Una seconda possibilità per gli studenti birmani

Una seconda possibilità per gli studenti birmani

Nonostante la chiusura delle scuole, molti giovani hanno potuto continuare gli studi grazie a New Humanity

I sogni di molti giovani birmani si sono infranti con il colpo di Stato militare e lo scoppio della guerra civile. Molte scuole hanno chiuso, prima a causa della pandemia e poi perché diversi insegnanti hanno scioperato contro la giunta golpista. Schedati dai militari, oggi non possono tornare in aula a fare il loro lavoro perché verrebbero arrestati.

Eppure May Thet Khine, 17 anni, originaria di Yangon, è riuscita non solo a terminare il ciclo scolastico, ma anche a diventare lei stessa insegnante grazie al sostegno dell’ong New Humanity International. «La mia famiglia è povera e facciamo fatica con le cose di tutti i giorni, ma lavoriamo duramente per stare in piedi», ha detto la giovane, che oggi vive a Dala, una periferia dell’ex capitale. «Volevo diventare insegnante da quando avevo sette anni, ma ho abbandonato il mio sogno perché dopo il colpo di Stato le scuole sono state chiuse e non è stato più possibile frequentare le lezioni. Non riuscivo più a immaginare il mio futuro», ha continuato May. Le cose per lei sono cambiate radicalmente quando è venuta a conoscenza del Community College Dayamit, sostenuto da New Humanity e diretto dal padre del Pime Barnabas Arockiasamy, originario dell’India e pioniere della missione in Myanmar, dove risiede dal 2014. «Tutti gli insegnanti sono ben qualificati, simpatici e gentili con i giovani. Prima di venire al Dayamit io non sapevo nemmeno come usare il computer», spiega ancora la ragazza.
Il Community College sorge in una zona della città che è più simile a un sobborgo di campagna che a una periferia. «Ammiro il personale di New Humanity e il suo progetto nel nostro quartiere, Thamada kanchay, perché Dala è un posto scomodo e tutte le altre organizzazioni cercherebbero un luogo dove ci siano acqua potabile, elettricità e buone strade, ma questo non è lo spirito del Dayamit, che al contrario affianca i ragazzi che sono stati colpiti dalla situazione attuale del Paese».

Padre Barnabas aveva deciso di fondare la scuola dopo che molti residenti di Dala erano rimasti senza lavoro durante la pandemia. A scuola i giovani possono acquisire conoscenze spendibili nel mondo del lavoro, come la lingua inglese, la contabilità o l’utilizzo del computer. «Ora sono un’insegnante di inglese, ho trovato lavoro presso il Centro missionario coreano e mi è stato chiesto di frequentare un corso di formazione per docenti. Non so come esprimere la mia gratitudine a New Humanity per questa opportunità. Ricevo uno stipendio, posso aiutare mia madre e la famiglia, posso provvedere a me stessa da sola».

May Thet Khine non è l’unica che ha potuto continuare a studiare nonostante nel Paese imperversi da quasi tre anni un brutale conflitto civile. Soe Win (nome di fantasia), anche lui diciassettenne, dopo aver cercato di raggiungere il confine, è finito per un malinteso nel riformatorio giovanile di Yangon, un’altra delle tante sedi in cui opera New Humanity. Originario del Rakhine, lo Stato che occupa la parte occidentale del Paese, ha sempre avuto l’ambizione di continuare gli studi: «Grazie allo stipendio di mio papà, che fa il carpentiere, e al mio entusiasmo, ho completato il percorso di studi fino al settimo grado nel Rakhine. Il mio villaggio però è lontano dalla città e in questo periodo non posso accedere a un’educazione superiore a causa dei conflitti», spiega il giovane. Nel maggio 2022 è quindi partito in barca per la Thailandia con alcuni amici, ma senza arrivare a destinazione: «Nonostante avessimo preparato le razioni di cibo per il viaggio, sono finite prima del previsto. A causa della fame e di altre sfortunate vicissitudini, abbiamo attraccato nella municipalità di Ayeyarwaddy. Non avendo cibo né un alloggio abbiamo cercato aiuto nelle case dei villaggi vicini ma, a causa della barriera linguistica, quando alcuni abitanti locali ci hanno visto hanno chiamato la polizia». Condotti al riformatorio per ragazzi di Nghat Aw San, Soe Win e i compagni di viaggio non potevano uscire dai dormitori se non per i pasti.

Solo grazie al programma educativo informale gestito da New Humanity il giovane ha potuto continuare la tanto cercata formazione: «Sono molto stimolato ad apprendere con modalità diverse rispetto a quelle a cui ero abituato e ora abbiamo avuto l’opportunità di prendere parte alle attività all’aperto. Gli insegnanti sono gentili e premurosi, abbiamo avuto la possibilità di migliorare in matematica, birmano e inglese, ma anche di studiare cultura e comunicazione e di imparare a comportarci bene». Non si sa quando Soe Win potrà essere liberato. Ma nel frattempo, nella speranza di un futuro migliore, lui e gli altri giovani birmani si stanno preparando