L’Ecuador volta pagina, ma le ferite restano

L’Ecuador volta pagina, ma le ferite restano

Qualche giorno fa Guillermo Lasso è diventato il nuovo presidente dell’Ecuador. L’elezione del liberale conservatore fa sperare in una ripresa del Paese, dove la pandemia ha registrato oltre 17mila morti. La testimonianza di suor Elena Salvi, delle Piccole Apostole della Scuola Cristiana a Quito: «Ci auguriamo che il Paese possa davvero rialzarsi»

 

L’Ecuador rallenta la svolta a sinistra della politica sudamericana, incrementata negli ultimi anni dalle vittorie di Alberto Fernández in Argentina, nel 2019 e di Luis Arce in Bolivia, nel 2020. Il nuovo presidente dell’Ecuador, eletto domenica 11 aprile, è Guillermo Lasso, 65 anni, di orientamento liberale e conservatore: ex banchiere, è il leader del partito Creo (Creando Oportunidades) e membro dell’Opus Dei.

«Lasso ha dichiarato di volersi assumere la responsabilità di cambiare il Paese: ci auguriamo possa mantenere questa promessa, dando un nuovo volto all’Ecuador – commenta suor Elena Salvi, 78 anni, missionaria delle Piccole Apostole della Scuola Cristiana a Quito -. Le difficoltà non mancano, dal momento che la pandemia ha contribuito a peggiorare i problemi legati a delinquenza, violenza, povertà, malnutrizione, disoccupazione, corruzione e droga».

Con oltre il 52% delle preferenze, Lasso ha vinto il ballottaggio contro il candidato di sinistra, Andrés Arauz (circa il 47 % dei voti), che era sostenuto da Rafael Correa, ex presidente dell’Ecuador, al potere dal 2007 al 2017. Lasso entrerà in carica a partire dal prossimo 24 maggio: sostituirà il socialdemocratico Lenìn Moreno, in carica dal 2017. La vittoria di Lasso ha coinciso con una sostanziale sconfitta del «correísmo», ovvero la corrente politica promossa da Rafael Correa, che, condannato ad otto anni di carcere per corruzione, ora vive in Belgio.

«I primi quattro anni di Correa erano stati di buon governo: si era preoccupato dell’istruzione e della salute. Poi, però, ha gradualmente ritirato questi provvedimenti e la situazione è peggiorata – prosegue suor Elena, bergamasca della Valle Imagna, in Ecuador dal 1999 -. La corruzione e la violenza sono cresciute, così come il traffico di droga, mentre la libertà di stampa è stata limitata. Recentemente c’è stata una rivolta nelle carceri, che ha portato alla morte di oltre 50 detenuti».

Dopo aver speso parte della sua missione ad Esmeraldas, sulla costa del Pacifico (1999-2014), e nelle comunità indigene della cordigliera a Riobamaba (2014-2020), suor Elena opera da un anno nella periferia nord-occidentale di Quito, dove le Piccole Apostole sono presenti dal 1995.

«Siamo cinque suore e ci dividiamo tra il nostro Centro socio-pastorale e la chiesa dell’Assunzione. Il barrio di La Roldós II Etapa ha strutture insufficienti e le condizioni igieniche del quartiere sono precarie. Tra le iniziative che abbiamo avviato a favore dei bisogni della popolazione locale, ci sono la mensa popolare, il doposcuola per i bambini, il corso di alfabetizzazione per gli adulti e la riabilitazione per gli anziani infermi».

La pandemia ha rallentato le attività apostoliche, formative e caritative delle Piccole Apostole, ma non le ha fermate. «La gente non può venire alla mensa perché si creerebbero assembramenti. Così ci siamo attivate per sostenere le famiglie in difficoltà: ogni settimana distribuiamo una media di 150 borse contenenti generi di prima necessità. E proseguiamo anche nell’appoggio agli anziani: non percependo la pensione, sono abbandonati a loro stessi e faticano ad andare avanti. Molte persone vivono di un lavoro informale. Hanno bisogno di uscire di casa per guadagnare quei due dollari quotidiani. E l’hanno fatto anche l’anno scorso, quando era in vigore il lockdown».

L’Ecuador è il sesto Paese dell’America Meridionale per numero di contagiati e morti: oltre 355 mila casi di positività e più di 17 mila decessi. «La pandemia ci sta provando duramente. E si fatica a gestirla. Nel corso dell’ultimo anno sono stati cambiati tre ministri della Salute. Gli ospedali sono saturi e alcuni pazienti vengono addirittura messi per terra. Ricordo che durante la prima ondata, la gente moriva per strada. Ora la situazione è ancora grave, vista la pericolosità della contagiosa variante brasiliana. Mascherine e distanziamento sono accorgimenti obbligatori. Il coprifuoco è ancora in atto, seppur accorciato, mentre il lockdown è stato tolto. Il vaccino è arrivato, ma solo l’1% della popolazione ha avuto entrambe le dosi. Ci auguriamo che con l’avvento di Lasso il Paese possa rialzarsi».

Foto: Flickr.com