L’ultima misura anti-rifugiati dell’Australia: sequestrare anche il telefono

L’ultima misura anti-rifugiati dell’Australia: sequestrare anche il telefono

Approvato dalla Camera bassa del Parlamento un disegno di legge che darebbe la possibilità alle guardie dei centri di detenzione di requisire anche i cellulari. La protesta di un richiedente asilo tamil, da sette anni in uno di questi centri: «Per favore, trattateci da esseri umani»

 

Nella guerra senza quartiere dell’Australia ai flussi migratori nel mirino adesso entrano anche i telefoni cellulari. Un nuovo disegno di legge presentato dal governo australiano prevede di emendare la legislazione sui migranti dando all’Australian Border Force (la polizia di frontiera) la facoltà di sequestrare alcuni tipi di oggetti tra cui anche telefoni cellulari e schede Sim. Il provvedimento è già stato approvato dalla Camera bassa del Parlamento australiano e andrà ora in discussione al Senato.

Il ministro dell’immigrazione Alan Tudge – di fronte alle critiche di chi parla di una misura destinata a minare ulteriormente la salute psichica di tanti richiedenti asilo che si trovano rinchiusi da anni in centri di detenzione – ha risposto dicendo che non si tratterà di una misura indiscriminata, ma è mirata a prevenire reati come il terrorismo o la diffusione di materiale pedopornografico. Ma le associazioni per i diritti umani hanno risposto sostenendo che i margini di discrezionalità contenuti nel provvedimento sono tali da rendere poco credibili queste rassicurazioni.

Grande preoccupazione viene espressa anche dalle realtà cattoliche in prima linea per la difesa dei diritti dei richiedenti asilo. Il Catholic Leader, il settimanale dell’arcidiocesi di Brisbane ha dato voce all’appello di Raj, un ex imprenditore tamil esule dallo Sri Lanka che da sette anni si trova in un centro di detenzione, da qualche mese trasferito a Brisbane dopo ben sei anni di isolamento in Papua Nuova Guinea.

«Per favore, siamo anche noi esseri umani – protesta Raj -. Per favore, considerateci e trattateci da esseri umani. Non siamo criminali, non siamo terroristi. Uso il telefono per parlare con la mia famiglia e qualche volta per guardare un film o qualcos’altro; perché volete portarmelo via? Se non potremo utilizzare i nostri telefoni nei centri di detenzione diventeremo tutti più malati, aumenteranno i nostri problemi psichici».

«Se l’Australia non ha niente di cui vergognarsi riguardo a quanto succede nei suoi centri di detenzione – aggiunge Rebecca Lim, un’attivista impegnata a Brisbane per i diritti dei richiedenti asilo – perché ha così paura di permettere loro di utilizzare i propri telefoni cellulari? È solo un altro modo per punirli, per togliere loro l’ultimo brandello di umanità rimasto: la possibilità di chiamare le proprie famiglie, i loro amici, di entrare in relazione con il mondo esterno e utilizzare i social media per raccontare quanto sta loro succedendo».