Se Gesù fosse coreano

Se Gesù fosse coreano

IL BELLO DELLA FEDE
Le opere a tema cristiano di Kim Ki-chang costituiscono un unicum. Per la prima volta offrono una raffigurazione del Vangelo in una veste culturale coreana

 

La pittura religiosa dell’artista coreano Kim Ki-chang (1914-2001) è colma di silenzio e pervasa da una sorta di sollievo dal mondo. Attraverso sottili linee nere di inchiostro e colori pastello, che danno corpo alla figura di Gesù e agli eventi principali della sua vita, essa regala una visione assolutamente personale della fede e fa propria la speranza che il dolore, sia individuale sia collettivo, abbia un senso.

Completamente sordo e in parte muto dall’età di otto anni per una febbre tifoidea, Kim Ki-chang ha dovuto confrontarsi fin da bambino con la solitudine e l’emarginazione, nell’ambito di una società tradizionalmente chiusa e diffidente verso le disabilità fisiche. Grazie alla madre e alla sua famiglia troverà nella fede e nell’arte un luogo di pace e di senso, e uno straordinario strumento di espressione. Intorno al 1930 il giovane inizia a studiare presso un artista affermato che utilizza la tecnica tradizionale a inchiostro, il pittore Kim-Eun-ho: da lui apprende le basi di questa arte e uno stile delicato di tipo giapponese, per poi spaziare autonomamente in altre direzioni, con opere ispirate al cubismo, all’arte popolare coreana minhwua, all’astrattismo e facendo propri numerosi soggetti come paesaggi, animali, scene quotidiane e temi religiosi.

Le opere a tema cristiano di Kim Ki-chang – trenta pitture a inchiostro che raffigurano gli episodi più significativi della vita di Cristo – costituiscono un unicum. Per la prima volta offrono una raffigurazione del Vangelo in una veste culturale coreana attraverso ambientazioni, paesaggi e abiti tradizionali: Gesù indossa i costumi usati dai funzionari del governo e dagli studiosi durante la dinastia imperiale Joseon (1392-1910), così da essere immediatamente riconoscibile come leader e uomo di sapienza; Maria e le altre donne sono raffigurate con gli abiti e i copricapo tradizionali coreani nelle tipiche case dal tetto di paglia. Kim Ki-chang realizza questi dipinti nel 1952 durante la guerra di Corea (1950-1953), un evento dolorosissimo che causerà quasi tre milioni di morti. Attraverso questa opera offre speranza: affianca la sofferenza del suo popolo a quella di Cristo, afferma l’universalità del messaggio cristiano di pace e di amore e supera con la propria voce interiore un infinito silenzio.