Una Casa della carità per gli ultimi di Kampot

Una Casa della carità per gli ultimi di Kampot

Inaugurata la struttura dove ha sede un Centro diurno per i disabili: «Frutto del Giubileo della misericordia», dice padre Gianluca Tavola del Pime. E, come la nuova chiesa di Sant’Agostino, segno di maturità di una piccola comunità cresciuta dove vent’anni fa non c’erano cattolici

L’hanno immaginata come un frutto del Giubileo della misericordia. E già da un anno aveva aperto le porte ai primi ragazzi. Adesso – con l’inaugurazione ufficiale avvenuta il 3 luglio scorso – è anche attiva a pieno regime la Casa della carità di Chumkirì, nella provincia di Kampot, nel Sud della Cambogia. Alla cerimonia la Fondazione Pime ha voluto essere presente personalmente con il nostro direttore padre Mario Ghezzi e alcuni colleghi dell’area sostegno missioni: questa struttura, infatti, è una delle opere realizzate con i fondi del 5×1000 destinati al Pime da tanti amici e benefattori e che si sono trasformati in una speranza per le famiglie con ragazzi disabili in una zona dove per loro non c’era nulla.
«La nostra comunità ha accolto la sfida di iniziare qualcosa di nuovo», racconta padre Gianluca Tavola, missionario del Pime a Kampot dal 2009 e che presto si trasferirà in una nuova missione a Sihanoukville, lasciando qui il testimone a padre Giovanni Tulino, anche lui missionario del Pime. «A Chumkirì abbiamo sempre assistito tante persone inferme attraverso l’Opera diocesana per gli ammalati. Abbiamo la scuola materna. Da alcuni anni, poi, i missionari di Maryknoll avevano già avviato un’attività d’aiuto specifica per i disabili mentali. Ora con la Casa della carità possiamo accogliere qui ragazzi con disabilità fisica o mentale, in un vero e proprio centro diurno».

Gli ospiti arrivano alla mattina, fanno colazione e poi iniziano le attività educative e la fisioterapia insieme a uno staff che si è appositamente formato in questo anno. Dopo il pranzo e il riposo la giornata continua insieme. Tra le strutture a disposizione anche una “sensory room”, preziosissima per aiutare chi ha maggiori difficoltà.
Molto importante anche l’attività ambulatoriale: «Ogni settimana vengono un infermiere e un medico per visitare chi ha bisogno – racconta ancora padre Tavola -. Nei casi più gravi gli ammalati vengono inviati a Phnom Penh, che si trova a circa 100 chilometri di distanza, per essere assistiti dal programma diocesano. Quanto all’attività per la salute mentale portata avanti dai missionari di Maryknoll, l’assistenza di tipo farmacologico si intreccia spesso anche a un sostegno economico. Offrire la possibilità di allevare una mucca o aprire un piccolo negozietto spesso è parte della terapia, perché molti problemi psicologici e tensioni sono alimentati dalla povertà».
La Casa della carità non è stata, però, l’unica realtà nuova a essere inaugurata in questi ultimi mesi a Kampot. Il mese prima, il 4 giugno, la comunità aveva vissuto l’evento della consacrazione della chiesa di Sant’Agostino, la prima nata come edificio a sé stante in questa città dove appena vent’anni fa non c’era nemmeno un cattolico.
Alla vigilia della Pentecoste è stato monsignor Olivier Schmitthaeusler, vicario apostolico di Phnom Penh, a presiedere il rito. In un posto che conosce bene: all’inizio degli anni Duemila fu proprio lui, come missionario delle Missions Extrangères de Paris, a stabilirsi insieme a un altro sacerdote del vicariato in una casa di Kampot trasformatasi presto in un ostello per accogliere i ragazzi che dalla provincia di Kep arrivavano in città per studiare.
«La chiesa di Sant’Agostino oggi è in grado di ospitare non più di 150 fedeli. Ma è un segno di maturità – racconta padre Tavola -. La sua presenza fisica è un modo per dire a tutti: siamo una comunità piccola, giovane, ma ci siamo anche noi».
La Cambogia è un Paese a grande maggioranza buddhista: sui 600 mila abitanti del “settore pastorale” di Kampot – uno dei 9 del vicariato apostolico di Phnom Penh – i cattolici oggi sono poco più di 300. Un piccolo seme, ma che sta germogliando in un’area in trasformazione. La chiesa di Sant’Agostino – «giovane convertito come tanti dei nostri cristiani», commenta padre Tavola – diventerà il cuore di tutto ciò che ruota intorno alla comunità, compresa la scuola materna ed elementare frequentata da ben 200 ragazzi, nella stragrande maggioranza provenienti da famiglie non cristiane. Ma c’è anche un altro fatto interessante da sottolineare: «Insieme al piccolo gruppo dei cristiani khmer – racconta padre Tavola – alla domenica a Messa da noi vengono tre famiglie di cattolici vietnamiti giunte qui per lavorare. Se i nostri khmer sono persone in gran parte giovani, approdate alla fede in anni recenti, il gruppo dei vietnamiti ha invece alle spalle una fede più solida. Visti insieme sono più o meno lo stesso numero e – nonostante le ferite della storia recente – sono ben disposti gli uni verso gli altri, si aiutano volentieri. È un segno bello per tutti». MM