciascuno possa “copiarli”, adattandoli alla propria realtà sociale, che è sicuramente diversa di città in città e di Paese in Paese. Succede così che, grazie al network, i giornali si scambino notizie, reportage e persino gli scoop: se una notizia di The Big Issue Japan è interessante anche per i lettori di Chicago, StreetWise può decidere di tradurla sulle proprie pagine, o se Biss, il giornale di Monaco di Baviera, pubblica un reportage di impatto nazionale, gli altri venti colleghi tedeschi possono decidere di rilanciarlo.
È solo un esempio del potenziale che hanno i cosiddetti “giornali dei poveri”. Che, per tornare ai numeri, negli anni precedenti alla pandemia vendevano complessivamente 19 milioni e mezzo di copie. E che dal 1989 a oggi hanno dato lavoro ad almeno 300 mila senza dimora o emarginati, di cui quasi 9 mila sono oggi in attività nelle strade del mondo.

Vero, la pandemia ha messo a dura prova sia i venditori che gli stessi giornali di strada, che sono stati costretti a sospendere la loro distribuzione in periodi diversi. Oggi, però, si intravedono orizzonti meno cupi. E i venditori sono tornati, con le loro pettorine, sulle strade di tutto il mondo. Come Jorge de Mendoza, conosciuto come “El Colo”: ha avuto un’esistenza difficile, ma la sua vita è cambiata quando la sua strada si è incrociata con Hecho en Bs As, il giornale di strada della capitale argentina Buenos Aires. O come Brian, che vive a Denver Voice, in Colorado, e dice: «Fare questo lavoro ti permette di far parte della società. Quando sei un senzatetto, ne sei escluso». Enkete, che ha 68 anni e vive a Helsinki, è un immigrato dal Congo: nel suo Paese era un docente di filosofia, ora vende Iso Numero. «Per me – dice – la rivista significa sivistys, che in finlandese vuol dire acquisire saggezza. Sto cercando di imparare anche la lingua. È importante, devo sapere cosa c’è scritto sulla rivista, quali sono le storie che racconta». Mentre per Clovis, che ha 55 anni e vende Aurora da Rua a Salvador in Brasile, «il giornale di strada è sicurezza e sobrietà. Mi permette di vivere una vita dignitosa lontana dall’alcol». È un progetto straordinario quello del Brasile, voluto da Henrique, un pellegrino francese, che ne ha fatto uno strumento di emancipazione nella sua comunità oltreoceano.

Così come sono straordinarie molte delle storie che stanno all’origine dei numerosi giornali di strada che oggi vengono pubblicati in giro per il mondo. Il primo risale al 1989 grazie all’iniziativa di Hutchinsos Persons, un musicista rock dell’Ohio, che pensò di organizzare un concerto a favore degli emarginati. L’idea non si concretizzò, ma il musicista trovò un’alternativa: sarebbero stati gli stessi poveri di New York a far sentire la loro voce attraverso le pagine di un giornale venduto per le strade della città, intascandone i proventi. Nasceva così Street News, il primo giornale di strada della storia.
Meno di due anni dopo, a Londra, sullo stesso modello, debuttò The Big Issue, primo giornale di strada europeo e oggi probabilmente l’esperienza imprenditoriale più grande e famosa. E se Street News non esiste più, The Big Issue è diventato, invece, uno dei più diffusi giornali del Regno Unito, al pari di quelli tradizionali venduti in edicola. Pubblicato con cadenza settimanale, ha spesso in copertina interviste a personaggi famosi, dai principi William e Harry al Dalai Lama, da attori come Daniel Radcliff (l’Harry Potter dei film) a musicisti come George Michael. Un giornale, rispetto ad altri, meno militante e più pop, ma che riesce a vendere migliaia di copie. E a stare decisamente al passo coi tempi, perché i venditori sono stati i primi – già qualche anno fa – ad accettare i pagamenti con bancomat o carta di credito. Ma non è l’unico a portare avanti progetti che guardano al futuro: c’è l’esperienza di Hus Forbi, in Danimarca, un Paese dove ormai i pagamenti in contanti sono quasi del tutto scomparsi. Grazie a un accordo con la Danske Bank si è studiato un modo per permettere ai venditori che non hanno un conto in banca di accettare comunque i pagamenti non in contanti attraverso il telefonino. Oggi sono in 500 a poter garantire questo servizio ai loro clienti.

Va, invece, in un’altra direzione l’esperimento di The Big Issue Korea e dell’omonimo The Big Issue Japan che, attraverso una collaborazione con il gigante della tecnologia coreano LG, hanno implementato un sistema automatico per rispondere sui social network a tutte le richieste di informazioni del pubblico. Tecnologico anche il futuro di Megaphone, il giornale di strada di Vancouver e Victoria, in Canada, che ha implementato un’app che permette ai clienti di localizzare la posizione dei venditori su una mappa e, una volta raggiunti, di pagare attraverso la stessa applicazione la copia acquistata. MM


Nelle strade d’Italia. e pure in Vaticano

Non è stato l’unico, il barbun di Jannacci in scarpe da tennis a essere celebrato dai cantautori italiani. Ce n’era un altro famoso: quello di Lucio Dalla che dormiva sotto le stelle a Bologna. E quindi non è un caso che proprio Piazza Grande sia il nome del giornale di strada della città emiliana, nato nel 1993. Il primo in Italia. L’anno dopo fu la volta di Milano, con Terre di Mezzo e Scarp de’ tenis. Da allora molte città hanno avuto il loro giornale di strada. Alcuni sono scomparsi, altri resistono, come Fuori binario a Firenze o Zebra a Bressanone. E ne nascono anche di nuovi. Lo scorso 29 giugno, infatti, ha fatto il suo debutto L’Osservatore di strada, distribuito in piazza San Pietro dai senza fissa dimora: un mensile realizzato dal dicastero vaticano della Comunicazione.