L’islam delle convertite

L’islam delle convertite

La vicenda di Silvia Romano ha riacceso i riflettori sul tema delle conversioni all’islam. Un libro della giornalista francese Virginie Riva indaga le storie di undici donne francesi che hanno lasciato la loro cultura e religione per abbracciare l’Islam. Un volume che ha il pregio di non banalizzare un tema delicato

 

Sono giovani donne come tante. Lavorano nel sociale o hanno fatto carriera in azienda, svolgono attività imprenditoriali o hanno un lavoro dipendente. Provengono da contesti differenti, ma tutte hanno avuto l’opportunità di frequentare una scuola superiore e spesso anche l’università. Le undici figure femminili che la giornalista Virginie Riva presenta nel libro Convertite (pubblicato in Italia da Edizioni Ets) sono di nazionalità francese. Ad accomunarle, una scelta peculiare: a un certo punto della loro vita, si sono avvicinate al mondo musulmano e hanno finito per abbracciare la religione islamica.

In Francia come in Italia, l’islam è ormai la seconda religione per numero di fedeli. I musulmani in Europa sono quasi 26 milioni (4,9 per cento della popolazione). Anche nel nostro Paese la percentuale è praticamente la stessa, con 2,8 milioni di persone. Sono numeri cresciuti rapidamente soprattutto in virtù dell’immigrazione. Il numero degli italiani come dei francesi convertiti è esiguo e difficilmente quantificabile. Certo però è che ci sono anche donne occidentali che hanno fatto questa scelta ed è importante non confonderle con l’ondata di europee – musulmane di seconda generazione o anche occidentali – che alcuni anni fa ha aderito all’Isis, scegliendo di fare la sposa di un jihadista.

Le donne di cui parla Riva non hanno nulla da spartire con fanatismi e guerre sante. Il loro percorso aiuta a capire come matura la decisione di cambiare religione e che cosa cerca una ragazza di oggi, cresciuta in un contesto sociale e culturale così diverso, nel Corano. L’autrice le ha incontrate tra il 2012 e il 2014. Nel libro vengono citate con nomi di fantasia, per proteggere la loro identità. Ma ciò che conta, e rende interessante un libro come Convertite, è conoscere la loro storia.

La prima cosa che colpisce un lettore non esperto di Islam è la facilità di conversione. Bastano pochi minuti per recitare la shahada – il riconoscimento di Allah come unico Dio e di Maometto come il suo profeta – per entrare a pieno diritto nella umma, la comunità dei credenti. Si può farlo nella propria stanza da soli o a casa di amici, mentre è necessario ripeterlo in moschea alla presenza di testimoni solo se si vuole un certificato di conversione. In alcuni casi, una donna occidentale innamorata di un musulmano lo fa per potersi avvicinare al futuro marito e alla sua famiglia. In realtà, come ricorda l’autrice, non sarebbe così importante ai fini matrimoniali: una cristiana è libera di sposare un musulmano senza convertirsi.

A parte qualche caso, come Soizic e Claire, entrambe figlie di un marocchino e di una francese, per le donne intervistate la conversione non è un ritorno alle proprie radici. Colpisce invece che molte di loro provengano da famiglie cattoliche, più o meno praticanti, e che nel corso della loro infanzia e adolescenza abbiano ricevuto un’educazione cristiana. Poi, a un certo punto, qualcosa non ha funzionato. Qualcuna si è scontrata con un dogma di difficile comprensione, come quello della Trinità, o si è allontanata per motivi personali dalla Chiesa. E nel corso di una ricerca spirituale, ha trovato una risposta più semplice nell’islam. Per qualcuna la conversione va legata all’esperienza della morte. Per esempio Sabine – poi diventata Chayma – ha una crisi religiosa quando a 17 anni perde la mamma. Cerca la fede confrontandosi con un prete cattolico, un rabbino e un imam. Ed è quest’ultimo a convincerla. Anche Perrine, giornalista, si avvicina all’Islam durante l’università dopo la morte della nonna. La sua storia, tra l’altro, è tra le più insolite: si converte da sola e il compagno a cui si lega in seguito è un convertito come lei, un ex cattolico proveniente dal Benin. In altre storie, è l’amicizia e la vicinanza con altre ragazze musulmane – magari compagne di studi – a esercitare un ruolo chiave. È un elemento di cui tenere conto, visto il carattere sempre più multiculturale anche della società italiana.

In tutte le interviste è presente la tematica del velo. Molte di queste francesi convertite si scagliano contro la legge del 2004, che impedisce la possibilità di coprire il capo in vari contesti, scuole incluse, in nome della laicità dello Stato francese. Irène, però, sceglie di non portare comunque il velo «perché in Europa le donne hanno bisogno di lavorare e devono difendersi da possibili aggressioni che potrebbero subire in quanto velate».

Inserirsi in un contesto religioso nuovo non è sempre facile: le convertite narrano di essersi sentite sole. Ma lo scoglio principale è l’accettazione della propria scelta da parte della famiglia d’origine. Assia, per esempio, racconta di suo padre: «Mi dice che mi ha educata da donna libera e non capisce perché mi sono convertita all’islam che per lui è il contrario della libertà». Ma ci sono anche genitori come il padre di Sabine Chayma, che cerca di far ragionare la figlia quando, dopo la conversione, vive una fase di fanatismo. Il ruolo del genitore sarà fondamentale per aiutare la figlia a non radicalizzarsi. E c’è poi Delphine che, quando diventa musulmana, riceve dalla nonna in regalo il libro Mai senza mia figlia di Betty Mahmoody, un bestseller degli anni Novanta che racconta la fuga di una donna americana dall’Iran per portare in salvo se stessa e la figlia da un marito amorevole che si tramuta in un orco. Le famiglie, pur non osteggiando apertamente la scelta delle figlie, spesso le mettono in guardia dai rischi del matrimonio con un musulmano.

Le storie di queste donne ci mettono di fronte alle mille difficoltà di chi cerca di vivere in bilico fra due identità e due mondi religiosi e culturali così diversi. Virginie Riva affronta questo tema estremamente delicato con grande equilibrio, lasciando la parola alle intervistate e il giudizio finale al lettore.