Con gli orfani e le vedove della guerra di Duterte

Con gli orfani e le vedove della guerra di Duterte

In una parrocchia di Quezon, nella grande periferia di Manila, un’associazione attraverso un laboratorio di sartoria prova a ridare dignità alle mogli e ai figli delle centinaia di persone uccise nella controversa «guerra alla droga» portata avanti dal presidente filippino

 

«Non affliggerete la vedova, né l’orfano. Se in qualche modo li affliggi, ed essi gridano a me, io udrò senza dubbio il loro grido» (Esodo 22,22-23). Da sempre la Scrittura invita a un’attenzione particolare verso gli orfani e le vedove. Ma  nel contesto delle Filippine di oggi, dove in nome della lotta alla droga è stata data alle forze dell’ordine licenza di uccidere tossicodipendenti e piccoli spacciatori, queste parole valgono anche per le loro mogli e i loro figli?

È la domanda a cui prova a dare una risposta Solidarity with Orphans and Widows, un’iniziativa promossa dai religiosi Vincenziani a Quezon City, in una delle periferie di Manila più colpite dai raid giustizialisti che in tre anni hanno già fatto migliaia di vittime. Come racconta l’agenzia UcaNews tutto è nato dall’incontro concreto con le donne che si presentavano per i funerali di un marito o di un fratello. Quasi sempre persone povere, finite a spacciare semplicemente per sbarcare il lunario. «Ci parlavano del loro trauma, della rabbia per quel tipo di morte, delle loro paure – racconta padre Danny Pilario -. Ma il primo problema restava sempre lo stesso: dare da mangiare ai propri figli». Come farsi dunque carico davvero di queste morti?

È nata da qui l’idea del laboratorio di sartoria di Solidarity with Orphans and Widows. Queste donne a Quezon City vengono avviate al lavoro e la loro è diventata un’attività che sta crescendo: guadagnano cinque dollari al giorno, ma soprattutto grazie a questo progetto hanno ritrovato quella dignità che la guerra alla droga di Duterte non riconosce a queste famiglie, abbandonate a se stesse. «Hanno trovato una comunità e una famiglia», commenta padre Pilario. In un contesto dove anche con i bambini si prova ad affrontare il trauma di quel papà che non c’è più. E la cui vita nessuno sbaglio rendeva meritevole di essere soppressa.

Un luogo per ricominciare, dunque. Ma anche per mostrare quanto più efficace potrebbe essere la lotta alla droga se mettesse davvero al centro le persone. Anche nelle baraccopoli più povere delle Filippine.