Bangladesh, due lavoratori della pelle su tre hanno problemi di salute

Bangladesh, due lavoratori della pelle su tre hanno problemi di salute

Mal di testa, bruciature, allergie, dolori alle mani, alle gambe, alle ginocchia e alla schiena: questi i disturbi denunciati dal 61% degli intervistati nelle fabbriche del distretto di Savar, dove si produce anche per le grandi marche della moda

 

Le condizioni dei lavoratori impiegati nel settore della lavorazione della pelle in Bangladesh non accennano a migliorare nonostante i provvedimenti presi dal governo. Anzi, secondo un recente studio, circa il 61% degli occupati nel distretto industriale di Savar, vicino alla capitale Dacca, deve far fronte a problemi di salute e/o di sicurezza collegati alle condizioni lavorative.

Tra questi, i problemi di salute riscontrati sono: mal di testa, bruciature, allergie, dolori alle mani, alle gambe, alle ginocchia e alla schiena. Lo studio si è basato su interviste fatte a 105 lavoratori provenienti da varie industrie del distretto e ha additato come principali cause l’esalazione di agenti chimici tossici, l’emissione di gas nocivi, l’illuminazione inadeguata, l’eccessiva polvere e rumore e un ambiente sostanzialmente troppo inquinato.

Come ha dichiarato Abul Kalam Azad, presidente della Bangladesh Tannery Workers Union all’agenzia UcaNews “questi problemi non sono affatto nuovi”. Da anni le condizioni di salute dei lavoratori vengono trascurate a favore della logica di grossi profitti da parte delle industrie. “I lavoratori sono quasi analfabeti e non possiedono altre capacità lavorative, per questo preferiscono mantenere il lavoro anche se devono affrontare condizioni lavorative che mettono a repentaglio la loro stessa vita”, ha poi aggiunto Azad.

Anche secondo la Chiesa locale i lavoratori continuano a operare in condizioni di salute troppo precarie, nonostante siano già presenti corpi regolatori in ogni industria. Secondo padre Liton H. Gomes, segretario della Commissione giustizia e pace dei vescovi cattolici, il settore della pelle è molto importante nel Paese ma ha bisogno di un maggior monitoraggio da parte del governo affinché possa conquistare una buona immagine anche all’estero. Shaheen Ahmed, invece, capo della Bangladesh Tanners Association (il maggiore ente commerciale del Paese), sostiene che lo studio sia esagerato, e che le condizioni dei lavoratori siano in realtà migliorate molto da quando il Leather Industrial Estate si è trasferito nella zona di Savar.

Il distretto industriale infatti, che oggi raggruppa circa 155 concerie impegnate nell’esportazione di pelli lavorate e calzature, non si è sempre trovato a Savar. In precedenza era a Hazaribagh, un’area che si piazza a metà nella triste classifica dei posti più tossici del pianeta. Secondo un rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità, i lavoratori erano destinati a morire prima dei 50 anni per le precarie condizioni di vita, a loro volta causate dalle esalazioni di agenti chimici altamente nocivi per l’uomo.

Grazie alle pressioni di vari attori, tra cui l’UNIDO (l’agenzia ONU che si occupa dello sviluppo industriale) e la Commissione europea, la Corte suprema del Bangladesh ha emesso una sentenza con la quale ha imposto l’immediato trasferimento del distretto industriale. Lo spostamento, però, ha incontrato le resistenze dei proprietari delle concerie, al punto che ad aprile dello scorso anno il governo ha dovuto impedire il passaggio della corrente elettrica per costringere le industrie a trasferirsi e adempiere agli obblighi della sentenza.

Il miglioramento delle condizioni ambientali e quindi di salute dei lavoratori a sua volta avrebbe dovuto facilitare l’investimento di capitali stranieri e l’aumento delle esportazioni, anche grazie alle nuove opportunità create dalla guerra commerciale tra USA e Cina. Infatti, mentre alle pelli cinesi viene imposto un dazio al loro ingresso negli Stati Uniti, i prodotti provenienti da altri Paesi asiatici non soffrono di questa discriminazione.

Tuttavia, se le industrie si ostinano a non rispettare gli standard ambientali e di sicurezza sul lavoro, incontrano poi maggiori difficoltà nel vendere i loro prodotti sul mercato globale. È così che, nonostante il trasferimento a Savar, il settore della pelle ha comunque visto un calo delle esportazioni. Secondo i dati dell’agenzia governativa che monitora l’export del Bangladesh, il guadagno per il periodo 2017-18 è stato di poco più di un miliardo di dollari, mentre era di 1,23 miliardi nel 2016-17.

Ad oggi, i maggiori importatori di pelli dal Bangladesh sono altri Paesi asiatici: Corea del Sud, Hong Kong e Cina. In Europa i compratori principali sono invece Italia, Spagna e Portogallo. Qui le pelli vengono utilizzate dalle aziende di alta moda, come Michael Kors, Coach, Burberry, Louis Vuitton e Hugo Boss.